"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 26 dicembre 2011

UNA TERRAZZA SUI LAGHI DI BRIANZA: IL MONTE BARRO



Tra i laghi di Garlate e di Annone sorge una catena di colline che si estende per 15 km in direzione Nord-Sud da Malgrate (LC) fino ai comuni di Calco (LC) e Olgiate Molgora (LC) e limitata dal fiume Adda e dal fiume Lambro agli estremi e dalla città di Lecco a Nord. Intramezzo a questo territorio vi sono i numerosi laghi di Brianza: Annone-Oggiono, Pusiano, Alserio, Montorfano, Garlate e Olginate.




Pagaiando lungo le rive del lago di Garlate possiamo vedere a Nord-Ovest rispetto alla sede del “CANOA KAJAK 90” il Monte Barro, alto 922 metri, è la cime più elevata di questo gruppo di verdeggianti colline e soprattutto un punto panoramico da cui ammirare i nostri laghi e il sinuoso percorso dell’Adda che emerge dal ramo di Lecco del Lario (lago di Como).




Decine di migliaia di anni fa, la zona della Valtellina fino alle prealpi era ricoperta da un grande ghiacciaio. Il suo lento spostamento verso la pianura, con la conseguente erosione delle rocce, modellò il territorio. Alle acque di scioglimento dell’antico ghiacciaio, confluite e bloccate tra le colline moreniche, va fatta risalire l’origine del lago di Annone e degli altri piccoli laghi briantei.





I laghi di Garlate e di Olginate derivano invece dall’accumulo di detriti alluvionali che hanno provocato prima piccole strozzature e poi veri e propri laghi indipendenti dal lago di Lecco.





L’area del Monte Barro è diventata dal 1983 Parco Regionale e dal 2002 Parco Naturale. Dalle sue pendici si possono osservare una moltitudine di panorami che sono raccolti nel seguente video realizzato dall’ente Parco del Monte Barro (www.parcobarro.lombardia.it):



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Testo del Luis (Inuit del Lario)
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martedì 20 dicembre 2011

GLI INUIT AI PIEDI DEL MONTE BIANCO

Dal 24 dicembre al 30 aprile il Museo Alpino Duca degli Abruzzi di Courmayeur ospiterà la mostra info-fotografica “Ammassalik – il lato nascosto della Groenlandia”, l’occasione per scoprire come vivono e quali sono le prospettive per le comunità Inuit che abitano questi luoghi da secoli.



Se siete a sciare da quelle parti non fatevela scappare!!
Qui trovate maggiori informazioni: Gli Inuit ai piedi del Monte Bianco

lunedì 19 dicembre 2011

LE ONDE (parte seconda)



Le onde genericamente si dividono in onde vive e in onde morte, dette anche onde lunghe. Le onde vive sono generate in un certo luogo dal vento. Hanno un aspetto inquietante, sono nervose, caotiche negli elementi che la caratterizzano: altezza, direzione, periodo, pendenza. Le onde lunghe sono generate da un vento lontano e arrivano in un luogo dove può non esserci neppure una bava di vento; man mano che si allontanano dalla zona in cui sono state generate si regolarizzano e da lontano sono ingannevoli in quanto sembrano appiattire la superficie. Tra questi due tipi di onda esistono chiaramente delle situazioni intermedie con caratteristiche comuni. Nel Mar Mediterraneo, a causa di fetch limitati, hanno una netta prevalenza le onde vive, oppure situazioni di onde intermedie (possono essere caotiche, ma presentare già le caratteristiche di saliscendi tipico delle onde lunghe).





Quando le onde arrivano in prossimità di acque basse e lo spessore di acqua diventa minore della metà delle lunghezza d’onda, la base dell’onda rallenta, mentre la cresta più veloce si rovescia in avanti sotto forma di frangente.




In questo caso si assiste a un vero e proprio trasporto di acqua in senso orizzontale e queste onde sono dette “di traslazione” L’energia dell’onda e la tipologia della costa determinano come l’onda andrà frangersi. Ammettendo che l’energia sia la stessa si possono distinguere tre casi: 1) su una costa piatta si formano frangenti di defluimento; 2) su un fondale più ripido si formano i famosi cavalloni; 3) su fondali ancora più ripidi si verifica un vero e proprio sprofondamento dell’onda.




Foto degli Inuit del Lario (Enzi & Beppe)
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lunedì 12 dicembre 2011

IL FALCO PESCATORE, UN MAESTRO DI PESCA



E’ un rapace diurno di medie dimensioni appartenente all’ordine Accipitriformes, famiglia Pandionidae. La famiglia è composta da questa sola specie il cui nome scientifico è Pandion haliaetus. Assomiglia in volo ad un grosso gabbiano, con ali lunghe tenute angolate e leggermente piegate verso il basso. Piumaggio superiormente bruno scuro, inferiormente bianco con una banda scura longitudinale sotto l’ala. Testa bianca con collarino scuro alla base e una larga striscia scura dall’occhio alla nuca. Occhi gialli, zampe grigio bluastre con artigli fortemente ricurvi e squame rugose fornite di asperità per facilitare la presa dei pesci.




Si nutre esclusivamente di pesci che cattura con spettacolari picchiate ad artigli protesi, immergendosi parzialmente in acqua. Si riproduce sia in ambienti umidi d’acqua dolce che in ambiente marino. Nel primo caso costruisce il nido su albero, nel secondo su falesie e speroni rocciosi. La popolazione europea, eccetto quella della Corsica che sverna nel Mediterraneo, è migratrice e trascorre l’inverno nelle zone umide dell’Africa, a sud del Sahara.




In Europa sono presenti due popolazioni con areali separati: la prima e più consistente, nidifica nelle zone umide di Scandinavia, Scozia, Polonia, Germania e Russia; la seconda decisamente meno numerosa, si trova sulle coste di alcune regioni del Mediterraneo quali Portogallo, Corsica e Spagna. Fino agli anni ’60 del secolo scorso nidificava anche in Italia, Sicilia e Sardegna. E’ stato uno dei rapaci diurni più perseguitati dalla caccia: solamente in Italia negli anni dal 1960 al 1970, prima della protezione legale accordata a tutti i rapaci, venivano abbattuti annualmente, durante le migrazioni, oltre 1.000 individui.




In Europa nidificano 8.000-10.000 coppie. In Italia lo si può osservare frequentemente durante le migrazioni lungo il corso dei fiumi principali, sopra i grandi laghi e in zone umide ricche di pesci. In Lombardia sono anche noti casi di svernamento ed estivazione di soggetti giovani. La specie a livello europeo non gode di uno status di conservazione favorevole ed è considerata rara.



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lunedì 5 dicembre 2011

I POPOLI DEI GHIACCI DEL GRANDE NORD (12)



L’abbigliamento classico degli Inuit in passato era confezionato quasi esclusivamente con pelli di caribù, di foca e di orso bianco. In Groenlandia la pelliccia di orso bianco era usata per preparare i pantaloni maschili, quella di caribù veniva indossata con il pelo a contatto della pelle, mentre altre pelli erano impiegate per rendere più confortevoli i giacigli e nei mesi più freddi come rivestimento interno delle tende.




I tendini di caribù erano utilizzati per cucire il vestiario e per tenere strettamente unite le pelli che rivestivano i kayak e gli umiak, barche spaziose, adibite al trasporto di uomini e masserizie. Infatti i tendini, a contatto con l’acqua, hanno la proprietà di dilatarsi e di rendere quindi perfettamente impermeabili le cuciture.




La pelle di foca veniva impiegata nella produzione di indumenti, quali casacche, pantaloni e stivali; tagliata in strisce, serviva per fabbricare finimenti per i cani, corregge per il traino e fruste; sottili fettucce, annodate tra loro, assicuravano la testa dell’arpione a una pelle di foca cucita e riempita d’aria (il cosidetto avataq), in modo tale che le prede fiocinate non si inabissassero.




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lunedì 28 novembre 2011

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE SUL LAGO DI GARLATE: IL MUSEO DELLA SETA “ABEGG”



Pagaiando lungo le rive del lago di Garlate troviamo, di fronte alla sede del comune di Garlate (LC), il Museo Civico della Seta “Abegg”. Gli Abegg sono una famiglia di industriali svizzeri che come altri (Ruegg – Stuky – Keller) acquistano attività produttive in Italia. Il setificio “Abegg” costruito nel 1841 dalla famiglia Bruni passa poi agli svizzeri che continuano la produzione tessile fino al 1950.




Per volontà della famiglia “Abegg” subito dopo un’ala della fabbrica viene destinata a museo che dal 1977 è proprietà del Comune di Garlate. L’edificio è diviso in quattro ali, diversificate per funzioni, poste attorno ad un cortile utilizzato per il carico e scarico materiali. Gli Abegg prediligono tra le loro varie attività lo stabilimento di Garlate, tanto è vero che si stabiliscono nel palazzo che attualmente è sede del Comune, naturalmente dopo averlo abbellito.




Importante per l’epoca è il fatto che la manodopera femminile trova un lavoro stabile e ben retribuito nel campo del tessile (seterie e cotonifici) mentre gli uomini lo trovano nelle industrie della lavorazione del ferro oltre a svolgere nei vari opifici le funzioni di manutentori meccanici, caldaisti, magazzinieri. E’ in questo periodo che vengono poste le basi del benessere economico e dell’abbondanza di posti di lavoro tipico del territorio lecchese.





L’attività del setificio Abegg continua poi fino al 1973 come officina meccano-tessile. Attualmente il Museo è in ristrutturazione. Il progetto prevede un notevole ampliamento dello spazio didattico-espositivo. I Musei dedicati al tessile di Garlate, Abbadia Lariana e Como costituiscono un itinerario a tema turistico-archeologico esclusivo del Lago di Como.




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Testo e foto del Luis (Inuit del Lario)
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lunedì 21 novembre 2011

LE ONDE (parte prima)



Un’onda è una fluttuazione sul piano dell’acqua creata da una forza esterna. Le onde (marine e lacustri) sono generalmente formate dall’azione del vento. La sommità di un’onda è chiamata cresta, mentre la depressione è chiamata cavo; l’altezza dell’onda è il dislivello tra cavo e cresta; la lunghezza dell’onda è invece la distanza tra due creste o tra due cavi consecutivi. Il periodo è il tempo che intercorre tra il passaggio di due creste consecutive. Con il termine pendenza si intende il rapporto tra la velocità dell’onda e quella del vento.




E’ importante sottolineare che il moto ondoso trasmette solo la forma dell’onda mentre l’acqua rimane stazionaria. In altre parole potremmo dire che un kayaker, rimanendo sul kayak senza pagaiare, sale e scende dall’onda senza spostarsi in avanti o all’indietro in modo apprezzabile. Infatti le particelle d’acqua descrivono delle orbite circolari, ma permangono più o meno nella stessa posizione.




L’altezza di un'onda dipende da tre fattori: l’intensità del vento, la durata del vento; il fetch (ossia l’estensione della superficie marina coperta dal vento).


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Foto degli Enzi (Inuit del Lario)
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lunedì 14 novembre 2011

IL MORIGLIONE, TUFFI CHE PASSIONE



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, gruppo comprendente anatre, oche e cigni. Fa parte delle cosiddette”anatre tuffatrici” che si alimentano immergendosi. Il suo nome scientifico è Aythya ferina. E’ anatra di medie dimensioni, ha una lunghezza di 42-49 cm. Specie nettamente dimorfica. Il maschio ha testa rosso ruggine, petto, groppone e sottocoda neri, dorso e timoniere grigie, fianchi tendenti al bianco. Becco nero con una banda grigia intermedia. Caratteristica l’iride rossa. La femmina è bruna tendente al grigio su dorso e fianchi. Ha caratteristiche aree più chiare nella regione dell’occhio e alla base del becco, ben visibili soprattutto in inverno. Becco nerastro. Entrambi hanno zampe grigie, palmate. Si invola a fatica con una lunga rincorsa sull’acqua, vola con rapido battito alare. Emerso tiene la coda bassa, sul pelo dell’acqua.




Nidifica in zone umide sia interne che costiere, in acqua tanto dolce quando salmastra. Utilizza spesso bacini artificiali, purché bordati da vegetazione emergente. Le coppie si formano già in inverno, e il nido non è mai lontano dall’acqua. I maschi spesso si esibiscono in un corteggiamento comune, esibendosi tutti assieme attorno a una femmina. Nuota bene, basso sull’acqua, e si tuffa spesso. La dieta è basata su alimenti sia vegetali che animali (invertebrati) che vengono raccolti mediante immersioni che possono raggiungere i 4 m di profondità.





Ha areale riproduttivo continuo nell’Europa centrale e fino a circa 60° di latitudine nord. In maniera assai discontinua lo si trova anche nelle regioni meridionali e mediterranee. D’inverno abbandona le zone più settentrionali per spostarsi nelle aree centro meridionali. In Lombardia nidifica raramente su fiumi e laghetti morenici. Le popolazioni europee ammontano a 230.000 – 330.000 coppie nidificanti. La specie è in incremento e non è minacciata. In Lombardia, a fronte dei rari casi di nidificazione, svernano diverse migliaia di individui che in alcune aree formano gruppi, misti ad altre specie, di anche qualche centinaio di animali.



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lunedì 7 novembre 2011

I POPOLI DEI GHIACCHI DEL GRANDE NORD (11)


Due termini propri della cultura Inuit, kayak (dall’inuit qajaq) e igloo (dall’inuit iglu), hanno acquisito una popolarità universale. Il kayak, l’imbarcazione costituita da un leggero telaio in legno ricoperto di pelli di foca rasate, è uno dei più raffinati esempi dell’antica cultura Inuit; i migliori kayak sono costruiti dagli Inuit della Groenlandia, veri maestri della navigazione artica che, con l’ausilio di arpioni con teste a punta di osso, affrontano e cacciano grosse prede, compresi i cetacei, in una miracolosa combinazione di destrezza, mobilità e coraggio.




L’igloo classico, costituito da blocchi di neve squadrati con un apposito coltello, rappresenta un vero esempio di abilità architettonica, che combina resistenza agli agenti atmosferici, isolamento termico e velocità di costruzione; uno specialista impiega meno di un’ora per erigere l’intera struttura e poco più di mezz’ora per riempire gli eventuali interstizi con neve pressata. All’interno la temperatura, può superare di 30-40° C quella esterna.




L’ingresso, formato da un tunnel di blocchi di neve orientato nella stessa direzione in cui spira il vento, offre un ottimo riparo ai cani. Gli igloo hanno diversa dimensione a seconda del loro impiego; i più piccoli sono utilizzati come estemporaneo ricovero durante le battute di caccia, quelli più capienti possono invece ospitare intere famiglie per lunghi periodi.




La cultura dell’igloo non è diffusa in tutta la fascia artica: è meno presente in Groenlandia e in Alaska, dove le costruzioni estemporanee sono costruite da tende erette con pali e pelli di animali. La costruzione fissa, seminterrata, ha il tetto realizzato con pelli stese su costole di balena, rami di betulla o legni trasportare dalle correnti oceaniche; zolle di torba posso rafforzare le pareti e proteggere ulteriormente la costruzione dai forti venti invernali: essa, a differenza dell’igloo, consente ai suoi ospiti di stare in piedi all’interno.



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lunedì 31 ottobre 2011

IL PONTE "VECCHIO" DI LECCO E L’ISOLA VISCONTEA



Il Ponte “Vecchio” (comunemente chiamato così dai Lecchesi) viene costruito nel XIV° secolo da Azzone Visconti per migliorare i collegamenti veloci da Milano verso Lecco e la Valsassina. Quest’ultima era diventata l’unica terra fornitrice di metalli grezzi nel Granducato dopo la perdita delle province di Brescia e di Bergamo conquistate dai Veneziani. Armi ed armature venivano quindi prodotti a Milano con il ferro Lecchese.




Il Ponte Azzone Visconti ha inizialmente 8 arcate, 2 rocchette difensive agli estremi, un castelletto con torre centrale e una cappelletta dedicata alla Vergine Maria, 4 ponti levatoi; è presidiato da una guarnigione di 20 fanti. La rocchetta sul lato lecchese è separata dalla terraferma tramite un canale che prende l’acqua a monte e la porta a valle del ponte. Sul ponte vengono tassate le merci e i passeggeri in transito.





Nell’arco dei secoli il ponte perde una alla volta le proprie caratteristiche militari per svolgere quelle di via di trasporto e prende la forma attuale nel 1958 quando vengono ricavati i marciapiedi a sbalzo. Poco prima del ponte troviamo l’Isola Viscontea. Non è certa l’origine di tale isolotto, forse è ciò che rimane dei lavori di allargamento dell’argine eseguiti per agevolare lo scorrere del fiume Adda, visto che a Como attribuivano le sempre più frequenti esondazioni alla costruzione del Ponte Azzone Visconti.




Oppure è la conseguenza di lavori abbozzati per ricavare un canale in direzione Bione-Maggianico. Sta di fatto che l’Isola è stata utilizzata da sempre dai pescatori. Ultimamente alcune associazioni locali la vogliono recuperare per aprirla al pubblico. La Soprintendenza ai Beni Architettonici sta svolgendo indagini sulla abitazione che ne occupa la parte finale... Aspettiamo presto novità!



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Testo del Luis (Inuit del Lario)
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lunedì 24 ottobre 2011

L’ACQUISTO DEL KAYAK



La scelta all’acquisto del kayak da mare deve tenere conto della sua versatilità, della sua trasportabilità, della sua capacità di carico e della possibilità di effettuare con facilità le manovre di sicurezza. Dobbiamo inoltre tenere conto dell’utilizzo che ne vogliamo fare: competizione (racing), escursione breve (day trip), escursione di più giorni con campeggio nautico (expedition).






Esistono diversi modelli di kayak da mare: per capire le loro differenze principali bisogna analizzare il fondo che andrà a caratterizzare le linee d’acqua. Un fondo a V risulterà più veloce e meno manovriero rispetto ad un fondo arrotondato, più stabile in acque ferme. Il fondo a V guadagnerò una maggiore stabilità in acque mosse o quando sarà inclinato sul fianco.




Anche la coperta caratterizza notevolmente il kayak da mare. Una coperta voluminosa permette di stivare all’interno dei gavoni molto materiale, mentre una con poco volume sarà vantaggiosa in caso di forte vento.




I kayak possono essere costruiti in fibra o in polietilene; quelli in fibra sono i più efficienti, quelli in polietilene hanno il miglior rapporto qualità-prezzo. In kayak in polietilene hanno un’ottima resistenza agli urti; essendo un materiale elastico, il polietilene ritorna facilmente alla forma originale. I kayak in fibra hanno linee d’acqua molto filanti e offrono al kayaker ottime sensazioni; per contro si possono rompere più facilmente, Però, a differenza del polietilene che, se si dovesse rompere, sarebbe molto difficile da recuperare, il kayak in fibra può essere riparato facilmente. In genere sono più costosi anche se il prezzo varia in base al tipo di fibra utilizzato: la fibra di vetro è la più economica, il kevlar e il carbonio sono più cari, ma sono più efficaci.



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lunedì 17 ottobre 2011

IL PESCE PERSICO



Presente in quasi tutta l’Europa, nell’Asia centro – occidentale, in Australia e Nuova Zelanda. Si tratta di una specie in grado di adattarsi a numerosi ambienti, dai laghi ai fiumi. Predilige i laghi o i grandi fiumi con correnti lente e lanche, con ricca vegetazione e/o ostacoli sommersi, indispensabili come supporto per la deposizione dei tipici nastri di uova, che avviene da aprile a maggio. La presenza di materiale vegetale sul fondo è indispensabile, oltre che per la deposizione delle uova, anche per lo sviluppo e la protezione degli avannotti: per questo motivo la specie trae notevoli benefici dalla costruzione di legnaie. Il pesce persico è una specie con abitudini gregarie più marcate negli stadi giovanili, vive in banchi assai numerosi che stazionano in acque basse nel periodo estivo per poi portarsi in profondità durante l’inverno. Nei primi due anni di vita la dieta è costituita essenzialmente da zooplancton ed invertebrati; dopo il secondo anno si nutre anche di piccoli pesci. In ambienti con elevate densità di individui non sono rari fenomeni di nanismo. La specie è inconfondibile ed è presente in tutti i laghi della Provincia di Lecco e nell’Adda.




COME RICONOSCERLO:
Corpo ovale e compresso lateralmente, con l’età tende a comparire una gibbosità subito dopo il capo.
Colorazione verde più o meno accentuata sul dorso, mentre i fianchi possono essere argentei o dorati e sono percorsi in senso verticale da 6 – 9 striature più scure, il ventre è bianco argenteo.
Testa relativamente piccola con bocca in posizione mediale abbastanza sviluppata, munita di numerosi piccoli denti.
Pinna dorsale grigia munita di raggi aguzzi in posizione anteriore che nella parte terminale presenta una vistosa macchia nera, posteriormente i raggi sono molli, pinne pettorali giallo arancio all’attaccatura, pinne anale e caudale arancioni.
Può raggiungere i 50 centimetri ed i 3 chili di peso.




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Tratto dal sito della FIPSAS di Lecco.