"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 31 maggio 2010

COME SFRUTTARE L’INTERNO DEL POZZETTO



L’interno del pozzetto del kayak è un grande spazio vuoto da personalizzare secondo le proprie esigenze. Se il vostro kayak non dispone del terzo gavone (day hatch), potete utilizzare l’ampio spazio morto dietro il poggia schiena per custodirvi del materiale di cui potreste avere bisogno durante la navigazione, senza che per estrarlo siate costretti a guadagnar terra o farvi aiutare da un compagno per aprire i gavoni stagni.




Dietro al poggia schiena potete riporre il kit di pronto soccorso, la sacca di sopravvivenza, la sacca da lancio, il paddle float gonfiabile e quant’altro materiale utile in caso di emergenza.




Si può utilizzare anche lo spazio sotto il ponte anteriore, subito a proravia del pozzetto (a condizione che non ci sia fissata la pompa di sentina), applicando degli elastici dove alloggiare razioni di cibo da consumare in navigazione, accessori di piccole dimensioni (occhiali, cappello, guanti e manopole, luce stroboscopica etc…) e la giacca d’acqua. Qui si può anche fissare dei ganci a clip (utilizzando della vetroresina) dove riporre la pompa di sentina portatile o la borraccia (l’acqua o la bibita energetica rimane così fresca nelle giornate calde, non essendo scaldata dai raggi del sole). Anche le fiancate a proravia del sedile possono essere sfruttate applicandovi degli anelli di scottina con elastici, così come gli interstizi fra il sedile e le fiancate.




La spugna (sempre utile per eliminare quel residuo d’acqua che entra sempre quando ci si imbarca o si sbarca e che neanche la pompa di sentina riesce a drenare), infine, andrà riposta sotto il sedile del kayak, così da mantenere l’interno dello scafo sempre ben asciutto.



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giovedì 27 maggio 2010

LIBRI - SCOPRI LA FAUNA DELLA LOMBARDIA

In questo libro “vivono” uccelli e mammiferi degli ambienti lombardi, più di 300 specie. 63 tavole illustrano ambienti della Lombardia in un preciso momento dell’anno o del giorno. E per ogni ambiente sono descritti gli esemplari della fauna tipica. 37 schede raccontano “curiosità” di alcuni animali. E per finire, gli animali della Lombardia “parlano” attraverso il CD allegato. Ascolta cosa dicono e impara a riconoscerli in natura!
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www.agricoltura.regione.lombardia.it
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TITOLO: Scopri la fauna della Lombardia
A CURA DI: L. Fornasari, V. Vigorita
PREFAZIONE: Danilo Mainardi - LIPU
EDITORE: Ramberti Arti Grafiche
EUR 27,00 – Anno 2004 – 528 pagine - CD room allegato
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lunedì 24 maggio 2010

L’ALZAVOLA, PICCOLA MA BELLA



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, uccelli acquatici conosciuti come anatre. E’ inclusa nel gruppo delle “anatre di superficie”, che immergono solo la testa per nutrirsi, senza andare sott’acqua completamente. Il suo nome scientifico è Anas crecca. E’ la più piccola anatra europea, con una lunghezza del corpo compresa tra i 34 e i 38 cm. Il maschio è grigio, con la testa di un caratteristico colore castano metallico, sulla quale spiccano strisce verdi bordate di giallo, dall’occhio all’indietro. La femmina è marroncina, simile a quella di altre specie di anatre di superficie; si riconosce facilmente per le dimensioni. In volo ha un aspetto raccolto e armonioso; si notano soprattutto le ali e la testa scure e, sulle ali aperte, una fascia di colore verde intenso (lo “specchio, in corrispondenza delle remiganti secondarie). Tende a involarsi quasi in verticale, senza rincorsa, e il volo è rapido e regolare.




Nidifica in specchi d’acqua dolce non troppo profondi e aperti, ricchi di vegetazione al cui interno costruisce il nido, nella porzione più fitta vicino all’acqua. Si nutre principalmente di vegetali che cerca solo in superficie, allungando il collo, o camminando ai bordi, dove l’acqua è poco profonda. In inverno si raccoglie in stormi numerosi che si alimentano vicino a riva, su fiumi e laghi in prossimità dei canneti. Spesso si osserva in grandi gruppi compatti, che volano nella tipica formazione a “V”. Per conquistare la compagna il maschio dell’Alzavola compie un corteggiamento elaborato che comprende piroette, fischi, grugniti e spruzzi d’acqua.




In Europa nidifica con continuità nelle regioni settentrionali e orientali. In Italia e in Lombardia è principalmente migratrice e svernante. Nella regione nidificano poche coppie in ambiente fluviale. La Lombardia comprende invece una parte importante del suo areale di svernamento. E’ una delle anatre più comuni nella regione, dove svernano fino a 30.000 individui, distribuiti tra le zone umide di tutti i laghi e i fiumi.


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giovedì 20 maggio 2010

CASE DI IERI E DI OGGI



Un tempo le popolazioni artiche erano nomadiche. Interi nuclei familiari si spostavano per cacciare e pescare sul ghiaccio. La casa era una tenda di pelli di foca e nella stagione fredda, durante le battute di caccia, per riposarsi e ripararsi dalle tormente, costruivano l’igloo segando e sovrapponendo cubi di neve compatta. L’igloo veniva costruito in circa tre ore e grazie ad un isolamento perfetto, conservava il calore corporeo e riparava dal freddo esterno.




Oggi le popolazioni artiche sono quasi tutti sedentarizzate e vivono in città, dove usufruiscono delle comodità urbane. In Groenlandia, gli Inuit abitano nei villaggi della costa dove possono sfruttare i mezzi di comunicazione offerti dal mare. Le abitazioni di oggi, riscaldate sono dotate di telefono e di collegamento internet. Dovendo fare i conti con la notte polare, gli abitanti tentano di dare un tocco di luce alla loro vita di tutti i giorni. Ecco perché le loro abitazioni sono dipinte di colori vivaci.





A volte, come tradizione, tutti gli abitanti di un villaggio si radunano ancora per mangiare una foca cruda uccisa da un cacciatore; e pur vivendo in città, gli Inuit tornano nella natura per trascorrere vacanze solitamente dedite alla caccia.




Nel 1999, dopo lunghi anni di negoziati con il governo, gli Inuit canadesi hanno ottenuto la creazione di un territorio autonomo: il Nunavut , che significa “la nostra terra” e ricopre un’area di 1,9 milioni di chilometri quadri nel nord-ovest del paese. La capitale Iqaluit, ospita una quinto della popolazione (4.500 abitanti su 26.600 Inuit canadesi).

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lunedì 17 maggio 2010

UN PAESAGGIO DEGNO DEL PARADISO



Il Lario, che nell’etimo della lingua etrusca pare significasse “principe”, fa certamente parte di quella ristretta schiera di luoghi universalmente celebrata e ammirata in ogni tempo. Per alcuni scrittori la sua visione è “degna della massima esaltazione”, per altri, come il geografo tedesco Johann Georg Kohl, esso “non deve mancare in Paradiso, essendo impossibile che sia al mondo un lago che lo avanzi in bellezze naturali”.




Si potrebbe proseguire a lungo nelle evocazioni storiche, aggiungendo all’estasi romantica dei viaggiatori stranieri – che servì fra l’altro alla scoperta turistica del lago – le prose del Manzoni, del Porta, del Giusti, di Stendhal, autori che pure amarono e descrissero questi luoghi; o, ancor più a ritroso nel tempo, potremmo rifarci al fascino di impressioni antiche come quelle di Plinio il Giovane, forse il primo vero estimatore del Lario, del vescovo Ennodio, di Cassiodoro, autore di una memorabile epistola che aveva lo scopo di imporre tasse ai comaschi ma che sortì quello di celebrare le bellezze lariane, per tornare poi alle osservazioni, miste di razionalismo scientifico e compiacimento estetico dell’Amoretti e dello Stoppani, del Giovio e del Cantù.





Ma quale è allora la peculiarità che ha così variamente ispirato tanti scrittori e forse una schiera ancora più nutrita di artisti? Cosa ha mosso e ha fatto nascere l’idea del lago non solo in queste menti ispirate ma anche nella comune percezione di ognuno di noi, quando ci dilettiamo di percorrerne le sponde o navigarne le acque?




Non credo sia solo un’apparenza estetica. Non bastano gli scorci panoramici, continuamente vari e alternati, le acque azzurre e profonde, le possenti montagne che lo stringono d’appresso, la mitezza del clima e il proliferare di una vegetazione ricca ed esuberante, la dolcezza dei paesi rivieraschi, il combinato disporsi di gentilissimi edifici di culto, di ville nobiliari, di torri, ricetti e palazzi. Questo riassume l’aspetto generale del paesaggio che trova proprio nel suo insieme – e deve essere questa la ragione di tanta fama – un’ideale armonia fra natura e opera dell’uomo.




Infatti le cose che più stupiscono alla fine, e seducono soprattutto chi è abituato a procedere col ritmo dei propri passi (o magari della propria pagaiata), sono i segni, le combinazioni, le alternanze costruiti sui minimi particolari del paesaggio: un angolo di strada, un tranquillo passeggio selciato con la sua “naturale“ bordura di muretti a secco, una macchia di cipressi accanto a una chiesetta porticata, una silenziosa darsena, un rustico ponticello guardato da un vecchio mulino, un esile campanile acconto a una torre diruta, campi a terrazzo dove “i coltivatori sono sospesi assieme alla strada sul fianco della montagna”, secondo il ricordo di Ennodio.




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Foto degli Inuit del Lario (Eppiluk, Enzi, Kayatrek)
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giovedì 13 maggio 2010

LA DISPOSIZIONE DELL’EQUIPAGGIAMENTO SUI PONTI DEL KAYAK




La bussola, il GPS e la carta nautica si assicurano al ponte anteriore per mezzo degli elastici. Questa è una buona posizione anche per tenervi la borraccia. Alcuni kayak hanno la bussola incassata in un apposita chiesuola nel ponte anteriore, lontano dal bordo del pozzetto. Ciò consente di minimizzare il mal di mare che alcuni soffrono quando fissano oggetti troppo vicini. In tal caso, la bussola deve essere di tipo semisferico per consentire una buona lettura dei riferimenti anche a distanza.





La pagaia di riserva (divisibile in due pezzi) va tenuta sempre a portata di mano. La si può assicurare per mezzo di elastici al ponte posteriore, ma non c’è dubbio che è più comodo e sicuro tenerla sul quello anteriore, casomai fosse necessario eseguire un eskimo dopo aver perduto la pagaia principale.





Il paddle float rigido va fissato per mezzo di elastici al ponte posteriore, quello gonfiabile invece può essere riposto nel terzo gavone o in una tasca del salvagente. La pompa di sentina portatile può essere tenuta sul ponte anteriore o su quello posteriore, ma comunque a portata di mano.




La maniglia di poppa è il punto migliore per agganciare la linea di traino. L’ideale sarebbe collocare il punto di traino a metà del kayak , per esempio subito a poppavia del pozzetto, utilizzando uno strozzascotte per fissare la cima, disponendo magari di un ponticello di rinvio. Questo sistema garantisce la migliore manovrabilità durante il traino, nonché la possibilità di un rapido rilascio in caso di necessità. Qualunque sistema di scelga, il kayaker deve essere nelle condizioni di usare o sganciare la linea di traino in modo semplice e rapido. La linea di traino deve essere fornita di elastico ammortizzatore e deve essere galleggiante.

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lunedì 10 maggio 2010

LIBRI – LE STAGIONI DEL LAGO DI ANNONE

“E’ con profonda soddisfazione che mi appresto a scrivere queste poche righe di presentazione per quello che è il primo libro che tratta del Lago di Annone.
Questo lavoro, nelle intenzioni del Consiglio di Amministrazione del Consorzio, è visto come un indispensabile strumento di divulgazione e di conoscenza della bellezza del nostro lago, dell’ambiente che lo circonda, di notizie che riguardano tradizioni, usi e costumi dei tempi andati, fatti curiosi, personaggi e famiglie che hanno fatto la storia dei nostri Paesi intorno al lago e che meritano di essere ricordati da tutti noi.
In secondo luogo questo luogo vuol essere la testimonianza del lavoro e dell’impegno quotidiano di quanti, in questi anni, si sono spesi nell’obbiettivo ambizioso di riportare alla balneabilità delle acque per arrivare ad un rilancio effettivo di uso pubblico e di ridare alla nostra gente la possibilità di godere di un patrimonio ambientale inestimabile.
Auguro a tutti Voi una piacevole lettura, certo che, con l’aiuto delle splendide foto di Riccardo Agretti e la sottile vena poetica e ironica di Virginio Longoni, condividerete la mia sorpresa di essere spettatore e protagonista di un fantastico viaggio in una “terra lontana”, dei nostri giorni e di casa nostra.”
Mauri Giuseppe – Presidente del Consorzio del Lago di Annone.
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TITOLO: Le stagioni del Lago di Annone
AUTORE: Virginio Longoni
APPENDICE FOTOGRAFICA: Riccardo Agretti
EDITORE: Consorzio del Lago di Annone
Anno 2007, 203 pagine
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http://www.consorziolario.it/

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giovedì 6 maggio 2010

LA MORETTA, L’ANATRA COL CIUFFO



Il lago d’inverno, soprattutto nelle aree meno esposte all’influsso del moto ondoso, si arricchisce della presenza di grossi stormi di Moretta. La si può osservare intanto che cerca il cibo immergendosi in acque anche abbastanza profonde con grande abilità. Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, comprendente anatre, oche e cigni. Fa parte delle “anatre tuffatrici”, che si alimentano immergendosi. Il suo nome scientifico è Aythya fuligula.





Il maschio è nero con i fianchi bianchi ed è ornato da un caratteristico ciuffo sulla nuca. La femmina è bruno scuro, talora con sottocoda o base del becco bianche. Becco grigio con punta nera e iride gialla. Zampe palmate di colore grigiastro. In volo ha un’evidente barra chiara sul dorso dell’ala, dovuta la colore delle remiganti. E’ lunga 40-47 cm. Il volo è rapido e diretto. In acqua ha un sagoma piuttosto bassa e mantiene la coda sulla superficie. Se infastidita preferisce fuggire immergendosi con un tuffo marcato.





Nidifica in acque interne e negli estuari, tanto sulla riva quanto sul terreno, anche a qualche decina di metri dall’acqua. Utilizza con una certa regolarità anche i bacini artificiali. Pur non essendo coloniale, talora si trovano diversi nidi ravvicinati. Nidifica anche all’interno di colonie di gabbiani e sterne. Ha dieta onnivora. In genere si procura l’alimento con immersioni che possono raggiungere i 7 metri di profondità e durare fino a 40 secondi.






Nidifica nell’Europa settentrionale, ma piccoli nuclei o coppie isolate nidificano anche nelle regioni meridionali. D’inverno migra nell’Europa centro meridionale. In Italia e in Lombardia si riproduce solo in casi rarissimi. E’ invece comune come svernante, su tutte le aree lacustri e lungo il corso dei principali fiumi. In Lombardia il contingente svernante ammonta a diverse centinaia di capi con tendenza all’incremento negli ultimi anni. L’espansione delle Moretta pare essere dovuta, in parte, all’involontaria diffusione da parte dell’uomo, del bivalve Dreissena polymorpha di cui la Moretta si nutre.


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lunedì 3 maggio 2010

NO ALLO SCI NAUTICO SUL LAGO DI GARLATE



Sabato 8 Maggio siete tutti quanti invitati a partecipare alla manifestazione contro la realizzazione di un campo di sci nautico sul lago di Garlate.

Noi non abbiamo nulla contro questo bello sport d'acqua, la cosa che non ci va è la sua pratica su un lago che è parte del Parco dell'Adda Nord e su cui vige il divieto di navigazione a motore se non per il transito verso il lago di Lecco e un limite di velocità di 10 nodi. Questo campo slalom viola entrambe queste limitazioni e richiede pertanto delle deroghe. A cosa servono delle regole se poi è possibile non rispettarle?
Sul lago di Garlate si sono rifugiate tutte le associazioni remiere della zona (compreso il CANOA KAJAK 90 di cui fanno parte gli Inuit del Lario) per sfuggire alla prepotenza dei motoscafi che la fanno da padroni sul Lario, ed ora si vedono minacciate anche qui. Lo sci nautico non può essere considerato un'attività compatibile con un parco, sono molti gli animali che verrebbero disturbati, basti pensare alle migliaia di uccelli acquatici che vi sostano nel periodo invernale.
Aiutateci a difendere la navigazione dolce nel Parco Adda Nord, vieni anche tu sabato pomeriggio con noi a pagaiare/remare contro l'ennesima prepotenza dei motori!
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Vi invito a leggere questa bella riflessione che ha scritto in proposito Marco, Inuit del Lario per natura: ACQUA - di Marco Rovelli
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LE BALENE DEGLI INUIT



Le balene, della famiglia dei Cetacei, vivono nelle acque delle regioni polari ricche di Krill, parola norvegese che significa per l’appunto “cibo delle balene”. Il Krill è un piccolo gamberetto trasparente (6 cm.) che nuota in compagnia di numerose alghe microscopiche con le quali forma il nutrimento base degli animali acquatici, il plancton.


Krill

Le balene, mammiferi marini, che allattano i loro cuccioli nell’acqua, sono fra i più grandi animali del pianeta: le balene blu sono lunghe anche 30 metri e possono pesare fino a 150 tonnellate.





Ogni anno milioni di turisti, appassionati di “whale watching”, girano il mondo per osservare e fotografare le balene. Le si può infatti vedere mentre risalgono in superficie per respirare. Le si avvista grazie al getto d’acqua che spruzzano in aria prima di rituffarsi nelle profondità del mare con un formidabile colpo di coda.




Le balene sono sempre state cacciate dagli Inuit in gruppo per esigenze di sopravvivenza. La maggioranza delle specie (una trentina) ha però rischiato l’estinzione per colpa della caccia, divenuta industriale nel XIX, che vedeva impegnate intere flotte; la balene erano infatti ricercate per la loro carne grassa da cui si estraeva l’olio. Nel 1986 un accordo internazionale ha messo fine al massacro, ma solo temporaneamente. Purtroppo però alcuni paesi, come ad esempio il Giappone, continuano a non rispettarlo e a praticare la caccia.



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