"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 28 luglio 2011

IL BARBO



Il barbo (Barbus Barbus plebejus), diffuso in tutta l’Europa centro orientale, è una specie gregaria che vive sempre a contatto con il fondo grufolando alla ricerca di cibo. Nel periodo invernale i banchi di questo pesce tendono a radunarsi in anfratti riparati dove riducono le funzioni vitali. Predilige acque correnti con buone portate con acque limpide e fresche e fondali sabbiosi o ghiaiosi. Si nutre di larve di insetti, crostacei, molluschi e detriti vegetali. Si riproduce da maggio a giugno compiendo, se necessario, migrazioni fino a raggiungere bassi fondali ghiaiosi con deboli correnti. Le uova di questo pesce contengono una sostanza tossica per l’uomo. Si stanno sempre più diffondendo specie di barbo alloctone note come barbo d’oltralpe, barbo del Danubio, barbo iberico: non è ancora chiaro se si tratti della stessa o di più specie; presentano colorazioni di corpo e pinne più scure e barbigli più lunghi. Il barbo è confondibile con il barbo canino e, quando di piccole dimensioni, con il gobione. E’ presente nell’Adda e nella parte terminale del torrente Caldone, raro nel Lario.





COME RICONOSCERLO:
Corpo affusolato con colorazione grigio – verde sul dorso con piccoli punti grigi.
Ventre quasi piatto di colore bianco – giallo, pinne parzialmente aranciate.
Testa di forma allungata e appuntita.
Bocca a “soffietto” con labbra carnose, in posizione inferiore, munita di due barbigli per lato.
Scaglie relativamente piccole.
Può raggiungere gli 80 centimetri e i 5 chili di peso.




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Tratto dal sito della FIPSAS di Lecco.

lunedì 25 luglio 2011

I POPOLI DEI GHIACCI DEL GRANDE NORD (7)



Gli euroasiatici occupano la grande penisola dei Ciukci ad eccezione di un lembo di terra abitato da circa un migliaio di Inuit asiatici, la penisola della Kamcatka e la zona settentrionale dell’isola di Sachalin, in cui sono presenti i Ghiliachi; il vasto territorio che si affaccia sul mare di Ohotsk è abitato da Eveni e Evenki, entrambi di origine tunguso-manciù. Non esiste quindi un territorio della Siberia sufficientemente vasto in cui non convivono più etnie.




Certamente più semplice è la suddivisione etnica nell’area artica del continente nord-americano, abitata da due sole razze: gli Aleuti e gli Inuit. Gli Aleuti popolano l’arco di isole che delimitano a sud il mare di Bering e l’isola russa di Komandorski al largo della Kamcatka. Gli Inuit occupano una fascia costiera di 9.000 chilometri che si estende dallo stretto di Bering alla Groenlandia orientale; per la vastità del territorio in cui abitano, sono divisi in tanti piccoli gruppi.



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giovedì 21 luglio 2011

LA ROCCA DELL'INNOMINATO



“...da un’alta finestra del suo castellaccio, guardava da qualche tempo verso uno sbocco della valle... e non vedeva mai nessuno al di sopra di sè, nè più in alto.” La Rocca di Vercurago è il simbolo del paese tanto da comparire nel suo gonfalone. Le prime notizie sono dell’800 quando tal Rotfredo detto Prando, Longobardo, fa erigere un castello per sorvegliare la via d’acqua, probabilmente sopra dei ruderi preesistenti di epoca tardo romana.





Il castello diventa poi parte della linea difensiva di Federico Barbarossa, resiste ad un assedio dei Milanesi che si apprestavano a conquistare Lecco nel XIII secolo, diventa dimora di Filippo Benaglio che blocca l’avanzata di Milano mantenendo il territorio sotto il controllo della Serenissima. Ai piedi della Rocca combattono all’epoca famosi cavalieri di ventura: il Malatesta , il Carmagnola e Bartolomeo Colleoni.



La distruzione della fortificazione avvenne nel 1508 ad opera dei francesi, anche se poi Vercurago rimarrà sede di una dogana della Repubblica di Venezia fino alla sua caduta nel 1797 .




Magnifica la posizione della Rocca posta ai piedi del monte Mudarga a soli 340 metri di altitudine permette le viste panoramiche di: Lecco e Lario (Nord), Lago di Garlate con la sede del CK90 (ovest), valle dell’Adda (sud).


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Testo di Luis (Inuit del Lario)
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lunedì 18 luglio 2011

L’EQUILIBRIO IN KAYAK



L’equilibrio è un concetto fondamentale dell’andare in kayak: bisogna mantenere il proprio baricentro all’interno della base di appoggio e quando lo scafo oscilla, il busto deve rimanere eretto e non sporgere troppo dal kayak, rischio il ribaltamento. Mantenerlo è una tensione costante e non serve soltanto in mezzo alle onde ma anche nell’esecuzione del più banale colpo di pagaia è sempre necessario averlo sotto controllo.




Tutti abbiamo il senso generico dell’equilibrio, ma esistono dei veri e propri equilibri specifici. I propriocettori sono particolari recettori interni, deputati a inviare informazioni al sistema nervoso in merito ai movimenti che l’organismo sta compiendo. Pertanto sarà importantissimo nel pratica del kayak, riuscire ad “allenare” sempre più la nostra propriocettività, riuscire a sentire le informazioni che ci provengono dall’interno.




Anche in acque completamente ferme avremo bisogno di migliorare l’equilibrio. Il lavoro del corpo e delle braccia dovrebbe essere completamente indipendente dal kayak, ma soprattutto le prime volte, vi ritroverete a spostare tutto il peso sulla pagaia da una parte e dall’altra. Cercate sempre di sentire il movimento piuttosto che eseguirlo con la forza. Proviamo spesso a far oscillare il kayak, ad eseguire gli appoggi (basso e alto) e molti altri esercizi di equilibrio.





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giovedì 14 luglio 2011

IL TEMOLO



Presente in quasi tutta l’Europa centro settentrionale, occupa il tratto pedemontano di fiumi e torrenti con acque limpide e ben ossigenate con fondali ghiaiosi o sabbiosi. Vive in piccoli gruppi stazionando in corrente in attesa del cibo costituito da invertebrati, in prevalenza larve di insetti. Si ciba anche degli insetti adulti che depongono le uova o delle ninfe in schiusa che stazionano sul pelo dell’acqua, facendo le tipiche “bollate”. Si riproduce in primavera su bassi fondali di ghiaia. Il temolo è una specie poco diffidente, pertanto non così difficile da catturare. Come nel caso di altre specie, i “ceppi autoctoni” sono rari se non scomparsi a causa dell’introduzione di “ceppi balcanici” più facili da allevare e più resistenti all’inquinamento. La specie è inconfondibile. Presente, ma non diffuso, nell’Adda; raro nel Lario.




COME RICONOSCERLO:
Corpo affusolato lievemente compresso lateralmente.
Colorazione assai variabile, grigio – verde sul dorso, mentre i fianchi sono argentei o anche con riflessi dorati, rare piccole chiazze nere fra le pinne anali ed il capo, il ventre è bianco scaglie ben visibili.
Testa piccola e appuntita, bocca piccola con labbro inferiore un po’ arretrato, pupilla ad angolo rivolto verso le narici come nei coregoni.
Pinna dorsale lunga ed alta, grigia con sfumature violacee ed una serie di puntini neri, presenza della pinna dorsale adiposa (tipica dei salmonidi).
Può raggiungere i 60 centimetri ed i 3 chili di peso.



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Tratto dal sito della FIPSAS di Lecco.

lunedì 11 luglio 2011

I POPOLI DEI GHIACCI DEL GRANDE NORD (6)



Gli Ugro-Finni sono rappresentati oggi dai Nenci, presenti in un’area compresa tra la penisola di Kola e quella di Jamal; come i Sami, sono principalmente allevatori di renne, che utilizzano anche come mezzo di trasporto. Allo stesso gruppo razziale appartengono i Komi, insiedati a Ovest degli Urali, mentre Voguli e Ostiachi vivono a Est della stessa catena montuosa, lontano dal litorale artico.




Sulla costa, avanzando ulteriormente verso Est, i Samoiedi popolano le fredde terre fino alla Penisola di Tajmyr. Più all’interno vivono gli Evenki, di stirpe Tunguso-Manciù, mentre l’ampia area che comprende i bacini dei fiumi Olenk, Lena e Indigirka e al parte orientale dell’altopiano centrale siberiano, è occupata dagli Eveni e dagli Jakuti, che parlano una lingua di origine turca.




A Est della Jakuzia sono insediati i popoli paleoasitici e cioè gli Jukaghiri, i Ciukci, i Korjaki e gli Itelme mescolati ai Nenci, popolo di origine Ugro-finnica.




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giovedì 7 luglio 2011

LA LOCANDA DELL’ISOLA COMACINA



La maledizione risale al 1169, quando l’Isola Comacina fu rasa al suolo dai comaschi e Vidulfo, allora vescovo di Como, lanciò i suoi anatemi sul questa piccola isola nemica: “Non suoneranno più campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta.”




L’isola venne a poco a poco abbandonata e nessun ristoratore osò contrastare il maleficio medioevale fino agli anni ’50 del secolo scorso, quando Lino Nessi – detto “Cotoletta” – decise di sfidare il destino. Nonostante la morte improvvisa dei suoi due soci, aprì la Locanda dell’Isola Comacina e si affidò ai consigli dello scrittore Francis Dale che gli suggerì un rito di esorcismo contro la maledizione di Vidulfo.




Da allora ogni pasto, che un menu unico con pochissime varianti ispirate agli ortaggi di stagione, si conclude con il “rito del fuoco” e con la preparazione di una miscela di acquavite, zucchero e caffè che viene offerta contemporaneamente a tutti gli ospiti accompagnata dal suono della campana. Una tradizione che l’attuale oste ha mantenuto inalterata, una simpatica esperienza che continua ad affascinare i numerosi turisti che visitano il Lario.



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lunedì 4 luglio 2011

CANOA O KAYAK?



Il kayak, ideato e costruito dagli Inuit con pelli e tendini di animali e legname trovato alla deriva sulla spiaggia, viene impiegato ancora oggi per la navigazione e la caccia nei mari artici; lo scafo presenta una sagoma caratteristica ed inconfondibile per effetto delle parti estreme assottigliate e rivolte verso l’alto; la sua lunghezza si aggira intorno ai 5 metri e ben oltre, mentre la larghezza misurata sui fianchi varia intorno a 50 cm. I moderni kayak rispettando la sagoma originale, vengono realizzati con diverse fibre o miscela tra esse; hanno due o più gavoni stagni, cioè scompartimenti (gavoni) al di sotto della coperta (ponte anteriore e posteriore) con accesso dall’esterno, muniti di tappo a chiusura ermetica, utili otre che per dare volumi stagni ai fini della inaffondabilità del natante, soprattutto per riporre indumenti ed altro materiale necessario per la navigazione ed il campeggio. Sono dotati di deriva e anche di pompa di sentina per lo svuotamento dell’acqua. La pagaia per muovere il kayak ha due pale.




La canoa ha origine tra gli Indiani del Nord America ed in Oceania per il trasporto di persone e merci. Pur differenziata in diversi tipi (canadese, indiana, polinesiana, etc…) , è conosciuta più comunemente come Canadese, e si caratterizza per effetto del ponte completamente scoperto e per le estremità leggermente rivolte verso l’altro. Si adopera una pagaia con una sola pala stando inginocchiati o seduti.




In punto di fatto con “canoa” si generalizza e si accomuna qualsiasi natante a pagaia della stessa “famiglia”, mentre l’evoluzione tecnica e storica classifica e riconosce ufficialmente le seguenti categorie di canoe:
- Velocità (suddivisa in K= kayak e C= canadese)
- Fluviale discesa e slalom (suddivise in K= kayak e C= canadese)
- Polo
-Altre (tra cui il Kayak Da Mare – sia per attività turistico-amatoriali che competitive come il trofeo Ocean Racing)




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Testo liberamente tratto dal libro “A scuola di kayak” a cura di Arnaldo Bonazzi