"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 15 ottobre 2015

LIBRI - CORFU' E DIAPONTIA


Dopo le estati dell'adolescenza, fra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, passate con la famiglia a girare per le isole Greche con un rumoroso ma veloce gommone; dopo le estati della gioventù, fra la fine degli ottanta e l'inizio dei novanta, passate con Nicoletta ad estendere la conoscenza delle isole e del continente, sono giunto alle estati della maturità in cui ho cominciato a portarmi dietro, nel baule dell'auto, una canoa gonfiabile, la Tramper della Metzeler/Zodiac. Con questo mezzo abbiamo raggiunto splendide spiagge isolate e vissuto momenti di incredibile solitudine in un periodo di boom turistico greco, nel quale sempre più difficile era trovare angoli tranquilli in cui bagnarsi e lasciarsi asciugare dal sole. Proprio questi momenti di navigazione a propulsione umana, in cui solo la forza del temibile Meltemi avrebbe potuto costringermi a terra, mi hanno spinto a fare una scelta. Dopo avere acquistato finalmente un kayak smontabile Klepper, un Aerius 2000 di tre metri e ottanta, mi sono deciso ad intraprendere una serie di corti viaggi di qualche giorno con campeggio nautico alla riscoperta delle prime isole che alla fine degli anni settanta avevo vissuto ancora in famiglia. Il racconto narra la circumnavigazione dell'isola effettuata l'estate del 2010 e del piccolo arcipelago delle sconosciute Diapontia l'anno successivo. E' impostato sulla falsariga del diario di bordo con una necessaria introduzione storica ed una descrizione delle più interessanti località interne all'isola che completano il quadro di conoscenza generale del luogo. Narro di giorni di immersione completa nel mare greco, e della faticosa navigazione a propulsione umana affrontata con un mezzo anacronistico per i nostri tempi moderni (e sempre più veloci), un lento e faticoso kayak. E' un viaggio personale nelle mie sensazioni, nella felicità di potermi trasportare liberamente navigando lungo costa su acque che hanno vissuto la storia della nostra civiltà, nella scoperta delle contraddizioni a seguito della trasformazione dei luoghi, nella descrizione di panorami che ancora riescono ad emozionare e, soprattutto nella curiosità degli incontri casuali. Ecco, è soprattutto un viaggio della curiosità, che spinge ogni giorno a proseguire per vedere cosa si nasconde dietro l’angolo, dietro la prossima punta, superando le piccole difficoltà quotidiane della ricerca di una spiaggia tranquilla dove dormire e della fatica fisica che si oppone alla volontà di proseguire.
 
TITOLO: Corfù e Diapontia - Viaggio in kayak alla scoperta delle isole
AUTORE: Francesco Zenoni 

lunedì 13 luglio 2015

SOTTOCOSTA CAMP 2015


Si è svolto dal 13 al 21 Giugno 2015 in Sardegna il CAMP 2015 di kayak da mare organizzato dalla ASD Sottocosta per la diffusione di questo sport e anche quest’anno il Canoa Kayak 90 di Vercurago ha partecipato all’evento. Il Camp è un’occasione per i principianti che vogliono approfondire alcune tematiche relative alla conduzione in sicurezza del kayak sia di perfezionamento delle tecniche che già si posseggono ma che si vogliono migliorare. Nel programma vi sono escursioni in kayak e visite ai più importanti centri turistici della zona. Inoltre è una vacanza in Sardegna con escursioni giornaliere e attività sul tema "il kayak da mare". La base è presso il campeggio “Capo d'Orso” in località “Le Saline” frazione del comune di Palau.



Il Camp si svolge quindi ai piedi della famosa Roccia dell'Orso posta in sommità dell'omonimo promontorio noto sin dall'antichità e di cui si trovano le prime citazioni sulle carte di Tolomeo (vissuto nel 100 d.c.). Molte rocce in questa zona presentano forme strane e bizzarre dovute all'interazione tra fenomeni di erosione e i forti venti che spirano in queste zone oltre all'azione della salsedine. Dalla roccia dell'Orso si osservano numerose fortezze costruite nei vari secoli per la difesa della zona a testimonianza della posizione strategica del luogo. L'Isola di Santo Stefano in particolare fu concessa nel 1972 come deposito di armi alla Nato e come Base Sommergibili alla marina statunitense. Intere zone dei fondali dell'arcipelago risultano irrimediabilmente inquinate.



La giornata al Camp inizia verso le 9.30 con il briefing sul programma della giornata e sulle escursioni previste, eventuali varianti, uno sguardo alle cartine, i consigli sulle attrezzature di sicurezza da non dimenticare, l'illustrazione di alcune novità poste di recente sul mercato, infine le previsioni del tempo per la giornata con riguardo soprattutto al vento rispetto alle traversate necessarie a raggiungere le isole e al rientro nella baia del campeggio.



L'arcipelago della Maddalena si compone di 62 isole le cui principali sono La Maddalena, Caprera, Santo Stefano, Budelli, Santa Maria, Razzoli. La presenza costante di vento fanno dell'arcipelago la “Mecca” dei velisti e dei praticanti wind e kite surf. In questa zona e fino all'Isola dei Gabbiani più a nord hanno sede le maggiori scuole di vela italiane. La costa frastagliata si caratterizza per la presenza del granito rosa . Diverse sono le cave di marmo della zona molte delle quali sono oggetto di recupero ambientale. Il colore rosa è dovuto alla decomposizione dello scheletro di alcuni invertebrati di cui sono ricchi i prati di Posidonia.



Le escursioni hanno riguardato prevalentemente le isole di Caprera e della Maddalena, il giovedì ci si è spinti fino a percorrere l'intero golfo di Arzachena con rientro diretto al campeggio da Baja Sardinia. Poi di contorno alcune iniziative per fare gruppo quali cena sociale, pizza sociale, premi e ringraziamenti.


Ci si vede al prossimo Sottocosta Camp 2016 che si terrà all’isola d’Elba dal 18 al 26 Giugno 2016!



Testo del Luis (Inuit del Lario)

martedì 30 giugno 2015

ESCURSIONE SUL LAGO DI LUGANO: 16 - 17 MAGGIO




Anche noi del CK90 abbiamo partecipato alla due giorni in kayak organizzata dagli amici di  “Sullacqua ASD” di Lavena Ponte Tresa, associazione aderente a Sottocosta che si propone di promuovere la pratica del kayak nei laghi del varesotto e che quest'anno ha scelto come meta il lago di Lugano. Il tour propone l'attraversamento del Ceresio fino all'estremo di Porlezza, campeggio presso il camping Darna e rientro il giorno successivo percorrendo l'altra costa del lago. L'escursione è stata “benedetta” dal primo week-end caldo e soleggiato della stagione.






Il gruppo di Varese è partito la mattina del sabato (ore 10) da Porto Ceresio mentre noi del CK90 siamo partiti (ore 7) dalla sede di Vercurago; kayak sull'auto direzione Porlezza passando da Varenna poi in traghetto fino a Menaggio e da lì al camping Darna che è molto frequentato da turisti del nord Europa.




Partendo da Porlezza e percorrendo la riva sinistra si fiancheggiano boschi molto scoscesi che si tuffano direttamente nel lago, nessuna strada costiera è stata costruita, la costa risulta molto selvaggia. Appaiono a intervalli di alcuni chilometri alcuni insediamenti a volte visibilmente abbandonati. Nei pochi spazi accessibili vediamo gli insediamenti di Rescia con la sua centralina idroelettrica, Osteno e Santa Margherita.








Il lago prealpino glaciale di Lugano è detto Ceresio da un termine celtico che significa “ramificato” come effettivamente è. Ha una superficie di 48 kmq di cui 18 solo italiani. Il punto più profondo è a 288 metri dalla superficie. Il bacino è alimentato da diversi corsi d'acqua mentre l'emissario principale è il Tresa che sfocia poi nel Lago Maggiore ovvero infine nel fiume Ticino. Se scorriamo l'elenco dei pesci e degli uccelli che lo frequentano non troviamo differenze con gli altri laghi lombardi. La città principale è Lugano, piazza finanziaria internazionale, di fronte troviamo la ex-clave italiana di Campione d'Italia con il suo discutibile casinò.






Ci siamo quindi uniti al gruppo proveniente da porto Ceresio in località Caprino dove, consumato il pranzo al sacco siamo poi ripartiti per risalire dal lato svizzero di Lugano e aver attraversato il lago in posizione sicura. La riva in questo caso è più ospitale e compaiono diversi comuni tra cui Valsolda paese di frontalieri e noto soprattutto ai lettori di alcuni romanzi di Antonio Fogazzaro che ivi sono ambientati.






Al rientro in serata, ci aspetta una cena tutti insieme nel ristorante-pizzeria del campeggio. Poi il rientro da Porlezza a Vercurago in nottata mentre i varesini rientreranno il giorno dopo ripercorrendo al contrario la strada del sabato. Un bel sabato sul Ceresio e un grazie agli amici di Sullacqua.







Testo del Luis (Inuit del Lario)








domenica 29 marzo 2015

IL ROSPO, NEL LAGO A PRIMAVERA



Il nome scientifico è Bufo bufo. I maschi sono lunghi circa 8 cm, mentre le femmine, ben più grosse, possono raggiungere anche i 20 cm; sono i più grossi anfibi delle regioni europee. Ama i boschi umidi e conduce la sua vita nel sottobosco, dove di giorno se ne sta nascosto tra il fogliame ed esce solo di notte, per fare compagnia al altri insettivori specializzati, come il riccio, di cui condivide l’habitat.




L’incontro casuale con questo anfibio ha sempre destato un po’ di disagio, a volte addirittura disgusto. Eppure anch’esso ha un fascino e un’utilità indubbia dentro il sistema a maglie fitte della vita del bosco. Uno dei motivi primi dell’antipatia nei suoi confronti potrebbe essere quello della pelle, che si presenta butterata e a volte liscia; un secondo elemento potrebbe essere costituito dalle sue abitudini notturne e dalla sua lentezza; quando gli animali se ne stanno immobili al buio, fissandoti negli occhi, subentra spesso un senso di disagio, forse immotivato, ma che mette una certa apprensione. Di vero c’è il fatto che i rospi posseggono delle ghiandole sulla pelle, in particolare le due protuberanze che si notano dietro le orecchie, ai lati del capo, in grado di emettere sostanze tossiche. Anche se non sono veramente velenose, esse sono in grado di irritare le mucose di chi lo tocca.




Parente stretto delle rane, il rospo ama un po’ meno l’acqua, verso la quale si dirige solamente nel periodo riproduttivo. Quando viene la primavera, verso fine marzo, essi si risvegliano dal sonno invernale. Come gli altri animali a sangue freddo che vivono nelle regioni settentrionali, d’inverno non possono tenersi attivi per mancanza del calore necessario, per cui devono trovarsi un rifugio, generalmente una buca sotterranea, dentro la quale ripararsi dal rigore invernale. Quando la temperatura esterna si fa mite, e la vita si rianima, anche i rospi escono dai loro rifugi, e il primo istinto è quello riproduttivo. Si mettono in movimento tutti assieme, per cui si assiste a una vera e propria migrazione verso gli stagni e i laghi. In pochi giorni, file interminabili di rospi si muovono, preferibilmente di notte ma, con il brutto tempo anche di giorno, in direzione dei luoghi dove sono nati. I maschi migrano prima, e occupano i territori in attesa dell’arrivo delle femmine.




Nei rospi la fecondazione è esterna, per cui il compito del maschio è quello di accaparrarsi una femmina, alla quale si aggrappa saldamente sul dorso, e di attendere che deponga le uova, per poi irrorarle in acqua, con il suo seme biancastro. Le uova, deposte in lunghi filari dentro un cordone gelatinoso, restano aderenti alla vegetazione acquatica, in attesa della schiusa. Non di rado i luoghi scelti per la deposizione non manterranno sufficiente acqua per tutto il tempo necessario alla trasformazione da girino a rospo, per cui molti piccoli sono destinati a soccombere.




La sua lentezza, che non gli permette l’agilità nel salto che hanno invece le rane, lo ha esposto ai pericoli della predazione; così, madre natura lo ha dotato delle ghiandole velenifere che ricoprono la sua pelle. Se un predatore, una volpe o un altro carnivoro, tenta di addentarlo, la secrezione irrita le mucose della bocca e provoca immediatamente una reazione, causando sofferenza e forte salivazione; l’esperienza resta fissata nella memoria, e ciò rende i rospi egregiamente difesi dai loro attacchi. Solo le bisce, come la natrice dal collare, suo acerrimo nemico, non gli lasciano scampo; sembrano infatti immuni dall’effetto di tali sostanze. Anche alcuni rapaci, seppure casualmente, lo predano senza danni, in quanto lacerano la sua pelle e si cibano esclusivamente delle carni e delle viscere.I rospi hanno solo due nemici. Un nemico invisibile è un dittero specifico, la bufolucilia, che depone le uova sulla sua pelle e le cui larve, dopo la schiusa, migrano e si installano all’interno delle cavità nasali, provocando gravi parassitosi che lo possono portare anche alla morte. L’altro nemico a cui non può facilmente sfuggire, visto la sua lentezza nei movimenti, sono le automobili che finiscono per schiacciarlo durante le migrazioni primaverili dal bosco al lago.




Da alcuni anni gli Inuit del Lario contribuiscono attivamente alla campagna di “Salvataggio Rospi” del WWF di Lecco nelle località lariane di Melgone, in comune di Mandello del Lario (LC), e di Onno (LC), durante la quale si raccolgono e si trasportano oltre 15.000 esemplari di rospo comune. Nei due tratti, per un fronte totale di 2 km, si alternano vari volontari di associazioni e cittadini comuni, indicativamente da aprile a maggio, nel monitoraggio della migrazione nuziale di questi misteriosi animali, appartenenti all'ordine degli anfibi, che scendono dalle pendici del Monte Moregallo, per raggiungere le rive lacustri del Lario, dove le femmine deporranno le loro uova. Il fenomeno si ripete ad ogni inizio stagione e, se tra il luogo dello svernamento e quello della riproduzione si interpone la strada, la sorte di molti rospi sarebbe segnata, schiacciati dalle auto in transito. Grazie al posizionamento di barriere speciali a monte e a valle della strada e all’impegno dei volontari, gli animali possono essere raccolti in secchielli e trasportati indenni ai luoghi di riproduzione. Da diversi anni si ripete questa operazione, che ha permesso di salvaguardare e incrementare la popolazione di anfibi che abita i boschi delle pendici del Monte Moregallo.
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Se sei interessato a partecipare puoi contattare gli Inuit del Lario!
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Foto di Riccardo Agretti e Eppiluk (Inuit del Lario).

lunedì 9 marzo 2015

IL FORAPAGLIE, NASCONDINO TRA LE CANNE


 
Appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Sylviidae. Il suo nome scientifico è Acrocephalus schoenobaenus. E’ un uccello di piccola taglia, lungo meno di 13 cm. Si distingue dalla Cannaiola per l’evidente sopracciglio color crema e per le parti superiori notevolmente striate ad eccezione del groppone, che è uniformemente di color fulvo. Può anche confondersi con Forapaglie castagnolo, che però ha un vertice più scuro. Parti inferiori color crema, con fianchi fulvi. La coda è piuttosto squadrata.




Abita la fitta vegetazione nei pressi dell’acqua, soprattutto canneti e arbusteti. Il nido è costruito alla base delle piante, dove la copertura è più densa. Si nutre di insetti e loro larve, ragni e piccole chiocciole. Caratteristico il movimento continuo e irrequieto; canta si posato sia in volo, tanti di giorno quanto di notte. Nel canneto vola tenendo la coda aperta e abbassata. Nidifica generalmente in aree planiziali ma occupa anche zone umide alla medie quote (fino a 1.300 m in Appennino). Durante le migrazioni si ferma sia nelle paludi, sia su campi e boschetti; nei voli notturni di trasferimento attraversa anche i passi alpini.




Il suo areale produttivo è essenzialmente europeo. Nidifica in tutto il continente ma diviene più rafo, fino a scomparire, verso le regioni più meridionali; a est nidifica fino in Siberia centrale. E’ un migratore transahariano, la cui intera popolazione europea sverna in Africa, dal Senegal all’Etiopia e, verso sud, fino al Sudafrica. In Italia nidifica in modo frammentario nelle regioni settentrionali. Uno dei nuclei più importanti è rappresentato da una popolazione che nidifica sul Lago Superiore di Mantova. In Europa nidificano meno di 2.500.000 coppie, considerate stabili o in leggera diminuzione. In Italia non si riproducono più di un centinaio di coppie di cui poco meno di 40 in Lombardia.



domenica 22 febbraio 2015

L’ENTRATA NEL KAYAK A BILANCIERE




La tecnica di entrata nel kayak detta “a bilanciere” è la più semplice da eseguire e anche la più sicura quando ci si deve imbarcare o sbarcare magari con onde e vento contro. Dopo aver posizionato il kayak in acqua, parallelo alla riva, si porta la pagaia dietro la schiena e la si appoggia sulla riva e il manico sul bordo posteriore del pozzetto. Voltati verso la prua del kayak, si impugna con una mano il manico della pagaia e il bordo del pozzetto e con l’altra l’estremità del manico rivolto verso riva. Così facendo il kayak è stabile e tutta la forza per tenerlo fermo è scaricata sulla pala della pagaia che è sulla riva. Appoggiando il peso sulla pagaia (e non sedendosi sul bordo del pozzetto!), si trova l’equilibrio necessario per spostare prima un piede e poi l’altro all’interno del kayak. Sempre ricercando la stabilità, si infilano le gambe distese all’interno dello scafo. Una volta seduti, è possibile allargare le gambe e inserire le ginocchia sotto il premicosce, allacciare il paraspruzzi lasciando uscire la maniglia dal pozzetto, portare la pagaia davanti e iniziare a pagaiare.
 
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Per uscire dal kayak si utilizza la stessa manovra appena descritta, semplicemente effettuandola al contrario. Si posiziona il kayak parallelo a riva, si appoggia la pagaia tra il bordo posteriore del pozzetto e la sponda, si stacca il paraspruzzi, si sposta il peso del corpo verso riva e ci si alza in piedi.

lunedì 16 febbraio 2015

LAGO DI COMO: "CIMENTO INVERNALE 2015" (parte seconda)



Il Pian di Spagna, pianura alluvionale formata dai detriti del fiume Adda e del fiume Mera, deve il suo nome all'epoca della dominazione spagnola (sec. XVI-XVIII). Insieme al lago di Novate costituisce uno dei punti paesaggisticamente più belli della Lombardia a cavallo delle provincie di Lecco-Como-Sondrio. Il luogo è perfetto per attività all'aria aperta quali, escursioni a piedi in bici o cavallo e birdwatching. Tra i canneti si nasconde una popolazione di cervi che attualmente sfiora il centinaio.




A metà tragitto ci concediamo la pausa nei pressi del Tempietto di San Fedelino approfittando del fatto che tale riva è ben riscaldata dal sole. Le origini dell’edificio religioso si fanno risalire al X Secolo e la sua storia è strettamente correlata al martirio di San Fedele le cui reliquie vennero ritrovate miracolosamente nel 964 e successivamente trasportate a Como.




Ai tempi delle persecuzioni perpetrate dagli imperatori Massimiano e Diocleziano contro i Cristiani, Fedele era un soldato romano convertitosi al Cristianesimo: a causa del rifiuto di compiere riti di sacrificio prima di una spedizione, fu imprigionato insieme ad altri sei compagni. Riuscì a fuggire e a nascondersi all’estremità settentrionale del Lago di Como (allora un corpo unico con il laghetto di Mezzola), ma raggiunto da uno dei suoi persecutori, venne qui decapitato: il luogo del martirio divenne la sede di fondazione dell’edificio religioso.

 


A partire dai primi anni del 1900, prese il via una serie di interventi di restauro del tempietto, tra il 1992 e il 1993 furono effettuati dei lavori di sistemazione dell’area circostante ed oggi, la chiesa di S. Fedelino si offre in perfetta armonia con il paesaggio naturale circostante.



Nel primo pomeriggio rientriamo percorrendo la riva scoscesa sotto il monte Berlinghera, il percorso è in controluce e sono utili gli occhiali da sole. Si ricaricano i Kayak e in un’ora siamo a Vercurago alla sede del CK90. Una domenica si sole passata in una riserva naturale secondo la migliore tradizione dei “Giorni della Merla”.



Testo del Luis (CK90 Inuit del Lario)

lunedì 9 febbraio 2015

LAGO DI COMO: "CIMENTO INVERNALE 2015" (parte prima)


Come consuetudine di ogni inverno, in prossimità dei “Giorni della merla” che per tradizione sono reputati i più freddi dell'anno, viene organizzato da parte di Sottocosta e del Canoa Kajak ‘90 sezione "Inuit del Lario" di Vercurago (LC) il “Cimento Invernale”. Il raduno avviene in alto lago di Como. Il ritrovo è alle ore 9:30 di Domenica 1° Febbraio a Gera Lario.




Il punto di imbarco da noi scelto si trova in prossimità del porto di Gera Lario dotato di facile imbarco comodamente accessibile dal parcheggio libero a cui si accede dalla Strada Statale Regina. L'obbiettivo è risalire lo stretto canale del fiume Mera nel Pian di Spagna.



 
L'itinerario passa quindi sotto il ponte del Passo e poi in vicinanza di Dascio, Verceia, Novate-Mezzola per fermarsi quindi in una pausa ristoratrice all'ingresso del fiume Mera nel lago di Novate-Mezzola in prossimità della chiesa di San Fedelino. La posizione è esposta al sole e dotata di spiaggetta sabbiosa per un facile approdo.




La Riserva Naturale Pian di Spagna e Lago di Mezzola è stata istituita da Regione Lombardia nel 1983 . Il territorio della Riserva Naturale Pian di Spagna – Lago di Mezzola è riconosciuto come Sito di importanza Comunitaria (Sic) e si caratterizza quindi come un “complesso di luoghi contraddistinti per la presenza di habitat e specie sia animali sia vegetali, di interesse comunitario, la cui fruizione è quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sul continente europeo e aventi come finalità quelle di assicurare l’ambiente idoneo alla sosta e alla nidificazione dell’avifauna migratoria, di tutelare e mantenere le caratteristiche naturali e paesaggistiche della zona, di regolamentare la fruizione dell’area a fini didattico-ricreativi e di valorizzare le attività socio-economiche presenti nell’area nel rispetto delle esigenze di conservazione dell’ambiente.”



Testo del Luis (CK90 Inuit del Lario).

lunedì 2 febbraio 2015

IL REGNO DEL QAJAQ (11)



Diminuendo ancor la temperatura, la poltiglia si solidifica, una percentuale di sale si sposta in parte verso il basso e in parte verso la superficie esposta all’aria, formando una brina mista di cristalli di sale e di ghiaccio, che rende la lastra poco scivolosa e non trasparente. Raggiunti i cinque centimetri di spessore, la lastra formatasi risulta molto elastica, in grado di sorreggere il peso di slitte trainate da cani. Con l’aumentare dello spessore della lastra ghiaccio durante l’inverno, continua il processo di deposito del sale sullo strato inferiore, mentre la parte superiore, esposta agli effetti della neve e del vento, diviene sempre meno salina, al punto di poter essere utilizzata, nella primavera successiva, come acqua potabile.




Se invece la coltre di ghiaccio nuovo è rotta da una tempesta con forti ondate, i frantumi di ghiaccio, spinti più volte a urtarsi fra loro, si arrotondano e originano un tipo di superficie detta a “pancake” ovvero a frittelle, la quale, successivamente ricoperta di neve, può assomigliare a un foglia di ninfea. Queste trasformazioni avvengono sempre in prossimità delle coste, mai in mare aperto.




Per quanto riguarda la navigabilità nei mari artici, è giusto ricordare la parole di Armstrong riportate sulla rivista “Artic”: “La più importante applicazione degli studi sul ghiaccio marino riguarda la possibilità di navigare. Vi sono altre applicazioni: per un aereo è quella di trovare un posto sicuro dove atterrare, per i veicoli di trovare un passaggio che regga il loro peso, per i climatologi un segno dei cambiamenti climatici e per i meteorologi un indice per le previsioni del tempo. Ma nessuno di questi argomenti può stare alla pari con l’importanza di poter navigare”.



Fonte: Il meraviglioso universo del grande Nord

domenica 25 gennaio 2015

CIMENTO INVERNALE 2015 SULL'ALTO LARIO - 1° FEBBRAIO



Siamo così giunti alla 17° edizione del Cimento Invernale sull’Alto Lario e quest’anno il raduno vedrà coinvolti, il solito organizzatore di ASD Sottocosta, Luciano Belloni e il gruppo degli Inuit del Lario del CK90 di Vercurago con l’amico esperto e trascinatore, Felice Farina, da sempre simpatizzante dell’evento.

Il periodo scelto è quello dei “giorni della merla”, gli ultimi tre giorni di Gennaio, tradizionalmente noti come i più freddi dell’anno, tuttavia c’è da augurarsi che dopo qualche edizione rimaneggiata per questioni meteo, si possa incorrere in giornate favorevoli e sopratutto senza troppo vento.

Fatta questa premessa, l’appuntamento è per Domenica 1° Febbraio in località Gera Lario alle ore 9:15 dove c’è ampia disponibilità di parcheggio (gratuito) ed uno scivolo all’interno del piccolo porto riparato dai venti da Nord. Come arrivare a Gera? Per chi viene da Lecco sulla Superstrada 36 è raccomandabile uscire dopo Colico, seguendo le indicazioni per Chiavenna/Madesimo e dopo aver superato il ponte sull’Adda, si incontrerà una nuova rotonda dove si seguiranno le indicazioni per Como. Superata la località di Sorico si giunge a Gera Lario e, dopo aver superato la Chiesa parrocchiale e un lampeggiante verde di farmacia, svoltare a SX per il lago/porto. Per chi viene invece da Como sulla Strada Regina, superato il paese di Domaso, si è a Gera dove si deve seguire l’indicazione lago/porto sulla DX. Il percorso si svolgerà su un itinerario di circa 18-20 km. che sarà deciso sul posto in base a condizioni meteo, tuttavia si può anticipare una escursione lungo il Pian di Spagna, Colico, promontorio dell’Olgiasca, traversata su Dongo-Gravedona con sosta pranzo, Domaso e rientro a Gera. Percorso alternativo ipotizzato è verso Nord a Sorico, risalita del Mera, Dascio e il lago di Novate Mezzola con visita alla chiesetta romanica di San Fedelino e rientro. Nei due casi, il rientro è previsto nelle prime ore del pomeriggio.
 
Si chiede di dare conferma di adesione entro il 28 Gennaio a Luciano 338-1374722 o a Felice Farina 349-5216020.

Per coloro che non hanno impegni al Sabato 31 Gennaio, si propone di incontrarsi alle 9:30 sul lungolago di Dervio per una escursione verso Bellano e Varenna e se il vento non ostacola, una traversata sulla sponda comasca è sempre proponibile. Al termine dell’escursione, trasferimento a Dascio per cena e pernottamento allo Albergo Berlinghera a costi contenuti. Cena € 20,00, pernottamento in camera doppia € 30,00 (inclusa prima colazione). La camera singola ha una maggiorazione di € 10,00. Si chiede di dare conferma a mezzo e-mail entro il 28 Gennaio, al solito indirizzo luciano.belloni@tin.it o per telefono al 338-1374722. Qualche informazione utile per le due giornate. L’abbigliamento deve essere consono alla stagione invernale con un cambio a disposizione. Sono raccomandate mute, tute stagne o in alternativa giacche d’acqua e pantaloni stagni, calzari e cuffia in neoprene, guanti o muffole e un paio di occhiali. Il giubbotto salvagente deve essere indossato. Oltre a ciò le imbarcazioni devono essere dotate di gavoni stagni e cime di sicurezza in coperta. Per la sosta pranzo, è opportuno che ognuno abbia una bevanda calda e quanto utile per una colazione al sacco, mentre per agevolare la digestione, l’organizzazione (Felice e Luciano) provvederà come consueto. In navigazione si invitano tutti i partecipanti al rispetto delle indicazioni che saranno fornite in occasione del briefing.

Arrivederci a Sabato 31 e/o alla Domenica 1° Febbraio!!!


lunedì 19 gennaio 2015

GLI INUIT ALL'OMBRA DELLA LANTERNA

Martedì 20 gennaio 2015, alle ore 18, 
ospite della libreria Feltrinelli, in via Ceccardi a Genova, 
Robert Peroni presenterà il suo ultimo libro 
'I colori del ghiaccio' edito da Sperling & Kupfer | Pagg. 184 | Euro 15,90


Invitato dall'associazione genovese ItaliAmmassalik (www.italiammassalik.it) che da diversi anni lavora per creare un 'ponte' fra la piccola comunità Inuit di Ammassalik e il mondo occidentale, Robert Peroni, uno dei grandi esploratori dell'artico, martedì 20 gennaio, alle ore 18, sarà alla libreria Feltrinelli, in via Ceccardi a Genova.

Presentato da Walter Bontempi e da Ottorino Tosti, intervistato da Roberta Baronchelli di Mentelocale.it coglierà l'occasione dell'uscita del suo ultimo libro “I colori del ghiaccio per farci scoprire territori sconosciuti, tradizioni e usanze sopravvissute per centinaia di anni fra i ghiacci della costa orientale della Groenlandia.

Racconterà di Tobias, il cacciatore che ha avuto il coraggio di affrontare da solo uno dei più temibili predatori marini: l'orca; del vecchio e saggio Anda, che gira i villaggi suonando il tamburo e mantenendo vive le antiche tradizioni, e di tanti altri che chi ha visitato Ammassalik ha potuto conoscere di persona.

A queste storie mescolerà il racconto della sua mitica spedizione del 1983. Tre mesi in uno dei luoghi più pericolosi e inospitali della Terra, l'altopiano interno, 1300 Km da costa a costa lungo il 75° parallelo dove le temperature raggiungono non di rado i -40°/-50°.
Fu una delle imprese più audaci delle esplorazioni artiche portata a termine senza il conforto dei moderni strumenti di comunicazione e di localizzazione, né telefono satellitare né GPS, e senza l'ausilio né di cani per il traino della slitta con 180 Kg. di materiale né di alcun mezzo meccanico.

Peroni e i suoi due compagni si trovarono più volte ad un passo dalla morte, ma non desistettero. Poi lui rimase colpito dalla magia di quel Mondo di ghiaccio pieno di umanità e lasciò tutto per stabilirsi lì, ad Ammassalik, uno dei luoghi più isolati e inospitali della Groenlandia, dove ha creato il progetto sociale ‘The Red House’ con l'obiettivo di aiutare i giovani Inuit di Ammassalik a crearsi un futuro nella loro terra d'origine.

Background sociale di Ammassalik:
L'esistenza della comunità Inuit di Ammassalik noi occidentali l'abbiamo scoperta nel 1884. Fino a quel momento si riteneva che tutta la costa orientale della Groenlandia fosse disabitata. Allora questa comunità contava 413 individui. Oggi sono poco più di 3000 sparsi in sei piccoli villaggi distanti fra loro anche 50/70 Km.
Nonostante la pressione esercitata dal mondo occidentale questa comunità è riuscita a mantenere i principali tratti della cultura originaria, che si rintracciano  nel folklore, nelle concezioni della vita, nel comportamento tenuto durante la caccia, caratterizzato da un forte rispetto verso l'animale predato.
E' anche praticamente mancante del senso della proprietà. In sua vece ha sviluppato un forte senso della condivisione, indispensabile per fare fronte alle carestie che hanno sempre colpito questi fiordi. Ancora oggi la caccia e la pesca, specialmente in inverno, molte volte non sono sufficienti per alimentare l'intero gruppo sociale: allora si rimane senza mangiare anche per svariati giorni. Qui non si va al supermercato.
Si mangia soprattutto carne di foca. La foca è l'alimentazione abituale.

E' fondamentale, ogniqualvolta si parla di caccia alla foca, fare una precisazione sul pensiero corrente che gli Inuit massacrerebbero le foche per venderne la pelliccia, perché questo del massacro delle foche da parte degli Inuit è un  detto comune veramente fuori luogo.

L'uccisione delle foche per predarne la pelliccia era, ed è ancora praticata nonostante le leggi lo vietino, in Canada e in Alaska dai bracconieri, non certo dagli Inuit. Nessun Inuit ucciderebbe un animale per venderne la pelle. La caccia è praticata esclusivamente a scopo alimentare.
Un tempo le pelli delle foche uccise per essere poi mangiate venivano vendute e questo commercio dava una certa stabilità economica. Le campagne ambientaliste degli ultimi venti anni hanno stroncato questo commercio e questa popolazione sta adesso sopravvivendo a stento mancando dell'economia più basilare per acquistare le cose necessarie alla vita: il gasolio per riscaldarsi e muovere le barche, qualche genere alimentare di sopravvivenza, l'abbigliamento.

Insomma, una popolazione che deve, da noi occidentali responsabili della sua cattiva sorte, essere adesso conosciuta e aiutata.

Questo viene a dirci Robert Peroni.

lunedì 12 gennaio 2015

LARIO: PAGAIATA DA COMO A LAGLIO


 
Complici le belle domeniche di questo autunno-inverno si è organizzato un tour di un giorno sull'”altro lato del Lago di Como” e precisamente da Como-Tavernola a Lallio e ritorno dal lato di lago sotto le pendici di Brunate.




Il punto di imbarco da noi scelto si trova in prossimità del porto di Tavernola (vedi freccia rossa in foto). Tale imbarco è comodamente accessibile dal parcheggio libero a cui si accede da via della Conciliazione.


 
'obiettivo della giornata è costeggiare il lago per vedere parte delle magnifiche ville che si trovano in questa zona, una delle più famose d'Italia, poterne osservare quindi i giardini e i porticcioli privati nonché le architetture che sono visibili solo dallo specchio d'acqua.




Villa Erba è la prima che ci appare. Viene edificata nel 1897 dalla famiglia Erba noti industriali della farmaceutica italiana, in forme neoclassiche. Dal 1996 è gestita da un consorzio che ne ha fatto un centro congressi e meeting aziendali. Viene affittata anche per matrimoni. Uno dei sette figli della famiglia Erba è Luchino Visconti che spesso trascorreva periodi di vacanze estive in questo luogo.




Villa d'Este è la più nota del lago. Costruita nel 1442 come convento femminile viene utilizzata nei secoli successivi come residenza del vescovo di Como, centro spirituale dei Gesuiti e infine ristrutturata nel 1873 come albergo di lusso che è anche la sua prevalente destinazione d'uso attuale. Nella foto è ritratto il padiglione della Regina.



A metà giornata ci concediamo un panino in un bar di Laglio piccolo comune di 1.000 abitanti noto anch'esso per le sue ville che però sono di valore storico-architettonico decisamente minore. Da questo punto abbiamo attraversato verso il comune di Pognana Lario approfittando del fatto che nel pomeriggio tale riva del Lario è esposta al sole.



La riva orientale percorribile in auto dalla statale Regia è molto stretta e scoscesa . Le case occupano dei brevi tratti attorno alla strada Piccoli i porticcioli e ridotte sono le possibilità di approdo. Spiagge dove riposarsi e prendere il sole d'estate si trovano in prossimità di alcuni torrenti che le hanno create con i loro detriti.



All'altezza di Blevio riattraversiamo il lago badando bene ai numerosi traghetti e imbarcazioni private tutte intente al rientro. Una magnifica giornata passata a contatto con il nostro lago la sua storia e gli amici.
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Testo del Luis (CK90 - Inuit del Lario)
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