Mi permetto dopo questa forte testimonianza di Robert Peroni di fare un paio di riflessioni sulla caccia, le sue modalità, e i suoi arcaici agganci al sacro. Si rifanno alla lettura di un libro di David Petersen su questa tematica e a diversi studi antropologici (Rane Willerslev) dedicati allo sciamanesimo nel suo contesto naturale. La caccia per il sostentamento della propria comunità non è pervasa da brama di trofeo. In questo contesto è necessario uccidere un animale per vivere. Non ci sono scuole dove apprendere o posti di lavoro dove fare domanda. Non ci sono assegni sganciati dallo stato, aiuti pietosi dalle chiese, ricoveri, ospedali, o semplicemente altra gente a cui rivolgersi. Troviamo (solitamente) un gruppo di umani circondati da una natura invalicabile, sì generosa, ma allo stesso tempo, inflessibilmente severa. L'intera umanità evolve da questo passato selvatico in cui uomini e animali possono entrambi assumere i ruoli di cacciatore o di preda. Ai primordi, vivere significa mangiare o essere mangiati, avvicinando immensamente il mondo animale a quello umano in un comune abbraccio in cui si scambiano morte e vita. Catturare una preda dopo intere giornate di appostamenti, usando mezzi rudimentali, rischiando la propria pelle, è un'azione intensamente reale, dove ci sentiamo profondamente provati. Ma anche vivi, e grati nel cuore! Un'esperienza che risulta ancora oggi in certi angoli del mondo iniziatoria all'età adulta e alle sue responsabilità. La spiritualità animista e le relative pratiche sciamaniche radicano le proprie conoscenze in questo tipo di realtà. Le lunghe attese, le preparazioni meticolose, il controllo delle proprie emozioni, la selezione di luoghi e intenzioni appropriate, portano dritti nel mondo interiore e misterioso dell'anima di un individuo. Il cacciatore conosce bene, anzi benissimo, "da dentro" sia la preda che quel territorio che lo include, e lo sostiene.
Chi caccia non è un osservatore separato dal mondo ma vive la propria dimensione fisica, emotiva, gestuale, nel palpito più intimo. Un minimo segno nel paesaggio viene subito letto in chiave sincronica, e la giusta azione ne segue in modo spesso incisivo. Buona parte dei cacciatori usano tecniche psico-spirituali senza assumere il ruolo ufficiale di sciamani. Possono essere apprese da altri, ma anche imparate dalle mille esperienze fatte nel mondo naturale. Questo uso non è solo adottato per ragioni di interesse personale. Catturare molte prede, o sapere luogo e tempo propizio. Ma viene integrato soprattutto per mostrare rispetto nei riguardi dello spirito degli animali. Una breve preghiera, accompagnata da un sincero ringraziamento per il loro sacrificio, un piccolo obolo del cibo preferito, e l'animale troverà più facilmente la via dell'oltretomba e quanto prima si reincarnerà per tornare ad offrirsi al cacciatore. Ed è proprio qui che scopriamo il più sorprendente paradosso. In questa visione del mondo è proprio l'animale ad offrirsi al cacciatore. A sceglierlo: per essere la sua preda. A chi lo insegue spetta solo di riconoscerlo. Dargli il dovuto rispetto. Offrire la conferma di un rinnovato destino. Non c'è né brutalità né astio ma solo compassione reciproca per una condivisa vocazione alla morte e alla vita.
Auguro a Robert Peroni di riuscire nella difficile impresa che tanto ricorda quella compiuta dalnorvegese Nansen per la croce rossa. In questo mondo che sta cambiando così velocemente, le popolazioni indigene devono essere protette e comprese come una specie in estinzione. E' importantissimo. Prioritario, anche per noi. Per le nostre vite. Questo loro retaggio arcaico (ancora vissuto) è conoscenza della natura e del territorio. Ma non dimentichiamolo, è anche contatto diretto con l'anima. E con quelle esperienze primordiali come la caccia che poi metabolizzate in simboli da sempre ispirano l'umanità a crescere. Carl Gustav Jung nei suoi studi del profondo, dei sogni, ce lo ha rammentato mille volte: l'anima è antica, la costruzione del nostro domani è antico. Archetipo, impronta originaria, che appartiene a tutti. Sfogliate "Il libro Rosso" di Jung, appena pubblicato, sfogliatelo lentamente. Scandite con occhio attento le illustrazioni di questo suo testamento spirituale. Le figure dell'inconscio sono descritte ovunque, miniate in colori vivaci. Spiccano come grida. A volte sono umane, altre volte sono animali. Spesso entrambi. Tra loro aleggia un istinto essenziale. Un angelo necessario. Il fiuto per la vita, la nostra vita, che trasmuta in Anima Mundi.
SULLA CACCIA E LE SUE ANIME
Massimo Maggiari - Charleston, S.C., USA (per Robert Peroni e gli Inuit di Tassilaq)
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