"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 29 luglio 2010

SULLA CACCIA E LE SUE ANIME di MASSIMO MAGGIARI (seconda parte)



Mi permetto dopo questa forte testimonianza di Robert Peroni di fare un paio di riflessioni sulla caccia, le sue modalità, e i suoi arcaici agganci al sacro. Si rifanno alla lettura di un libro di David Petersen su questa tematica e a diversi studi antropologici (Rane Willerslev) dedicati allo sciamanesimo nel suo contesto naturale. La caccia per il sostentamento della propria comunità non è pervasa da brama di trofeo. In questo contesto è necessario uccidere un animale per vivere. Non ci sono scuole dove apprendere o posti di lavoro dove fare domanda. Non ci sono assegni sganciati dallo stato, aiuti pietosi dalle chiese, ricoveri, ospedali, o semplicemente altra gente a cui rivolgersi. Troviamo (solitamente) un gruppo di umani circondati da una natura invalicabile, sì generosa, ma allo stesso tempo, inflessibilmente severa. L'intera umanità evolve da questo passato selvatico in cui uomini e animali possono entrambi assumere i ruoli di cacciatore o di preda. Ai primordi, vivere significa mangiare o essere mangiati, avvicinando immensamente il mondo animale a quello umano in un comune abbraccio in cui si scambiano morte e vita. Catturare una preda dopo intere giornate di appostamenti, usando mezzi rudimentali, rischiando la propria pelle, è un'azione intensamente reale, dove ci sentiamo profondamente provati. Ma anche vivi, e grati nel cuore! Un'esperienza che risulta ancora oggi in certi angoli del mondo iniziatoria all'età adulta e alle sue responsabilità. La spiritualità animista e le relative pratiche sciamaniche radicano le proprie conoscenze in questo tipo di realtà. Le lunghe attese, le preparazioni meticolose, il controllo delle proprie emozioni, la selezione di luoghi e intenzioni appropriate, portano dritti nel mondo interiore e misterioso dell'anima di un individuo. Il cacciatore conosce bene, anzi benissimo, "da dentro" sia la preda che quel territorio che lo include, e lo sostiene.




Chi caccia non è un osservatore separato dal mondo ma vive la propria dimensione fisica, emotiva, gestuale, nel palpito più intimo. Un minimo segno nel paesaggio viene subito letto in chiave sincronica, e la giusta azione ne segue in modo spesso incisivo. Buona parte dei cacciatori usano tecniche psico-spirituali senza assumere il ruolo ufficiale di sciamani. Possono essere apprese da altri, ma anche imparate dalle mille esperienze fatte nel mondo naturale. Questo uso non è solo adottato per ragioni di interesse personale. Catturare molte prede, o sapere luogo e tempo propizio. Ma viene integrato soprattutto per mostrare rispetto nei riguardi dello spirito degli animali. Una breve preghiera, accompagnata da un sincero ringraziamento per il loro sacrificio, un piccolo obolo del cibo preferito, e l'animale troverà più facilmente la via dell'oltretomba e quanto prima si reincarnerà per tornare ad offrirsi al cacciatore. Ed è proprio qui che scopriamo il più sorprendente paradosso. In questa visione del mondo è proprio l'animale ad offrirsi al cacciatore. A sceglierlo: per essere la sua preda. A chi lo insegue spetta solo di riconoscerlo. Dargli il dovuto rispetto. Offrire la conferma di un rinnovato destino. Non c'è né brutalità né astio ma solo compassione reciproca per una condivisa vocazione alla morte e alla vita.




Auguro a Robert Peroni di riuscire nella difficile impresa che tanto ricorda quella compiuta dalnorvegese Nansen per la croce rossa. In questo mondo che sta cambiando così velocemente, le popolazioni indigene devono essere protette e comprese come una specie in estinzione. E' importantissimo. Prioritario, anche per noi. Per le nostre vite. Questo loro retaggio arcaico (ancora vissuto) è conoscenza della natura e del territorio. Ma non dimentichiamolo, è anche contatto diretto con l'anima. E con quelle esperienze primordiali come la caccia che poi metabolizzate in simboli da sempre ispirano l'umanità a crescere. Carl Gustav Jung nei suoi studi del profondo, dei sogni, ce lo ha rammentato mille volte: l'anima è antica, la costruzione del nostro domani è antico. Archetipo, impronta originaria, che appartiene a tutti. Sfogliate "Il libro Rosso" di Jung, appena pubblicato, sfogliatelo lentamente. Scandite con occhio attento le illustrazioni di questo suo testamento spirituale. Le figure dell'inconscio sono descritte ovunque, miniate in colori vivaci. Spiccano come grida. A volte sono umane, altre volte sono animali. Spesso entrambi. Tra loro aleggia un istinto essenziale. Un angelo necessario. Il fiuto per la vita, la nostra vita, che trasmuta in Anima Mundi.




SULLA CACCIA E LE SUE ANIME
Massimo Maggiari - Charleston, S.C., USA (per Robert Peroni e gli Inuit di Tassilaq)
.

lunedì 26 luglio 2010

I “DUE” LAGHI DI ANNONE (SECONDA PARTE)

panorama del lago di Annone dal monte Cornizzolo

Al di là della vegetazione rigogliosa delle rive si estendono alcuni paesi dal notevole patrimonio storico e artistico, come Annone, Civate, Isella, Sala al Barro e Oggiono, la cui origine viene fatta risalire all’epoca romana. Tutte queste località meritano una visita.


Chiesa di San Giorgio ad Annone

Annone per la chiesa di San Giorgio sormontata da un campanile romanico, il cui presbiterio è affrescato dal Maestro della Pala Sforzesca di Brera, oltre che per la chiesa della Madonna del Rosario, con tre navate e capitelli ionici, opera del Bovara. A Civate spicca il complesso monastico benedettino, fondato nell’ottavo secolo, con la chiesa di San Calogero nel borgo; ma merita sicuramente una visita la basilica di San Pietro al Monte (fondata verso l’anno 700) posta a mezza costa sul monte Cornizzolo: da lì si può godere di una bellissima vista sul lago di Annone e sulla Brianza.


Basilica di San Pietro al Monte

Il centro maggiore è Oggiono, separato dal lago da una morena alberata. Sulla piazza Sant’Eufemia si affaccia la chiesa plebana, dove è conservato un polittico di Marco d’Oggiono, discepolo di Leonardo da Vinci; l’altare neoclassico è opera del Bovara e di Pompeio Marchesi, gli affreschi di Andrea Appiani. All’esterno si innalza il campanile dal basamento di epoca romanica; a fianco il battistero con affreschi del Cinquecento. Non molto lontano dal centro storico di Oggiono, in riva al lago presso la località Bagnolo, ci si imbatte negli edifici di vecchie filande, segno dell’intensa produzione del baco da seta che caratterizzava l’intera Brianza fino a mezzo secolo fa.


Località Bagnolo
.

giovedì 22 luglio 2010

LA ROTAZIONE DEL TRONCO



Ruotando il corpo quando si pagaia, si mettono in azione i grandi muscoli del tronco, attenuando lo sforzo esercitato dai muscoli delle braccia e delle spalle. La rotazione del corpo è un elemento chiave per un’adeguata tecnica di pagaiata. La rotazione del busto fa si che i larghi muscoli del dorso facciano la maggior parte del lavoro, togliendo la pressione dai piccoli muscoli del braccio e proteggendo le spalle da potenziali lussazioni.





Quando si affonda la pala in acqua per iniziare una pagaiata in avanti, ruotate il busto da quella parte. Per esempio, se pagaiate sulla destra, allungate il braccio e la spalla destra più avanti possibile, girando il busto sulla sinistra. Mentre si completa la pagaiata ruotate il tronco, mantenendo le braccia dritte e ruotandole sino a quando il busto è torto sulla destra. Tale movimento va interrotto quando la mano che sta in alto raggiunge la linea mediana del kayak.




Mentre si ruota il tronco si deve spingere con il piede destro per aiutare la spinta del kayak in avanti. A questo punto si è nella posizione per iniziare una nuova pagaiata sulla sinistra, ovvero si è girati con il busto a destra pronti per una rotazione dello stesso a sinistra. Quando si saprà eseguire alla perfezione il movimento, è garantito che si userà di più il tronco riducendo lo sforzo globale nella pagaiata.



.

lunedì 19 luglio 2010

I T A L I A M M A S S A L I K


E' con molto piacere che appoggiamo dal nostro blog il progetto ItaliAmmassalik, che vede coinvolto in prima persona l'amico Ottorino Tosti.
Un progetto per la realizzazione di interventi di promozione territoriale, di immagine e comunicazione, di conoscenza del territorio, finalizzati allo sviluppo del turismo, e alla valorizzazione del patrimonio culturale tradizionale della comunità dei villaggi del distretto di Angmagssalik - Groenlandia orientale, che garantiscano alla popolazione locale il diritto di progredire nel mondo moderno con fiducia e autostima, rinsaldando i legami con la propria terra, le proprie tradizioni, i propri usi e i propri costumi.
Ci auguriamo che ItaliAmmassalik abbia un buon successo e contribuisca a sviluppare un numero sempre maggiore di turisti consapevoli e sensibili, perchè noi crediamo in un "turismo risorsa" per gli Inuit che vivono in questi posti straordinari, un turismo che c'è ma non si vede, che non saccheggia e deturpa le risorse naturali...un turismo che piace ed è praticato da sempre da chi ama il kayak... nella speranza di poter presto pagaiare in quelle acque in compagnia di una guida Inuit.
Seguite gli sviluppi del progetto sul sito
ItaliAmmassalik.
.

LIBRI – IL PIAN D’ERBA E I LAGHI BRIANTEI



Il quarto volume della collana ViviBrianza affronta la zona interessata dai laghi briantei, subito a Sud del grande Lario, che senza ombra di dubbio possiamo considerare l’area più affascinante di tutta la Brianza, ricca com’è di richiami ambientali, storici, culturali e turistici. I laghi di Annone, Pusiano , Alserio, Montorfano e Segrino costituiscono le perle della Brianza settentrionale, insieme alla località che vi si affacciano e che spesso hanno saputo conservare una dimensione urbanistica e umana fortunatamente ancora lontana da quella dei centri più importanti della Brianza centrale e meridionale. Attorno a questi laghi si verifica un felice e raro incontro tra ambiente, storia e cultura. Le peculiarità ambientali e naturalistiche sono protette e valorizzate dal Parco Regionale della Valle del Lambro, della riva orientale del lago di Alserio e del Sasso Malascarpa. Infiniti sono anche i richiami storico-culturali giunti a noi con gli innumerevoli echi di poeti e scrittori che amarono, e cantarono questi paesaggi sospesi tra l’acqua, la montagna e il cielo.
.
TITOLO: Il Pian d’Erba e i Laghi Briantei – volume n.4 ViviBrianza
A CURA DI: Giorgio Mauri
EDITORE: A.G. Bellavite
96 pagine - EUR 7,00
.

giovedì 15 luglio 2010

LA CANAPIGLIA, L’ANATRA IN TIGHT



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, uccelli acquatici conosciuti come anatre. E’ inclusa nel gruppo delle “anatre di superficie”, che immergono la testa solo per nutrirsi, senza andare sott’acqua completamente. Il suo nome scientifico è Anas strepera. Di dimensioni medio-grandi (lunghezza del corpo tra i 46 e i 56 cm). Il maschio ha un elegante “abito” grigio con l’estremità posteriore nera e una macchia bianca sulle ali, evidente sia in volo che da fermo. La femmina è marroncina, simile a quella di altre specie di anatre di superficie, ma con specchio marrone e quindi poco visibile rispetto alle altre penne dell’ala; inoltre l’addome è bianco e non marrone (come invece in Codone e Germano). Molto elegante nel portamento e nel nuoto, ha un volo molto agile ma poco lineare, con scarti bruschi e rapidi battiti d’ali. Gli stormi in volo hanno una formazione disordinata. Si osserva spesso in gruppi misti con germani reali.





Sia nella stagione riproduttiva sia in inverno, evita il mare e le acque salmastre e turbolente, preferendo specchi d’acqua aperti, con fondali bassi e ricchi di vegetali, che costituiscono il suo nutrimento principale. Nidifica a terra, a non oltre 20 metri dall’acqua. Si alimenta nuotando in superficie, anche di vegetazione estirpata da altre specie. In alcune zone del suo areale riproduttivo, la Canapiglia nidifica all’interno di colonie di gabbiani e sterne.





In Europa nidifica alle medie latitudini della zone temperate e mediterranee. L’areale di svernamento interessa tra l’altro, l’Europa centro meridionale e il nord Africa. In Italia è soprattutto una specie migratrice e svernante, specialmente nelle zone umide dell’Adriatico, dove pure sono presenti limitate popolazioni nidificanti. In Lombardia si osservano su fiumi e laghi, le maggiori concentrazioni sul lago di Mezzola, nella valle del Ticino, sul basso corso di Adda e Mincio.



.

lunedì 12 luglio 2010

SULLA CACCIA E LE SUE ANIME di MASSIMO MAGGIARI (prima parte)

Robert Peroni

Poco prima dello scorso Natale si è tenuto a Lerici in sala consiliare un incontro con un insolito personaggio: l'esploratore alto-atesino Robert Peroni. Questa opportunità è materializzata grazie alla generosa collaborazione con il poeta-filologo Angelo Tonelli, lo stesso Comune e l'Associazione
Arthena. Ho detto insolito, perché questo signore oramai distinto e attempato, viene da un luogo lontano e difficile da raggiungere, persino da immaginare nella recente stagione invernale, ovvero la costa est della Groenlandia. Peroni risiede infatti a Tasiilaq dove ha creato da molti anni un centro per l'eco-turismo. In questa struttura di accoglienza questo signore di Bolzano può ospitare oltre una sessantina di persone offrendo dell'ottimo cibo e uno spartano ma dignitoso alloggio. Durante l'intera stagione, che ha il suo picco nei mesi estivi, il centro dà lavoro a circa centoventi nativi Inuit. Una bella quota visto che la popolazione locale conta su un censo di circa tremila persone. Ma il nostro ospite non solo transita in Liguria per raccontare la propria esperienza, del resto singolare, se non quanto per lanciare un grido disperato, infiammato da un tono di allarme e di sfida.

GLI INUIT STANNO MORENDO. DOBBIAMO AIUTARLI A CONTINUARE A VIVERE!


Tasiilaq

Lassù nel grande Nord, i cacciatori sono oggi preda di associazioni (in prima fila Greenpeace) che proteggono animali e natura dall'uomo e dai suoi mali moderni. Purtroppo quegli uomini dai modi antichi non potendo più cacciare e vendere le pelli di foche, e sentendosi inutili, commettono l'atto tragico di uscire dal mondo. Giorno dopo giorno i loro nomi svaniscono dall'orizzonte. Un appello drammatico a cui qualcuno non risponde più a ogni alba. "Si tagliano la gola col coltello da caccia" Peroni è chiaro su questo punto, se qualcosa non cambia subito, entro l'estate del 2012, rimarranno ancora solo poche centinaia di Inuit nel villaggio di Tasiilaq. E' dunque necessario che i governi, le associazioni ambientaliste e gli Inuit dialoghino per trovare un comune accordo, e una visione più inclusiva del punto di vista nativo. L'esploratore commuove il pubblico con un aneddoto che chiaramente evidenzia le aspre condizioni in cui versano questi uomini dei ghiacci. "In autunno un cacciatore di un villaggio costiero mi ha invitato al suo insediamento. Ho accettato l'invito e dopo i soliti preparativi ci siamo messi in viaggio con la lancia a motore. E' un viaggio lungo, che impiega quasi un'intera giornata. A un certo punto, l'Inuit, avendo scorto a distanza la testolina di una foca, mi ha passato la guida del motore pregandomi di aiutarlo a catturare l'animale. Alla richiesta ho superficialmente detto di sì, mentre dentro al cuore facevo il tifo per la foca. Speravo che sparisse. La facesse franca. E così fu. La piccola voce pacifista e ambientalista che mi affiorava dentro aveva vinto. Arrivati al villaggio, ho incontrato una decina di persone sulla spiaggia. C'erano nel gruppo dei bambini, e anche degli anziani. Sorridevano al primo sguardo, quella mia visita aveva spezzato la consueta routine. Purtroppo all'ora di cena, si svelò la terribile verità. Da una mano all'altra, passavano una lunga lisca di un pesce che era oramai stata
quasi totalmente spolpata. Scoprii allora che quella gente non aveva mangiato, veramente mangiato, da giorni. Nessuno di loro confidava un lamento. Solo un occasionale sorriso feriva il silenzio dalle labbra. Allora capii. Capii da dentro, che il mio semi-conscio boicottaggio della cattura alla foca, aveva avuto un diretto impatto su quello scoglio di sperduta gente. Avevo portato loro la FAME. Fame che adesso condividevo anch'io, e che al secondo giorno già non sopportavo più. Trovata per caso una barretta di cioccolato in una tasca della giacca a vento, me la mangiai di nascosto. Anche se la fame ritornò inesorabile dopo qualche ora. Mangiava lo stomaco e il cuore. Non mi restò che agire. Avviai il motore della lancia per tornare a Tasiilaq. Andavo a prendere qualcosa da mangiare per quella povera gente. Mi ci vollero giorni per andare e ritornare. Al mio ritorno le pance erano ancora più vuote (dopo un'intera settimana), ma c'era ancora un occasionale sorriso su quei volti e il consueto inscrutabile silenzio."


donna inuit di Tasiilaq
SULLA CACCIA E LE SUE ANIME
Massimo Maggiari - Charleston, S.C., USA (per Robert Peroni e gli Inuit di Tassilaq)
.

giovedì 8 luglio 2010

I “DUE” LAGHI DI ANNONE (PRIMA PARTE)



Non è difficile individuare su una carta geografica della Lombardia il laghetto di Annone. Il punto di riferimento è la fascia morenica compresa tra i due rami del Lario (ramo di Lecco e ramo di Como). Qui le ultime grandi glaciazioni hanno lasciato profonde tracce, tra cui la sequenza dei tre piccoli laghi di Annone, di Pusiano e di Alserio, incastonati come perle nel verde all’inizio della Brianza.



Al lago di Annone fanno da sfondo alcune delle più celebri montagne lombarde, le Grigne e il Resegone, mentre è contornato dalle cime del monte Barro, dei Corni di Canzo e del Cornizzolo, dalle cui pendici, nelle terse giornate di vento, si gode una vista che spazia fino alle creste dell’arco alpino piemontese dell’Appennino ligure.





Diviso dalla penisola di Isella, il lago si presenta in due bacini molto diversi tra loro per idrologia e morfologia. Il bacino occidentale, denominato in dialetto “el laghett” o di Annone, si estende su una superficie di 1,7 chilometri quadrati; il perimetro è di circa 6 chilometri, mentre la profondità massima è di dieci metri (la media è di soli quattro). Sull’altro lato della penisola si estende “el laach” o lago “de Ugion”; la superficie è più estesa e raggiunge i 3,81 chilometri quadrati, mentre la lunghezza della costa arriva a circa nove chilometri; la profondità media è di sei metri, con una punta massima di undici.




Sia pure di scarsa portata, alcuni affluenti assicurano il carattere perenne dello specchio d’acqua, alimentato da sorgenti sul fondo o dai pluviali dei monti circostanti. L’unico emissario è il Rio Torto, che dopo un breve percorso si immette nel ramo di Lecco del Lario: un tempo lungo il rio c’erano alcuni mulini, segno che la portata dell’acqua doveva essere maggiore dell’attuale. In realtà alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso il livello del lago è stato abbassato per consentire la realizzazione della superstrada Milano-Lecco. Non mancano di far sentire la loro presenza i numerosi insediamenti sul territorio circostante: sempre negli anni Sessanta si è reso necessario canalizzare alcuni affluenti perché ritenuti fonti di inquinamento, e si è ridotta in questo modo la loro portata.



.
Foto di Riccardo Agretti e Kayatrek (INUIT DEL LARIO)
.

lunedì 5 luglio 2010

DIVERTIMENTO IN SICUREZZA (seconda parte)



La sicurezza non è però legata solo all’azione, è anche qualcosa di teorico, qualcosa che può e deve essere studiato a tavolino. Ad esempio, bisogna sapere se il nostro kayak è adeguato alla situazione che vorremmo affrontare. Lo stesso discorso vale per l’equipaggiamento: sarà necessario avere con sé tutto quello che occorre, anche se probabilmente durante le prime uscite non sarà così facile fare una scelta opportuna. Per esempio, dovremmo sempre avere stivato del materiale che può esserci utile: giacca d’acqua, guanti, cappello, un ricambio asciutto, eccetera.





Quando ci saremo infine preparati adeguatamente, dovremo considerare altri fattori: la conoscenza del mare o del lago, di come si fa a navigare, le caratteristiche e le condizioni meteo specifiche di quel luogo. Non solo, dovremo conoscere le leggi, fare riferimento alla Marina Mercantile di competenza, sapere ciò che è consentito e ciò che non lo è.





Forse sommando tutti questi fattori ci si potrebbe spaventare. Questo non avverrà se farete vostro un piccolo consiglio: la gradualità. Agendo con gradualità vi ritroverete ad aumentare il vostro bagaglio di conoscenze senza ritrovarvi in affanno e senza dover affrontare situazioni al di sopra delle vostre possibilità. Dovete assicurarvi il divertimento in sicurezza; pertanto affrontate le situazioni con gradualità.


.

giovedì 1 luglio 2010

LIBRI – LA VALLE DELL’ADDA



Questo volume è un affascinante viaggio lungo l’Adda emissario (da Lecco a Cassano d’Adda), un fiume che può ancora vantare intorno a sé l’esistenza di una natura e di un paesaggio di irripetibile bellezza. L’Adda sembra quasi abbia scelto di essere non solo un fiume bello da vedere, ma anche utile, un fiume generoso dal quale trarre risorse e potenzialità. Sembra così aver ispirato e stimolato l’operosità, l’ingegno e l’iniziativa della gente che abita lungo le sue rive, che con l’acqua ha costruito un dialogo cominciato in epoche remote. Gli argomenti trattati, che riguardano il fiume che esce dal Lario, sono vari: geografia, storia, aspetti caratteristici (le cascine e i nuclei rurali, le chiese, le ville, le fortificazioni, le ville) , la gastronomia, il Parco Regionale Adda Nord e i sui aspetti naturalistici, l’Adda nella letteratura, i Navigli, l’archeologia industriale, gli sport praticati e alcuni itinerari consigliati per visitare la valle dell’Adda.
.
TITOLO: La Valle dell’Adda – volume n.5 ViviBrianza
A CURA DI: Domenico Flavio Ronzoni
EDITORE: A.G. Bellavite
96 pagine - EUR 7,00
.