"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

mercoledì 31 dicembre 2008

RIPENSARE IL PROGRESSO - PARLANO GLI INUIT

I popoli del Grande Nord sono stati tra i primi a denunciare il cambiamento climatico rivendicando fortemente a livello locale e internazionale un ruolo primario nel dibattito e nella definizione di politiche che riguardano proprio il clima. Testo di Maurizio Torretti.


In particolare, la sfida degli Inuit canadesi non è quella di fermare il progresso, ma di ripensarlo sotto il segno di un nuovo e più equilibrato rapporto con l’ambiente naturale. Da undici anni è questa la missione di Sheila Watt-Cloutier, ambientalista e attivista canadese per i diritti delle popolazioni Inuit candidata al premio Nobel per la pace. Alcuni giorni fa lo hanno ricordato a Roma anche gli Inuit Jeela Palluq, esperta di lingua Inuktitut, e Jobie Weetaluktuk, scrittore, giornalista e produttore cinematografico, nel corso di una conferenza organizzata dall’Ambasciata del Canada per favorire una maggiore conoscenza nell’opinione pubblica della cultura Inuit e dei problemi climatici da cui è minacciata. Non è un mistero, infatti, che oggi sia proprio l’Artico il barometro per l’ambiente globale, il misuratore degli effetti nefasti del cosiddetto global warming.“Ormai stanziale dal 1970, quella degli Inuit è una cultura in piena trasformazione che vive in equilibrio tra cambiamento e progresso, tradizione e modernità” hanno affermato i due ospiti Inuit “è una società solidale ed egualitaria, ancorata ai valori tradizionali che sono sopravvissuti alle influenze esterne, ma sradicata dal sistema di vita nomade che un tempo la caratterizzava e che si svolgeva in terre vastissime al limite dell’esistenza umana in un perfetto equilibrio fra natura e ambiente”. Una cultura che vive oggi nell’incertezza di un futuro condizionato dal problema di un’atmosfera sempre più satura di Co2 e dai rischi connessi alle future scelte economiche delle nuove potenze.


Lo scioglimento dei ghiacci e l’impatto sull’ecosistema artico minacciano direttamente quarantamila Inuit canadesi e quel che resta degli stili di vita tradizionali sopravvissuti al progresso. Anche se negli ultimi anni le autorità canadesi hanno dato il via a numerose iniziative a favore degli Inuit con investimenti e normative più efficienti per la salvaguardia delle culture autoctone e degli immensi spazi polari, la grande preoccupazione del popolo Inuit resta la vulnerabilità delle loro comunità e la precarietà della loro economia di base di fronte alla minaccia del cambiamento climatico. “ Nella nostra cultura gli anziani interpretavano i segnali della natura per capire quando e come pescare o cacciare. Oggi il clima è impazzito e non è più possibile fare previsioni di nessun tipo” ha ricordato Jeela Pallug. L’innalzamento del livello del mare, il disgelo del permafrost (lo strato di terra ghiacciata che oggi a causa dell’innalzamento delle temperature sta sprofondando), gli iceberg alla deriva, la scomparsa delle vie di comunicazione che collegano le varie comunità, l’ erosione delle coste, le mareggiate violentissime, le migrazioni “impazzite” di animali e uccelli non più scansionate dai ritmi biologici, sono soltanto alcuni dei fenomeni evidenziati nel corso dell'incontro con Jeela Palluq e Jobie Weetaluktuk, i quali hanno sottolineato che quello del global warming è un problema che non investe soltanto la vita degli Inuit ma si tratta un'emergenza di dimensioni più vaste che riguarda l’intera comunità internazionale. Rispetto a questa e ad altre delicate questioni che riguardano gli abitanti dell’Artico – enorme potenziale del futuro canadese - e affinché essi continuino ad avere un ruolo importante nel futuro della regione circumpolare sia localmente che a livello internazionale, il Canada, ha promesso che continuerà a lavorare strettamente con i sei gruppi indigeni internazionali che sono membri permanenti del Consiglio Artico, tra cui il Consiglio Circumpolare degli Inuit.

lunedì 29 dicembre 2008

ANCHE UN LAGO PUO’ AMMALARSI?

Alto LarioE’ noto a tutti che esistono differenze di pescosità fra diversi laghi, così come un terreno agricolo, a parità di superficie, può produrre una quantità maggiore di ortaggi di un altro. La maggiore o minore produttività di un lago, esattamente come avviene per il campo, deriva soprattutto dalla quantità di sali nutritizi (composti del fosforo e dell’azoto in particolare) disponibili, che nel caso di un bacino lacustre si trovano disciolti nell’acqua dopo esservi stati portati dagli affluenti che vi si gettano e la cui quantità viene ovviamente influenzata dalla natura geologica dei terreni circostanti. Se questi apporti saranno abbondanti e se cospicua sarà la disponibilità di luce, ecco che le componenti vegetali, microscopica e macroscopica, potranno svilupparsi in grande quantità, innescando quel processo “a catena” che porterà anche un’abbondante presenza di organismi animali di ogni tipo. Un lago con tali caratteristiche viene denominato eutrofo (dal greco: “con buona disponibilità di nutrimento”), mentre oligotrofo (cioè “con limitata disponibilità di nutrimento”) sarà quel bacino in cui si verifichi la situazione opposta, essendo la disponibilità di sali nutritizi molto ridotta; mesotrofia sarà invece la situazione intermedia fra i due estremi.

Lago di Annone

I processi di demolizione della sostanza organica costituente ogni essere vivente necessitano in prima istanza di microrganismi che se ne prendano carico, nonché di quantitativi di ossigeno proporzionalmente adeguati all’entità di materiale da decomporre. La relazione appena descritta fra sostanza organica e ossigeno ci può far comprendere come in un lago eutrofo la richiesta di tale elemento chimico sia grande, cosicché a una grande produttività del bacino corrisponderà la tendenza dell’ossigeno a diminuire, soprattutto negli strati più profondi. E’ proprio il legame esistente tra livello di “trofia” e consumo di ossigeno che sta alla base dei grossi problemi occorsi a molti laghi lombardi. Anche in condizioni naturali un ambiente lacustre tende di per se stesso a elevare il proprio grado di trofia, a causa soprattutto di una progressiva ritenzione di sali nutritizi che si vengono via via accumulando nei sedimenti di fondo e che, in particolari condizioni fisico-chimiche, vengono ri-liberati nelle acque sovrastanti andando ad alimentare la produttività del lago. Tuttavia tale processo si realizza in tempi così ampi da consentire all’ecosistema lacustre di adattarvisi in maniera graduale e armonica. L’azione negativa dell’uomo nei confronti di molti fra i laghi lombardi è consistita in un’accelerazione dei naturali processi di eutrofizzazione in seguito all’apporto sempre più consistente di materiali organici veicolati da scarichi domestici, zootecnici e industriali. L’intero ecosistema di tali laghi ha risentito inevitabilmente di tali apporti eccessivi andando incontro a trasformazioni tanto vistose quanto negative e disarmoniche, che in uno stadio di estrema eutrofia (ipertrofia) possono assumere carattere di autentica catastrofe ambientale.

Scardola

Alla base di quanto sopra descritto si colloca fondamentalmente uno sproporzionato sviluppo della componente vegetale microscopica, che ha come conseguenza l’aumento dello zooplancton. Quest’ultimo fa da base alimentare per altri organismi, comprese alcune specie ittiche che, quando è in atto un processo di eutrofizzazione, tendono a prendere il sopravvento su altre. Si tratta di pesci che, come la Scardola, sfruttano la propria capacità di vivere in situazioni sfavorevoli, potendo così trarre profitto dalle abbondanti disponibilità alimentari. In questo modo, in un lago in cui la richiesta di ossigeno legata alla demolizione della sostanza organica si fa sempre più grande e pressante e dove quindi questo elemento raggiunge spesso concentrazioni limitatissime, le specie ittiche più sensibili scompaiono, dando ancora più spazio ad animali rustici come la Scardola ed altri ciprinidi, che diventano nettamente dominanti. Allorquando le ultime riserve di ossigeno delle acque lacustri profonde si sono esaurite, ecco che la demolizione sempre più abbondante sostanza organica, non più realizzabile a opera della flora batterica aerobica, viene a essere effettuata da una subentrante flora batterica anaerobica, ossia non necessitante di ossigeno, con produzione finale di composti chimici tossici quali l’ammoniaca e l’idrogeno solforato. Ma un ecosistema lacustre non può sopravvivere al lungo impunemente in un tale stato di compromissione: quasi in un estremo tentativo di sopravvivenza esso reagirà con crisi incontrollabili cercando di liberarsi dall’eccessivo carico vivente che lo opprime. Ecco iniziare allora le morie di pesci, prima i più sensibili poi, via via, gli altri, fino a giungere alla catastrofiche stragi di Scardole più volte ripetutesi in alcuni laghi briantei negli anni passati. Il triste, ripetitivo spettacolo di migliaia di pesci a pancia all’aria è valso a sottolineare, seppur tardivamente, l’irresponsabilità del comportamento umano e al tempo stesso la necessità di dar luogo, finalmente, a risolutivi interventi di risanamento, che allo stato attuale non sono comunque stati ancora compiutamente definiti.

Lago di MezzolaSia chiaro che non tutti i laghi della zona lariana presentano la drammatica situazione sopra delineata. Il lago di Montorfano e il lago di Al serio ad esempio hanno mantenuto (il primo) e recuperato (il secondo) una più che accettabile qualità delle acque. Lo stesso Lario dà segnali di miglioramento ormai da tempo e consente previsioni molto ottimistiche circa il recupero delle caratteristiche che gli sono naturalmente proprie. Sul lago di Annone, invece, è in atto un piano di risanamento della qualità delle acque. Una visione generale dello stato di salute dei laghi lariani è riportata nella seguente tabella, che confronta per ciascuno di essi la situazione trofica attuale con quella originaria.

mercoledì 24 dicembre 2008

BUON NATALE!!!

Tanti auguri a tutti gli Inuit del Lario e a tutti quelli che ci seguono sul nostro Blog!!!

Buon Natale a chi ama il kayak da mare, a chi ama la natura, a chi ama l’amicizia!
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lunedì 22 dicembre 2008

IL KAYAK DA MARE: DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

Il kayak ha visto i suoi natali nel mare. Le popolazioni indigene dell’Artico, costrette a vivere per millenni in un ambiente talmente ostile da essere immaginabile per l’uomo moderno, riuscirono a inventare e perfezionare una barca tanto agile e silenziosa che permise loro di procacciarsi il cibo e di sopravvivere nel tempo fino ai giorni nostri. L’unicità di questa imbarcazione era e rimane il fatto di essere il solo natante che, una volta capovolto, permette al suo equipaggio, il kayaker, di recuperare la posizione con una manovra che non ne prevede l’uscita dallo scafo. Quest’ultima peculiarità assume un’importanza fondamentale là dove la temperatura dell’acqua e dell’aria sono estremamente rigide.

Gino WatkinsLa diffusione del kayak in Europa è da attribuirsi ai primi esploratori che agli inizi del Novecento s’inoltrarono nel Grande Nord. La prima descrizione degli skin on frame, i telai rivestiti di pelle, e di una dozzina di diverse manovre di tecnica risale al lontano 1700 e si trova in uno scritto di David Crantz. Alla fine dell’Ottocento Fridtjof Nansen, durante una delle sue memorabili esplorazioni, fu il primo europeo ad entrare in un kayak, dopo che la sua imbarcazione era rimasta intrappolata nei ghiacci. Ma il capostipite del kayak da mare moderno può essere senz’altro considerato Gino Watkins, l’esploratore inglese che nei primi anni trenta del secolo scorso entrò in contatto con la popolazione del fiordo di Ammassalik, dalla quale imparò l’arte di pagaiare. I suoi filmati in bianco e nero rappresentato il punto di partenza della storia del kayak da mare moderno, non più legato indissolubilmente alle genti nordiche, ma utilizzato anche da individui di altre popolazioni.


moderni kayak da mare pronti per un escursioneArrivando ai nostri giorni, l’evoluzione dei materiali, e in particolare l’uso delle fibre composite, ha rivoluzionato tutto il settore, permettendo la produzione dei kayak da mare anche su larga scala. Questa evoluzione ha riguardato i materiali e i criteri costruttivi (con gli innegabili benefici conseguiti nell’ambito della sicurezza e dell’affidabilità dei mezzi), ma non i disegni e le linee, che sono rimasti pressoché inalterati nel tempo.


Eppiluk e Feduk sul Lario

Il kayak da mare ha alle spalle migliaia di anni di storia, e i suoi utilizzatori hanno avuto il tempo per migliorarlo. Questo è dimostrato dalla tendenza, sempre più diffusa nel mondo marino, di riscoprire le pagaie groenlandesi, le remote tecniche legate al loro uso, e di ricostruire i kayak a bassissimo volume in tela e legno. Il kayak da mare può essere considerato una delle imbarcazioni più intelligenti che esistano: è facilmente trasportabile via terra, ha una capienza tale da consentire esplorazioni a largo raggio in completa autonomia, è la barca ecologica per eccellenza e, aspetto non trascurabile, non è soggetta ad alcun tipo di tassazione.

Matilde all'ElbaLa lunghezza di scafo, i ponti rinforzati, le cime passanti sulla coperta, i pozzetti facilmente svuotabili in alto mare, la presenza di gavoni stagni (che significa inaffondabilità del kayak) e le pompe di sentina, sono le caratteristiche principali che al, al momento, differenziano i kayak da mare dagli altri più agili modelli, usati soprattutto in acqua dolce (kayak da velocità o da torrente). Queste caratteristiche lo rendono una vera e propria barca che, con la conoscenza delle giuste tecniche di pagaiata e salvataggio, ci consente di fruire dell’ambiente acquatico (mare e lago) con alti livelli di sicurezza e in piena libertà.


Nerrajaq all'Elba

venerdì 19 dicembre 2008

GEOGRAFIA DEI LAGHI BRIANTEI

Panoramica dei laghi briantei e lariani dal monte CornizzoloNella nostra zona non esiste solo il grande Lario (e i suoi stretti “parenti”: lago di Mezzola, lago di Garlate e lago di Olginate) per andare in kayak, ma ci sono anche dei piccoli laghi, detti Briantei, che non vanno assolutamente trascurati per le nostre escursioni. La cartina (elaborata dal Mauro “KAYATREK” Grillo) può essere sicuramente di aiuto ai lettori di questo blog che non conoscono la geografia lariana.
I rilievi prealpini che fanno da sfondo alla fascia dei laghi di Brianza costituiscono le propaggini meridionali del cosiddetto Triangolo Lariano, un’area geograficamente ben delimitata, compresa tra i due rami meridionali del Lario e tagliata in senso verticale dal primo e ancora selvaggio tratto del fiume Lambro. Notevole è l’interesse geologico di questa zona, caratterizzata da formazioni rocciose sedimentarie Mesozoiche di origine marina. In particolare, l’abbondanza di rocce di natura carbonatica – calcari e dolomie – determina la presenza di rilevanti fenomeni carsici superficiali (doline e campi solcati) e profondi (abissi, grotte e cavità sotterranee).


laghi briantei dal Monte Barro

Anche i ghiacciai quaternari – che a più riprese durante il Pleistocene invasero la zona fino ai confini con la pianura milanese – hanno modellato il territorio con intensi processi di escavazione e abrasione; inoltre, durante il loro ritiro, hanno abbandonato i cumuli di detriti rocciosi da loro trasportati, dando così luogo ai depositi morenici. In particolare nella fascia pedemontanta il paesaggio è spiccatamente caratterizzato dalle dolci ondulazioni delle cerchie collinari moreniche, tra le quali si trovano conche e depressioni occupate da modeste raccolte d’acqua, i cosiddetti laghi Briantei: il lago di Montorfano, l’Alserio, il Pusiano, il Segrino – un poco più a Nord – e l’Annone, distinto nei due bacini di Annone Ovest e Annone est o Oggiono.


tramonto sul lago di AnnoneAl termine dell’ultima glaciazione, i geologi ritengono che il lago di Alserio e quello di Pusiano fossero uniti in un unico specchio d’acqua, forse l’Eupili citato da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) tra i principali laghi lombardi. Infatti, indicando gli emissari, il grande naturalista comasco classificava “…l’Adda dal Lario, il Ticino dal Verbano, il Mincio dal Benaco, l’Oglio dal Sebino, il Lambro dall’Eupili, tutti fiumi convergenti al Po…” (Naturalis Historia). Questo unico lago sarebbe poi stato diviso in due bacini dai sedimenti alluvionali portati dal fiume Lambro all’uscita della Valassina.
tramonto sui laghi brianteiDal punto di vista idrografico, i laghi Briantei appartengono a tre bacini fluviali diversi: il Montorfano al bacino del torrente Severo,l’Alserio, il Pusiano e il Segrino a quello del fiume Lambro; l’Annone al bacino dell’Adda.

laghi briantei dal Monte Barro Foto di Riccardo Agretti e Mauro "KAYATREK" Grillo (Inuit del Lario)

giovedì 18 dicembre 2008

CINEFORUM INUIT


Ho il piacere di invitarvi tutti quanti ad una bellissima iniziativa, nata grazie alla sempre vulcanica Tatiana: il Cineforum Inuit.
Abbiamo pensato di organizzare una serie di serate in cui proiettare film, vecchi e recenti, aventi come argomento principale il mondo degli inuit, il popolo che ha inventato il nostro amato kayak.

Questi i titoli di questa prima rassegna e le date:

-Venerdì 16 gennaio - Nanook of the north - Robert Flaherty - Usa 1922
-Venerdì 13 febbraio - Le nozze di Palo - Knud Rasmussen e F. Dasheim - Danimarca 1953
-Venerdì 13 marzo - Ombre bianche - Nicholas Ray - Italia Canada 1959
-Venerdì 17 aprile - Atanarjuat - The fast runner - Zacharias Kunk - Canada 2001
-Venerdì 15 maggio - The Snow Walker - Charles Martin Smith - Canada 2003

I primi due film sono documentari storici ricchi di informazioni dettagliate ed attendibili sulle tradizioni, abitudini e credenze inuit, gli altri sono film rispettivamente italiano e canadesi che riprendono in chiave un po' romanzata le stesse tematiche...Non sempre è dato vedere i kayak, rare sono le scene di caccia in kayak, ma la rappresentazione della dura vita inuit è sempre molto efficace.

Le proiezioni si faranno presso la sede del Canoa Club Milano, in via al Ponte, 5, a Castelletto di Cuggiono (MI), alle ore 20.45. Ogni film verrà accompagnato da una scheda di approfondimento e alla fine di ogni proiezione ci sarà spazio per una discussione.. e per un rinfresco.

PARTECIPATE NUMEROSI!!!
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mercoledì 17 dicembre 2008

ANATOMIA DEL KAYAK DA MARE

JANAUTICA SEAL Lo scafo di un kayak da mare è generalmente in polietilene o in vetroresina, ma alcuni modelli sono disponibili anche in kevlar o in carbonio. L’estremità anteriore si chiama prua e quella posteriore poppa, la parte superiore coperta, quella inferiore pancia, e quella laterale fianco. Al centro della coperta c’è un’apertura chiamata pozzetto, che serve per consentire al kayaker di sedersi all’interno dello scafo e per fissare il paraspruzzi evitando così che l’acqua entri nel pozzetto in caso di onde oppure in caso di ribaltamento del kayak. Il pozzetto ha generalmente una forma ovale, alcuni a forma di buco di chiave, altri sono molto piccoli e sono detti oceanici. E’ preferibile avere un pozzetto abbastanza grande per permettere agevolmente il rientro assistito o quello con il paddle float ma anche per entrare nel kayak da riva agilmente anche con mare o lago mosso.

VALLEY Q-BOAT Generalmente le estremità del kayak sono dotate di maniglie che servono sia per il trasporto, sia per fissare moschettone e cima di traino durante le operazioni di salvamento di un kayaker in difficoltà. Le dimensioni delle maniglie devono essere tali da permettere una comoda presa senza però consentire il passaggio della mano intera al loro interno, perché se questa rimane incastrata può risultare pericoloso. E’ per questo che sono preferibili le cosiddette maniglie a “T”. Le maniglie devono essere inoltre robuste e avere un carico di rottura di almeno 1.000 chili.

FIBERLINE GENESIS 7000 SSK POSEIDON All’interno dello scafo troviamo il puntapiedi regolabile (a rastrelliera, a pedalina o a piastra); il premicosce che è l’alloggiamento anatomico per la parte interna delle cosce; il sedile che può essere più o meno anatomico ed in qualche modello di kayak è anche regolabile in altezza e in lunghezza. Questi tre accessori servono per trovare il giusto assetto dello scafo rispetto al piano dell’acqua in base alla forma del kayak e al peso e al fisico del kayaker. Dietro al sedile troviamo il poggiaschiena, una cinghia più o meno imbottita e regolabile che serve a sostenere la parte bassa della schiena e aiutare a mantenere la posizione corretta. Alcuni kayak hanno il poggiaschiena rigido, che però non consente al kayaker di regolarlo in base alle proprie esigenze.

NEPTUNIA, XP e POSEIDON La peculiarità però proprie del kayak da mare sono la presenza di una chiglia continua lungo tutto la carena, la prua e la poppa leggermente incurvate verso l’alto, i tientibene che sono delle corde continue lungo tutta la coperta (ad eccezione della zona del pozzetto) che servono per mantenere il contatto al kayak in caso di ribaltamento in acqua mossa e la presenza dei gavoni stagni (alcuni kayak ne hanno tre) che sono delle paratie che rendono il kayak inaffondabile e per mezzo di tappi posti sulla coperta permetto di stivare all’interno viveri ed equipaggiamento vario.

POINT 65° N XP e VALLEY Q-BOAT

lunedì 15 dicembre 2008

COME ANDARE DRITTI IN KAYAK

Eppiluk sul lago di GarlateNella fase di apprendimento della pagaiata in avanti è assolutamente normale trovare difficoltà nel mantenere la direzione del kayak; tutti, anche i più grandi kayaker del mondo, hanno cominciato in questo modo! Non scoraggiatevi: con l’esercizio tutto diventerà semplice e naturale. La prima cosa da imparare non è non andare storti, ma saper correggere prontamente le deviazioni di rotta. Ecco alcuni consigli per imparare più in fretta.

Feduk e Ricky Barone sul lago di GardaScoprire le dinamiche
Per riuscire a mantenere la direzione, occorre capire come il kayak reagisce alle varie sollecitazioni; per fare ciò è molto utile esercitarsi in acqua piatta, senza onde e vento. Con movimenti della pagaia molto lenti e delicati, provate ogni singolo colpo in modi diversi: vicino al kayak o lontano, a destra e a sinistra. Studiate il movimento del kayak che ne deriva e agite di conseguenza. Colpi energici vicini al kayak, anche se apparentemente più efficaci, portano facilmente all’errore, mentre utilizzare la pala lontano dallo scafo aiuta a mantenere la direzione.

Peteraq e Raffy sul lago di GardaIl punto di riferimento
Per mantenere una direzione ben precisa, esiste un metodo eccellente: provate a tracciare una linea immaginaria tra la prua del kayak e un riferimento qualsiasi (un albero o una casa sulla riva, il kayak di un compagno), e cercate di ricondurre il kayak su tale linea ogni volta che tende a cambiare direzione.

Qaqatuq sul lago di GardaLa pagaia come timone
Tutte le imbarcazioni necessitano di un timone, anche quindi il kayak da mare. Anche se secondo il nostro parere il timone non è un accessorio necessario avendo acquisito un buona tecnica di base, nella fase di apprendimento è possibile crearlo attraverso l’uso della pagaia. Un movimento oscillatorio di avvicinamento e di allontanamento della pala dal kayak crea una sorta di timone che aiuta a mantenere la rotta.

Mario e Nerrajaq sul lago di Garda

venerdì 12 dicembre 2008

IL LAGO DI ALSERIO

Il lago di Alserio originariamente formava un unico corpo d’acqua con il lago di Pusiano, in una vasta depressione scavata da una lingua del ghiacciaio wuermiano proveniente dal solco della Valmadrera; i due bacini sono poi stati separati dall’accumulo dei sedimenti alluvionali portati dal fiume Lambro all’uscita della Valassina. Il lago non ha immissari veri e propri, ma è alimentato prevalentemente da sorgenti, infiltrazioni della falda – che affiora sul fondo e sulle rive – e da qualche modesta roggia stagionale. Ha invece un emissario, tributario del Lambro. Incastonato tra il verde delle colline, in un’area fortunatamente ancora non interessata dall’urbanizzazione in modo marcato, il lago di Alserio – forse più degli altri bacini briantei – ha mantenuto un caratteristico fascino selvaggio, quasi inconsueto per un angolo di Brianza.
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Dal punto di vista naturalistico il lago di Alserio riveste comunque un notevole interesse per la presenza di una buona varietà di specie vegetali e animali caratteristiche delle zone umide. La vegetazione che si insedia procedendo dal largo verso le rive coincide con lo schema tipico che si riscontra lungo le sponde dolcemente degradanti degli altri bacini della fascia prealpina. Nel periodo estivo, in alcuni tratti, la superficie del lago ospita le spettacolari fioriture della ninfea bianca e del giallo nannufaro, piante radicate sul fondale e con foglie galleggianti. Avanzando verso la riva compare dapprima una sottile fascia a lisca lacustre, a cui fa seguito il classico Canneto a canna di palude, e, ancora più all’esterno, il Cariceto a carice alta. Alle sue spalle, le azioni di drenaggio e i tagli operati dall’uomo nei secoli hanno favorito la formazione di praterie falciate a nebbia blu. Proprio in questi ambienti, nonostante le modificazioni antropiche, possono essere rinvenute alcune specie rare ed interessanti dal punto di vista conservazionistico: la parnassia, la genziana di palude e i fiocchetti, tutte con carattere di relitti microtermici (cioè legate a microclimi più freddi).
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Per quanto riguarda il popolamento animale, le condizioni eutrofiche del lago hanno condizionato pesantemente gli equilibri tra le specie ittiche, a tutto vantaggio dei Ciprinidi, quali la scardola. Il tratto di palude consente la vita a molte specie di Anfibi e Rettili caratteristici di habitat di questo tipo: la rana verde, il rospo comune, la raganella, la rare rana di Lataste e tartaruga di palude e la più comune biscia d’acqua: la natrice dal collare. Ma il principale interesse faunistico della zona circostante il lago di Alserio è comunque legato soprattutto alla presenza di una notevole varietà di uccelli: sono infatti state censite 64 specie diverse, di cui 54 nidificanti. Tra le specie acquatiche si possono ricordare: lo svasso maggiore – che frequenta le acque aperte, nelle quali si immerge alla ricerca di pesce – e anche la gallinella d’acqua, la folaga, il germano reale, questi ultimi invece più legati alle rive a causa della loro abitudini alimentari prevalentemente vegetariane. Nel fitto dei canneti si possono trovare tipicamente il cannareccione, la cannaiola, la cannaiola verdognola, il migliarino di palude, la salciaiola, il porciglione e il tarabusino. E’ stata rilevata anche la presenza dell’airone cinerino e del falco di palude, probabilmente però non nidificanti. Fino ad una trentina di anni fa circa attorno al lago di Alserio si sono avute segnalazioni della lontra, un interessante mammifero strettamente legato alle acque dolci, ma oggi purtroppo scomparso in gran parte d’Italia.
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Cristiano sul lago di Alserio
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La riva orientale del lago senza dubbio è la parte meglio conservata e naturalisticamente più rilevante. Per tale motivo questa zona è stata dichiarata “Riserva Naturale Orientata” dalla Regione Lombardia ed è stata affidata in gestione al Consorzio Parco Valle del Lambro, in cui tutto il lago è territorialmente inserito. L’area protetta comprende una fascia pianeggiante, attraversata dall’emissario e occupata in gran parte da vegetazione palustre e da prati falciabili e, a meridione, il pendio della collina di Monguzzo, coperto ad un bosco e frassino e a carpino bianco.
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Mony sul lago di Alserio

Il lago di Alserio in cifre.
Altitudine media: 260 m. slm
Superficie: 1,228 kmq.
Perimetro: 5,02 km.
Profondità media: 5,34 m.
Profondità massima: 8,1 m.
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Le foto sono dell’amico Riccardo Agretti e di Eppiluk.
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martedì 9 dicembre 2008

L’USIGNOLO DI FIUME, L’IMPRONTA VOCALE DEL CANNETO

Il suo canto melodioso ci fa compagnia durante le nostre uscite in kayak primaverili sul lago di Garlate. Appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Sylviidae, uccelli in genere di piccola taglia che si nutrono prevalentemente di insetti. Il suo nome scientifico è Cettia cetti. E’ un uccello di piccola taglia, lungo meno di 14 cm. Le parti superiori sono color nocciola, senza striature; inferiormente è biancastro in modo uniforme. Ha una evidente striscia oculare bianca. La coda è larga e arrotondata. Il becco è sottile e appuntito, le zampe chiare. Molto schivo, è più facile da sentire che da vedere. Ha un canto articolato (simile a quello dell’Usignolo) in cui la prima frase è diversa e distinguibile per ogni maschio.


Vive in habitat con vegetazione bassa, solitamente vicino ai corsi d’acqua, laghi, canali, fossati, paludi, canneti. Nidifica tra il livello del mare e i 1000 m., più comunemente al di sotto dei 500 m. di quota, soprattutto nel nord del suo areale. Il nido viene costruito nella vegetazione ad un’altezza dal suolo non superiore al metro. La dieta è costituita da insetti ma altri invertebrati possono contribuire a integrarla. I semi rappresentano un alimento importante nel corso dell’inverno. E’ principalmente sedentario e in Lombardia è ampiamente diffuso in tutta l’area planiziale. La dinamica di popolazione di questa specie residente è fortemente influenzata dall’andamento climatico invernale: in alcuni casi infatti, in Lombardia sono stati registrati decrementi anche del 75%.

sabato 6 dicembre 2008

ASSOCIAZIONE SOTTOCOSTA


E’ una Associazione a livello nazionale nata nel 2001, senza fini di lucro, con lo scopo di promuovere la cultura e la diffusione del Kayak da Mare. E’ composta da praticanti, Istruttori e Guide Marine qualificati e riconosciuti dalle Federazioni di canoa e kayak e da Enti di Promozione Sportiva ed opera su tre aree fondamentali: struttura organizzativa, formazione e costante sviluppo tecnico, Club dei Soci.

Struttura organizzativa

Consiglio Direttivo
Promuove iniziative atte alle diffusione dei kayak da mare sia per gli aspetti tecnici che organizzativi.

Commissione Nazionale di Istruzione
Definisce le attività di formazione dei Tecnici, Istruttori e Guide Marine:
- programmi di istruzione
- regolamenti tecnici
- corsi ed esami
- selezione e preparazione per i Formatori

Collegio Insegnanti
Verifica ed elabora gli aspetti tecnici dell’attività

La formazione

La formazione è tra le attività principali: ai pagaiatori viene proposto un programma in tre corsi fondamentali mentre gli Istruttori e le Guide Marine sono formati, certificati e aggiornati con specifici programmi ad essi dedicati.

Club dei Soci

Al Club aderiscono tutti gli appassionati cui competono:

diritti
- partecipare alle attività promosse dall’Associazione
- ricevere la tessera assicurativa della Federazione Italiana Canoa Turistica (FICT)
- ricevere il periodico “Pagaiando” della FICT
- accedere al sito di Sottocosta e fornendo contributi di esperienze personali con scritti e fotografie
- disporre di una casella di posta elettronica sul sito

doveri
- diffondere la cultura del kayak da mare con particolare riferimento alla “sicurezza”
- consapevolezza delle proprie capacità e dei limiti in relazione all’ambiente
- tendere a migliorare la propria capacità tecnica accettando consigli dai tecnici presenti agli incontri

L’Associazione Sottocosta ha sede in Via della Rena, 50 – 00069 Trevignano Romano (RM) – www.sottocosta.it
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giovedì 4 dicembre 2008

IL LAGO DI MONTORFANO

E’ il più piccolo dei laghi della Brianza, la cui origine è dovuta all’escavazione glaciale di una conca successivamente sbarrata dal materiale morenico abbandonato dal ghiacciaio al suo ritiro, nelle fasi finali dell’ultima glaciazione Pleistocenica (circa 15.000 anni fa). Il lago non ha immissari, ma viene alimentato prevalentemente da sorgenti dovute all’affioramento della falda e da qualche modesto ruscello stagionale che scende dalle alture circostanti. L’emissario, il Rivo del Molino, si getta nella Roggia Lubiana, affluente secondario del Seveso. A differenza degli altri bacini della Brianza, la qualità delle acque si è mantenuta relativamente buona, tanto che questo lago è considerato uno dei più puliti della Lombardia.

Lo specchio d’acqua e la zona circostante sono caratterizzati da una serie di ambienti naturali, popolati da una ricca varietà di animali e vegetali. La fauna ittica comprende specie di notevole interesse come, il luccio, il pesce persico, la tinca, la carpa, l’anguilla e il raro ghiozzo, recentemente segnalato per la prima volta. La vegetazione acquatica è tipicamente costituita da piante completamente sommerse – come il millefoglie d’acqua e la naiade marina – e da piante con foglie galleggianti, tra cui le ninfee, particolarmente suggestive con i loro fiori bianchi estivi, e le castagne d’acqua, dal caratteristico frutto spinoso. Un fitto canneto, con canne di palude e tife, circonda quasi completamente il lago e costituisce un rifugio per molti uccelli, sia stanziali che migratori come il germano reale, la gallinella d’acqua, il tarabusino, la cannaiola, il martin pescatore. Nelle zone paludose, tra le canne, sono state segnalate inoltre la rara tartaruga di palude e varie specie di anfibi. Una fascia boscosa, formata in prevalenza da ontani, castagni, betulle e robinie, cinge a sud-ovest la conca lacustre, creando una suggestiva cornice allo specchio d’acqua.

Alcune curiosità sul lago di Montorfano.
- Secondo una leggenda, il lago di Montorfano si sarebbe originato dalle lacrime del piccolo monte Orfano che piangeva perché, dopo la formazione della catena alpina, si era trovato abbandonato, lontano dagli altri monti lariani. Nel bacino d’acqua così formato, l’infelice altura, specchiandosi, poteva vedere un altro monte simile a sé, sentendosi finalmente meno sola.
- Per proteggere i delicati equilibri di un ambiente ancora così ben conservato, nel 1984 è stata istituita la Riserva Naturale del Lago di Montorfano.

Il lago di Montorfano in cifre.
Altitudine media: 396,6 m. slm
Superficie: 0,459 kmq.
Perimetro: 2,67 km.
Profondità media: 4,15 m.
Profondità massima: 6,75 m.
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lunedì 1 dicembre 2008

PAGAIARE IN SICUREZZA

Per praticare l’attività sportiva con il kayak da mare, la SICUREZZA è alla base di tutto, dalla preparazione tecnica e teorica, alle pratiche di auto-salvamento e in navigazione. E’ notoriamente provato che la tecnica “fai da te” non ripaga, anzi fa si che errori di impostazione non si riescano più ad eliminare a scapito della pagaiata, del controllo del mezzo, il kayak, e della sicurezza in acqua. E’ essenziale quindi frequentare un corso di kayak (base, avanzato o di perfezionamento) e questo invito non è rivolto solo ai principianti ma anche agli esperti che intendono migliorare le proprie capacità. Ciò per accrescere ed approfondire le conoscenze e gli innumerevoli aspetti che regolano questo sport amatoriale, consentendo inoltre di vivere l’ambiente in assoluta “sicurezza” e non è poco!
Gli argomenti trattati in un corso di kayak sono i seguenti:
- storia e caratteristiche dei kayak da mare
- la pagaia
- l’abbigliamento
- la pagaiata: teoria e pratica
- partenza e sbarco
- le manovre
- come risalire dall’acqua
- i salvataggi
- l’eskimo
- pianificare un’uscita in mare o su un lago
- l’alimentazione
- la navigazione
- norme e attrezzatura di sicurezza
- come evitare lo shock termico
- come difendersi da un’ipotermia
e dopo aver appreso tutto ciò, sarà più facile affrontare in “sicurezza” le onde, il vento e le correnti dell’ambiente marino e lacustre.


Il kayak da mare è un mezzo sicuro e inaffondabile, purchè condotto con perizia e dotato di:
- compartimenti stagni
- cime di sicurezza sulla coperta
- maniglie di presa a prua e a poppa
- pompa di svuotamento, sassola e spugna
e altri accessori di sicurezza:
- paddle float (aiuto alla risalita)
- pagaia di scorta
- avvistatore acustico
- cima di traino (oltre 10 metri)

Al momento dell’imbarco:
- verificare che tutto il necessario per l’uscita sia disponibile e facilmente accessibile, soprattutto per quanto riguarda l’attrezzatura di sicurezza
- assicurarsi che ogni oggetto sia ben fissato. E’ buona norma, e sempre per ragioni di sicurezza, evitare di tenere più oggetti sul ponte anteriore
- sempre per motivi di sicurezza, è bene che qualcuno a terra sia informato dei piani di navigazione
- navigando in gruppo è auspicabile identificare il “leader”, il cui compito è di illustrare il piano di navigazione, focalizzando gli aspetti relativi alla sicurezza, alle distanze del percorso e agli approdi di emergenza
- accertarsi delle previsioni meteorologiche consultando siti meteo o le previsioni presso le Capitanerie di Porto, sul canale 68 VHF. Per il meteo, non affidarsi al solo sguardo del cielo: il tempo può peggiorare nel giro di poche ore
- per il soccorso in mare, chiamare sul canale 16 VHF o chiamare il numero 1530


In navigazione:
- indossare sempre il giubbotto salvagente, il paraspruzzi e un vestiario adeguato
- evitare di navigare da soli è una buona regola: un’uscita in gruppo è più divertente e nello stesso tempo più sicura
- i segnali di “sicurezza” convenzionali vanno conosciuti da tutti e utilizzati alla bisogna
- rispettare le regole di navigazione in presenza di altri natanti
- nell’uscite è doveroso il rispetto dell’ambiente evitando di lasciare tracce del passaggio.


Testo tratto dall'opuscolo “…pagaiare in sicurezza” di Sottocosta, Associazione Italiana per la cultura e la diffusione del kayak da mare http://www.sottocosta.it/
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