"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 25 febbraio 2013

VOLARE IN MIGRAZIONE


Non tutti gli uccelli volano nello stesso modo, specialmente quando devono affrontare viaggi lunghi e impegnativi come quello migratorio. Il modo di volare dipende soprattutto dall’anatomia delle specie. I piccoli uccelli – soprattutto i passeriformi – volando definendo una traiettoria ondulata, battendo le ali velocemente e poi ripiegandole sul corpo in maniera alternata; in questo modo, quando battono le ali guadagnano quota, mentre quando le piegano sul corpo perdono quota e progrediscono in distanza. 



Alcuni grandi uccelli, come gru, cicogne e rapaci alternano invece il volo battuto a quello planato: nel volo battuto muovono le ali di continuo, mentre nel volo planato percorrono lunghe distanze senza muovere le ali, sfruttando le correnti ascensionali e scendendo poi verso terra. Alternando i due tipi di volo, riescono a riposarsi senza interrompere il viaggio. 




Gli uccelli il cui peso è considerevole in rapporto alla superficie alare (ad esempio, anatre, oche e cigni) sono invece costretti a battere le ali in modo continuo, bruciando un’enorme energia cinque volte superiore a quella necessaria per il volo planato. Sembra che le note “formazioni a V” di oche e cigni servano proprio per diminuire questa enorme fatica: ogni uccello, a parte quello che conduce il gruppo (la “base” della V), rimanendo in una determinata posizione sarebbe in grado di trarre vantaggio dai vortici d’aria prodotti dall’individuo che lo precede. Il risparmio energetico prodotto da questa strategia è stato calcolato intorno al 15%: si comprenderebbe dunque il grande vantaggio del volo in gruppo piuttosto che del volo in solitario. 




Il condizionale è d’obbligo: analizzando al computer alcuni voli di oche del Canada si è recentemente dimostrato che il meccanismo adottato dagli uccelli è tutt’altro che pienamente efficiente, e che in realtà non c’è molto vantaggio rispetto a quello che si potrebbe avere perfezionando la strategia. Volare a “V” potrebbe invece essere soltanto un modo per mantenere un contatto visivo tra i membri del gruppo, evitare le collisioni e insegnare ai giovani le rotte migratorie. 



mercoledì 20 febbraio 2013

PICCOLE STALATTITI DI GHIACCIO NEL RAMO LECCHESE DEL LARIO














Foto scattate dall'amico Marco "EKOKAYAK" Ferrario durante le sue recenti escursioni in kayak tra Vassena, Limonta, Capo Spartivento e Pescallo, Lierna.

lunedì 18 febbraio 2013

I POPOLI DEI GHIACCI DEL GRANDE NORD (25)



Per quanto riguarda l’Artico russo, si ha l’impressione che i grandi mutamenti politici, l’avvento di nuovi regimi e il disfacimento degli stessi, tutti avvenuti nell’arco storico relativamente breve di 80 anni, non abbiano inciso in modo evidente sui costumi dei popoli della Siberia settentrionale. I Nenci, i Samoiedi, gli Jakuti, gli Eveni, gli Jukaghiri e i Ciukci vivono tuttora di pastorizia, disponendo di un patrimonio di renne di circa quattro milioni di capi. Con l’avvento del comunismo, tutte le attività siberiane vennero ben presto inquadrate nel generale processo di sovietizzazione, tuttavia alcune grandi mandrie rimasero proprietà di qualche comunità; in generale, nel passaggio da un regime all’altro, non si verificarono episodi cruenti come quelli avvenuti a ovest degli Urali, con lo sterminio della classe contadina dei Kulaki. 




Mentre il regime comunista profondeva ogni sforzo alla valorizzazione delle ricchezze della Siberia, inviandovi una schiera di tecnici e di lavoratori dall’ovest, i popoli locali vennero lasciati relativamente indisturbati e restarono dediti alle loro occupazioni; si verificò così una transizione delle loro abitudini arcaiche alle tecniche moderne. La grande via ferroviaria Transiberiana che unisce tuttora Mosca all’Oceano Pacifico, correva molto più a sud del circolo polare; il progresso di fermava quindi a centinaia di chilometri di distanza dalle terre della regione artica. 



Le vie d’acqua furono invece un mezzo importante per lo smercio e lo scambio di prodotti; a differenza del Nord canadese e limitatamente al bacino del Mackenzie, la Siberia offre un gran numero di fiumi navigabili che, partendo dalle regioni interne raggiungono il Mare Glaciale Artico. Il traffico attraverso le vie d’acqua, che già negli anni Sessanta del secolo scorso aveva raggiunto migliaia di tonnellate, è oggi raddoppiato. Naturalmente, anche i fiumi siberiani sono soggetti a limitazioni stagionali che ne consentono l’intera navigazione per soli 3-4 mesi all’anno. 




lunedì 11 febbraio 2013

LA PALUDE DI BRIVIO: STORIA E NATURA




Brivio è già un luogo importante in epoca barbarica pre-romana. La sua posizione strategica consiste nel fatto che già i celti prima e i romani poi avevano eretto un ponte in uno dei punti più facili per attraversare l’Adda fiume che per caratteristiche geografiche divide in due la Lombardia dallo Stelvio al Pò. Brivio nasce quindi dal celtico ‘Briva’ che significa ponte (la stessa radice dell’inglese ‘bridge’).





Brivio diviene poi negli anni un punto obbligato di sosta per il transito da Bergamo verso Como, confine tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano e per questo sede di una fortificazione: il ‘Castello di Brivio’ posto a guardia dei confini e dotato sia di torri di avvistamento circolari che a pianta quadrata. Brivio è sede di una guarnigione militare e di un feudatario.




La palude di Brivio è sempre stata ricovero di vari tipi di selvaggina questo perché offre l’habitat adatto agli uccelli di passo ed a molte altre specie che vi nidificano. La selvaggina attirava poi lepri, volpi e lupi che in passato si calavano all’imbrunire dai monti limitrofi (dove alcune frazioni portano ancora nomi significativi quali ‘Perlupario’ , ‘Volpera’ ) per cacciare nella palude dove oltre alla selvaggina trovavano allevamenti di pecore e pollame situati nelle zone pianeggianti ai bordi della palude. 




In epoca Napoleonica la nobile famiglia dei Cantù di Brivio, nel tentativo di governare sull’intera provincia tra Bergamo e Como ospitava nei fine settimana il vicerè d’Italia Eugenio di Beauharnais, grande appassionato di caccia. Agli inizi del 1800 gli costruisce un edificio all’interno della palude il cosiddetto ‘Casino del Vicerè’. La costruzione è stata usata pochissimo e alla caduta di Napoleone fu venduta e usata come deposito. 




Ai giorni nostri tutta questa varietà di grossi mammiferi presenti nella palude di Brivio è sparita e ai vertici della catena alimentare vi sono rimaste solo alcune specie di rapaci. 



Testo del Luis (Inuit del Lario)

lunedì 4 febbraio 2013

SPOSTARE LATERALMENTE IL KAYAK




Questa manovra è utile quando dobbiamo accostarci a riva per uscire dal kayak (per esempio ad un pontile, ad una roccia, ad un muretto), oppure per “zatterarci” con un compagno (per riposare, per togliere qualcosa dai gavoni, per consultare il gps, per bere semplicemente un po’ di acqua) ed è indispensabile per portare velocemente in posizione il kayak durante le operazioni di salvataggio assistito. In quest’ultimo caso la manovra va eseguita molto velocemente ed energicamente, in modo da spostare il kayak anche con acqua agitata. 




E’ una manovra che non si esegue spesso quindi va sempre provata per perfezionarla ed essere sempre pronti in caso di necessità. Inoltre è un ottimo esercizio per affinare la sensibilità sulla pala e per migliorare il proprio equilibrio. Come sempre si cerca di anticipare il movimento con un’adeguata torsione del busto, le braccia lavoreranno in trazione e spinta cercando sempre la resistenza dell’acqua. Lo spostamento laterale si può eseguire a un tempo oppure continuo. 



E’ importante ricordare che è il kayak a scivolare verso la pala della pagaia che pertanto deve trovare una presa solida. Alzando leggermente il fianco del kayak faciliterò lo spostamento. La pala va estratta prima che tocchi il kayak. Nello spostamento laterale a un tempo si può effettuare il recupero della pala con una fase aerea oppure con una sfilata: si mantiene la pala in acqua senza farle incontrare resistenza. Una volta terminato il recupero della pagaia con la sfilata si ruota la pala in modo che guardi lo scafo. Nello spostamento laterale continuo si mantiene la pala in acqua richiamando alternativamente la prua e la poppa senza mai avvicinare troppo la pagaia al kayak. Bisogna immaginare di descrivere un “otto” con la pala.