Attorno agli anni ’60 del secolo scorso era quasi scomparso dall’areale europeo: Germania, Olanda, Danimarca e Svezia ospitavano le poche migliaia di coppie della popolazione residua. In seguito a numerose leggi di tutela e alle maggiori possibilità di alimentazione venutesi a creare negli ultimi decenni, oggi il Cormorano è uno degli uccelli maggiormente in espansione e registra un netto incremento in quasi tutte le nazioni europee: l’ultimo censimento delle coppie nidificanti nel continente ha registrato 200.000 – 250.000 coppie. In Italia, sono in netto aumento i nidificanti e soprattutto gli svernanti: più di 60.000 nel 2000, quasi il doppio rispetto a cinque anni prima, secondo i dati dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Troppi uccelli, per gli acerrimi nemici della specie: pescatori e piscicoltori.
Da sempre, infatti i pescatori non guardano di buon occhio i cormorani, ritenuti responsabili di una diminuzione più o meno marcata di alcune specie di pesci economicamente importanti. Anche i piscicoltori lamentano saccheggi ai loro allevamenti: i cormorani si cibano pressoché esclusivamente di pesci, e il loro aumento in tutta l’Europa ha portato molti a credere che la scomparsa di certi contingenti ittici sia dovuta alla massiccia presenza degli uccelli piuttosto che ad altri fattori di tipo ambientale.
Quanto c’è di vero in queste supposizioni, che spesso hanno portato anche a opinabili delibere e ordinanze per cacciare la specie? Gli studi scientifici, attraverso l’analisi del contenuto stomacale e dei boli alimentari, contenenti i resti indigeriti delle prede, hanno definito in molte occasioni la dieta della specie in modo quali-quantitativo. I risultati di tali indagini hanno dimostrato che l’alimentazione del Cormorano varia fortemente da zona a zona, ma che in solo in alcune delle aree considerate le prede prevalenti appartengono a specie oggetto di allevamento e di pesca sportiva: nella Laguna di Venezia e nell’area di Oristano, due dei siti dove svernano più cormorani, i gobidi rappresentano più della metà della prede; nel Delta del Po solo il Latterino costituisce i tre quarti delle prede; in Piemonte è il Cavedano la specie più utilizzata. Almeno nelle lagune, gli unici pesci di interesse economico che sembrano comparire nella dieta in una certa quantità sono i mugilidi ed in minor misura il Branzino. Un impatto fortemente negativo nei confronti della pesca e dell’itticoltura è stato riscontrato finora solo in condizioni artificiali con elevata densità di pesci, quali impianti di piscicoltura intensiva o bacini di stoccaggio e di svernamento.