"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

venerdì 30 gennaio 2009

LA NAVIGAZIONE IN KAYAK DA MARE

Chiunque vada in kayak da mare deve conoscere le nozioni fondamentali di navigazione, più o meno approfondite in base a quanto ha intenzione di allontanarsi da riva. La navigazione costiera è quella in cui fare il punto nave, cioè per determinare la posizione della propria imbarcazione, si ricorre semplicemente all’osservazione di punti di riferimento sulla costa. Per navigazione stimata si intende invece quando, non essendo visibile la costa, si tiene conto della direzione della rotta seguita e delle miglia percorse.

Per una navigazione appropriata occorre conoscere l’uso del portolano (il manuale per la navigazione costiera e portuale), delle carte nautiche, della bussola e del GPS, oltre a saper compiere i calcoli di rotta.


Il metodo di navigazione più antico, e sempre efficace nella sua semplicità, è quello degli allineamenti, che si basa sull’osservazione di oggetti fissi ed adattissimo al kayak da mare. Il principio consiste nell’allineare fino a sovrapporre due oggetti, per esempio una boa e un faro, osservando gli eventuali spostamenti relativi: fino a quando i due oggetti rimangono collimanti si è in rotta, se i due oggetti perdono l’allineamento significa che si sta scarrocciando.

mercoledì 28 gennaio 2009

DOTAZIONE PERSONALE DEL KAYAKER MARINO

Vediamo la dotazione personale (ad esclusione del kayak) che un pagaiatore marino, anche alle prime esperienze, deve avere sempre con sé.


GIUBBETTO SALVAGENTE
E’ importantissimo scegliere modelli omologati che garantiscono un’adeguata azione di galleggiamento in ogni situazione. Dal momento che l’attività marina è basata principalmente sulla propulsione, risulta utile optare per salvagenti poco ingombranti che non ostacolino il movimento delle braccia. E’ utile acquistare modelli con comode tasche dove riporre alcuni oggetti per la sicurezza personale (il cellulare, il fischietto, il coltello, il tappa-naso, la torcia con luce stroboscopica, etc…). I giubbotti usati nel mondo del kayak sono universalmente classificati dalle leggi come semplici aiuti al galleggiamento, per differenziarli da quelli che, muniti di collare, tengono la testa del canoista fuori dall’acqua in caso di perdita di coscienza.

PAGAIA
Può essere di tipo moderno, con pale sfalzate, molto simile a quella usata in fiume, ma con una lunghezza che può superare i 220 centimetri, oppure quella classica detta “groenlandese” con pale molto lunghe (anche più di 240 cm.) e strette che hanno un angolo di sfasatura pari a 0 gradi. Questo tipo di pagaia, oltre a offrire una minore resistenza al vento, permette di usare meno i polsi durante la pagaiata. La pagaia da mare può presentare sul manico due anelli salvagocce situati tra la pala e il manico, che hanno lo scopo di evitare che le gocce, scivolando lungo il manico, bagnino le mani del kayaker durante la pagaiata. Per evitare di perderla in caso di mare o lago mosso o forte vento, si utilizza una sagola di circa 60 centimetri da fissare al manico e passare intorno al polso. Esistono anche delle pagaie groenlandesi divisibili che hanno la funzione di pagaia di riserva e generalmente vengono fissate sulla coperta anteriore del kayak tramite gli appositi elastici.


ABBIGLIAMENTO IDONEO
Non esiste una regola da seguire, se non tener conto della temperatura dell’acqua in cui si va a pagaiare. Indossare un costume e cadere in acqua a Febbraio può avere conseguenze disastrose, in tale circostanza è consigliabile indossare una muta umida in neoprene tipo Long John. La recente comparsa sul mercato di capi tecnici impermeabili e traspiranti ha ridotto notevolmente i problemi derivanti dall’eccessiva sudorazione durante le lunghe pagaiate. Infine va ricordato che, così come è importante coprirsi d’inverno, altrettanto lo è ripararsi dall’eccessiva esposizione al sole durante l’estate. La presenza nei kayak da mare dei gavoni stagni, aggiunta alla possibilità di utilizzare anche sacche stagne, ci consente di avere sempre al seguito un ricambio asciutto, utile anche in uscite brevi. E’ utile portarsi sempre con sé cappello, occhiali da sole, giacca d’acqua e moffole/guanti.


GONNELLINO PARASPRUZZI
Deve essere indossato sotto la giacca d’acqua, questo semplice accorgimento rallenta notevolmente l’entrata dell’acqua nel pozzetto, anche in caso di rovesciamento, e tiene caldi gli arti inferiori.

lunedì 26 gennaio 2009

IL GRANDE NORD

Il Grande Nord

Le regioni del Grande Nord del mondo coprono un’area di circa 7.500.000 km2 intorno al Mar Glaciale Artico. Il clima polare che imperversa i paesi del Grande Nord è caratterizzato da temperature eccessivamente basse in inverno (mediamente intorno a – 30°C) e inferiori a 10°C in estate. L’aria è secca, in quanto l’Oceano Artico, quasi sempre ricoperto dalla banchisa, non evapora. Il freddo determina la formazione di vari tipi di ghiaccio, in particolare:
- la banchisa, o ghiaccio marino, che è salata perché è costituita da acqua di mare. L’acqua di mare gela ad una temperatura di –1,8°C.
- il ghiaccio dei ghiacciai, formati di cumuli di neve, ovvero da acqua dolce. Questi ghiacciai costituiscono la calotta glaciale o inlandsis, che ricopre la maggior parte della Groenlandia, ad eccezione delle coste. I ghiacciai dell’inlandsis danno vita agli iceberg, enormi blocchi d’acqua gelata che cadono e galleggiano nel mare.

Famiglia InuitUn tempo i popoli autoctoni del Grande Nord erano cacciatori nomadi, abituati a sopravvivere in condizioni estreme. Oggi queste popolazioni sono per la maggior parte sedentarizzate e hanno accesso alle comodità moderne: sono gli Inuit del Grande Nord canadese e della Groenlandia (150.000 abitanti), i Lapponi della Scandinavia e della Russia (70.000) e, fra le numerose popolazioni siberiane, i Dolgani (7.000). Circa un terzo dei Lapponi e soltanto pochi Dolgani hanno mantenuto abitudini nomadiche, per sorvegliare le mandrie di renne.


Orso bianco

Nonostante il clima rigido, al circolo polare vivono numerosi mammiferi, fra cui 25.000 esemplari di orso bianco, particolarmente numerosi in Canada, dove si osservano anche lupi, volpi bianchi dell’artico e piccoli roditori, i lemming. La tundra siberiana ospita numerose mandrie di renne, selvatiche o addomesticate. In estate alcuni uccelli migratori vengono a nidificare in questa regione, mentre le acque del Mar Glaciale Artico sono molto ricche di merluzzi e busbane, che nutrono colonie di foche e di trichechi.

Tundra e CaribùA queste latitudini è impossibile trovare latifoglie o conifere. Soltanto la tundra, formata da muschi, licheni e piante erbacee, riesce a rinverdire durante l’estate che, sebbene di breve durata, si colora di mille fiori, tutti piccoli, resistenti e acclimatati al freddo. Nella bella stagione spuntano anche bacche commestibili e funghi.

Groenlandia

venerdì 23 gennaio 2009

LIBRI - DALLE TERRE DEL NORD ALLA RICERCA DELL'ANIMA ARTICA

Dalle Terre del Nord, basato su viaggi compiuti dall’autore intorno al circolo polare artico e ispirato dalla scoperta del passaggio di Nord-Ovest dell’esploratore norvegese Roald Amundsen, conduce il lettore attraverso le aree geografiche che coprono quel vasto territorio che va dall’Islanda all’Alaska attraverso la Groenlandia e il Canada artico di Nunavut, ma anche sulle Alpi che per anni sono state per l’autore una vera palestra di apprezzamento del sublime e di come viene percepito nel paesaggio montano. Un’ultima parte infine è dedicata all’approfondimento della cultura Inuit, del suo sistema di credenze e della sua mitologia, all’aspetto cioè antropologico e umano fondamentale per entrare veramente dentro all’anima del mondo artico: il luogo forse più antico da cui la vita si è irradiata come una luce immensa sull’intera crosta terrestre.

Massimo Maggiari, Dalle terre del Nord alla ricerca dell’anima artica, Cda & Vivalda Editori, 2008, pag. 132, Euro 13,00.
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mercoledì 21 gennaio 2009

SCENE DI VITA INUIT

Giovane donna Inuit vestita con l'Amauti, abito tradizionale con un cappuccio molto largo per potervi ospitare i neonati o i bimbi piccoli.
Questo abito era la migliore protezione per la madre ed il bambino. L'Amauti consentiva alla madre di rimanere sempre in contatto fisico con il bambino, assicurandosi in modo continuo del suo benessere, pur avendo le mani libere per svolgere i lavori quotidiani ed altre mansioni. La donna Inuit aveva un rapporto molto intimo con i figli, che allattava fino all'età di circa quattro anni. Durante questo periodo si creava, tra madre e figli, un legame profondo, poiché il bimbo era tenuto, a diretto contatto di pelle, dentro l'Amauti (Nunavut, Canada).

Giovane uomo Inuit, all'interno di un ghiacciaio (Nunavut, Canada).


Giovane Inuit del Nunavut in tenuta da Hockey.
Ancora prima di imparare a camminare, i giovani canadesi imparano a pattinare. Il loro sport preferito è l'Hockey. Il Nunavut è la tredicesima regione amministrativa del Canada, nata il 01 aprile 1999, dalla scissione dei Territori del Nord-Ovest.

Igloo.
La parola igloo significa casa: in legno, pietra, neve. Prima di diventare stanziale, l'Inuit viveva in piccoli nuclei composti da circa dieci abitazioni situate, in generale, presso le rive del mare o sulla banchisa,dal quale traevano il necessario per vivere. Le loro abitazioni di distinguevano in due grandi categorie: la casa estiva e quella invernale. L'abitazione invernale era composta di sole pietre e terriccio oppure costruita con una base di pietre e con il tetto di pelle. Queste abitazioni erano di tipo permanente. Altri igloo, costruiti esclusivamente di neve, erano usati in modo temporaneo, per la caccia alla foca o all'orso bianco. Per l'Inuit, l'igloo non era solo un rifugio temporaneo, ma una dimora vasta per un'intera famiglia. L'interno presentava tutte le comodità di una vera casa: letto di pelliccia sopraelevato (Iliq), treppiede per il lume e la cottura degli alimenti e sala comune. L'igloo era scaldato solo con la lucerna (Qulliq) alimentata dall'olio di foca. All'interno c'era una temperatura intorno a zero gradi, ma la differenza con l'esterno (a volte anche di 40 gradi) era tale da permettere di stare nudi e fare asciugare gli abiti. Il caldo scioglieva un leggero strato di neve che si ghiacciava a causa della bassa temperatura esterna isolando così completamente l’ambiente. Il basso corridoio di ingresso ne assicurava la ventilazione e impediva il ristagno dell’umidità.


Inukshuk.
Per secoli, i popoli Inuit dell'Artico canadese hanno edificato delle strutture di pietra, che evocano la forma umana, chiamate Inukshuk. Gli Inukshuk servono come punti di riferimento per i viaggiatori che percorrono le immense distese ghiacciate dell'Artico. L'Inukshuk è diventato per gli Inuit un simbolo di speranza ed amicizia, espressione eterna dell'ospitalità di una nazione che accoglie i popoli di tutto il Mondo a braccia aperte. Oltre ad essere un elemento forte della mostra "Inuit e Popoli del Ghiaccio", l'Inukshuk è anche stato scelto come simbolo per i Giochi Olimpici Invernali del 2010 che si terranno a Vancouver. Tale Inukshuk ha preso il nome di ILANAAQ, che significa "Amico", in Inuktitut, la lingua parlata dagli Inuit.


I cani da slitta: gli Husky.
In passato, per spostarsi sulla banchisa, l'inuk (singolare di Inuit) utilizzava la slitta trainata dai cani. Senza il loro aiuto, l'Inuk era destinato a morire. Infatti, nessun cacciatore infatti poteva percorrere a piedi il terreno di caccia sufficiente per procacciare selvaggina per la sua famiglia. Anche il cane però dipendeva dall'uomo per la sua sopravvivenza. Senza l'husky non ci sarebbe potuto essere sviluppo nelle regioni del Grande Nord Canadese. Dove esiste il commercio, il trasporto è di vitale importanza. Ancora oggi, malgrado l'utilizzo della motoslitta, il cane è un fedele compagno negli spostamenti attraverso le vaste distese dell'Artico. Anche la Gendarmeria Reale, durante l'inverno, quando fa le ronde all'interno delle isole artiche del Canada, si sposta con un equipaggio di cani nelle regioni dove nessun aereo potrebbe avventurarsi, se non per un rapido volo. Il cane Inuit, di razza asiatica, ha accompagnato l'uomo nelle sue migrazioni verso il nord: grazie all'incrocio con il lupo ha acquistato delle grandi qualità di resistenza. Conosciamo quattro razze diverse di cani: il Malemute d'Alaska, l'Husky di Siberia (portato in America del Nord dai Russi nel XVIII secolo), l'Husky Samoyedo e l'Husky puro del Canada. Tutti sono comunemente chiamati Husky. Il cane Inuit non è fatto per la corsa ma per la resistenza. Egli ha dei fianchi solidi e un piccolo naso, pesa tra i 25 e i 50 chili e misura circa 65 cm. Una slitta caricata per un lungo viaggio pesa intorno ai 500 chili ed è trainata da 7 a 15 cani. Un buon cane può portare un carico di provvigioni di circa 20-25 chili. L'husky supera in resistenza tutti gli altri animali, compresa la renna. Esso sopporta temperature bassissime, dorme fuori fra il blizzard, arrotolandosi a palla oppure seppellendosi nella neve. Quando si smonta il campo è già pronto all'azione.
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Segnalato dall’amico Marco “EKO” Ferrario.
Foto di Silvia Pecota, Toronto (Canada).
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lunedì 19 gennaio 2009

IL REGNO DEI GHIACCI (di Massimiliano Vitelli)

La Groenlandia Vota "SI" all'indipendenza dalla Danimarca. Con la fierezza dell'autonomia ed i timori delle nuove sfide.

Nuuk, piena notte. Ma potrebbe essere anche mezzogiorno. Qui durante l'inverno il buio riempie quasi tutte le ventiquattro ore relegando al sole l'inconsueto ruolo di outsider. La lunga notte polare s'illumina di luci. I fuochi d'artificio accendono il cielo di cobalto che, specchiandosi nel bianco, regala uno spettacolo oltre l'immaginabile. Il popolo dei ghiacci è in festa. "Aap" e via alla gioia. Nella lingua inuit "aap" vuol dire "si" ed "aap" è stata la risposta che il 75.5% dei circa 39.000 elettori ha dato alla domanda del referendum che cambierà per sempre la loro vita. Gli abitanti locali hanno scelto: la Groenlandia dice addio alla Danimarca e, presto, diverrà il primo Stato Inuit del mondo. Il risultato delle urne prevede, infatti, la costituzione in tempi brevi di una forza di polizia, il riconoscimento ufficiale della lingua inuit e la piena autonomia sulla giustizia. La devolution da Copenaghen era già iniziata nel 1979 nei settori della sanità, dell'istruzione e della pesca ed aveva portato l'isola di ghiaccio ad uscire dalla Comunità Europea nel 1985. Nazione sempre fiera delle proprie origini, Kalaallit Nunaat, questo il nome originale, il 21 giugno prossimo muoverà il grande passo con l'ufficiale entrata in vigore del nuovo Statuto. La sfida è aperta.57.534 abitanti su una superficie totale di 2.166.086 km² (81.1% ghiaccio) vogliono dire 0,03 abitanti per km². Niente treni, niente strade, ci si muove in aereo o in kayak. L'economia si basa esclusivamente sulla pesca e, quando le condizioni meteo lo permettono, sul turismo. Aver votato "si" non è stato un suicidio però. Secondo le stime elaborate lo scorso luglio dall'Istituto geologico americano, la regione artica contiene nel sottosuolo, o meglio nel sottoghiaccio, 90 miliardi di potenziali barili di petrolio oltre ad enormi giacimenti di gas naturale, carbone, piombo, uranio, zinco e diamanti. Ghiaccioli con sorpresa per tutti allora. La lungimiranza delle menti fredde che hanno diretto le operazioni di indipendenza ha sancito comunque un fattore importante. La politica estera e la sicurezza nazionale restano sotto il controllo della Danimarca. Ottima notizia per il popolo groenlandese che fino ad oggi non si è mai dovuto preoccupare di tentativi d'invasione e di colonizzazione ma che, d'ora in poi, messi in vetrina gioielli e barili, corre il rischio quotidiano di "rapine".

Sonni tranquilli dunque nelle lunghissime notti polari con la speranza che gli Stati Uniti non riescano a scovare una cellula di Al Qaida in un igloo adibito a grotta o che Osama Bin Laden, in un momento di sciagurata follia, non si faccia ritrarre in una foto in compagnia di una foca. In questo caso, per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America e per il bene del resto del globo, l'esercito garante della pace nel mondo non potrebbe esimersi da inviare un centinaio di navi rompighiaccio alla ricerca dei cattivi con nelle stive un carico di tubature per costruire, nell'attesa della cattura di quei mattacchioni di terroristi, una bella pipe-line che conduca l'oro nero dal Polo Nord al rubinetto del bagno della Casa Bianca. Considerando che già nel 1946 gli Stati Uniti offrirono alla Danimarca 100.000.000 di dollari per "acquistare" la Groenlandia, e di certo non per essere sicuri di poter mangiare filetti di halibut gratis per sempre, è un campanello d'allarme da non sottovalutare. L'indipendenza è affascinante ma rischiosa. Buona fortuna popolo del nord!


Segnalato dall’amico Marco Ferrario.


venerdì 16 gennaio 2009

LA DISCIPLINA SPORTIVA DEL KAYAK DA MARE

Lago di GarlateA partire dagli anni cinquanta il kayak da mare ha iniziato a diffondersi come disciplina sportiva con caratteristiche prettamente turistico-escursionistiche. Il kayak da mare moderno si è sviluppato in Inghilterra, poi in Germania e in Francia, e infine nei paesi mediterranei: Italia e Spagna. Tuttavia, gli Stati Uniti sono il paese in cui si trova il maggior numero di praticanti, e in cui questa disciplina ha quasi raggiunto le caratteristiche di sport popolare. Gli americani, con il senso pratico che li distingue, hanno reso il kayak da mare un’attività alla portata di tutti: hanno disegnato kayak con forme meno esasperate, inventato semplici manovre di autosalvataggio e, soprattutto, creato un vastissimo circuito di scuole e club.


Isola d'ElbaCon un buon kayak da mare, ben progettato e costruito, e con un buon allenamento, si possono percorrere molte miglia marine al giorno. I gavoni stagni di cui è dotato consentono di imbarcare materiale da campeggio, cibo, acqua e vestiti, in modo da consentire una certa autonomia: navigare lungo la costa, dormire sulle spiagge e, magari, mangiare il pesce pescato alla traina, rappresentano sicuramente esperienze che trasformano una semplice mancanza in un momento davvero capace di far dimenticare lo stress quotidiano.

Fiume Adda

In ogni caso, è importante ricordare sempre che, prima di avventurarsi anche in un piccolo viaggio in mare o sul lago, occorre aver maturato una buona tecnica, sia di propulsione che di manovra, e conoscere alla perfezione almeno un paio di autosalvataggi. Tutto ciò non si può improvvisare, né illudersi di impararlo solo leggendo. L’unico serio consiglio che si può dare a chi voglia avvicinarsi a questo sport è frequentare una buona scuola specializzata e fare tanta pratica in condizioni climatiche e meteorologiche diverse. E’ molto importante comprendere le dinamiche d’interazione che legano il kayaker al kayak, e questi all’ambiente circostante. Il kayak da mare, pur essendo uno sport relativamente facile, si svolge in un ambiente mutevole e impegnativo che va conosciuto, compreso e rispettato.

Lago di Mezzola

mercoledì 14 gennaio 2009

LA DISPONIBILITA’ DI ACQUE IN LOMBARDIA

Alto LarioLa superficie regionale di 24.000 km2 circa, per il 42% in zona montana e il 13% in zona collinare, presenta una piovosità media di 1000 mm/anno circa, che varia però sensibilmente all’interno del territorio con punte che superano i 2000 mm/anno nel varesotto, bacino del Lago Maggiore e sul crinale orobico. Il volume dell’afflusso medio annuale derivante dalle piogge si aggira quindi intorno ai 27 miliardi di m3. A questo si aggiungono un volume di riserve (intesa come disponibilità non rinnovabile) stoccate in regione di circa 120 miliardi di m3 nei laghi, di circa 500 miliardi di m3 nelle falde sotterranee e di circa 4 miliardi nei ghiacciai alpini. Il volume delle precipitazioni rinnovabile annualmente rappresenta la vera risorsa, utilizzabile e riutilizzabile. Gli ulteriori volumi rappresentano le riserve regionali, cioè quanto in un quadro di sviluppo sostenibile dovrebbe essere armoniosamente conservato per le generazioni future e come tale preservato o se utilizzato reintegrato.


Lago di Olginate e Grignetta innevata

Purtroppo alcune riserve sono difficilmente preservabili, i ghiacciai alpini, infatti arretrano ormai da anni e risulta molto complessa qualsiasi azione per limitare questo fenomeno. In area alpina, dall’OcCC (Organo consultivo per i Cambiamenti Climatici) svizzero viene stimata una riduzione del 75% dell’area glacializzata entro il 2060. Sempre gli svizzeri stanno sperimentando possibili interventi con coperture con teli sintetici protettivi, tuttavia questo tipo di intervento si giustifica solo per tutelare infrastrutture che potrebbero essere danneggiate da dissesti connessi allo scioglimento. Sicuramente di importanza fondamentale è la gestione del patrimonio di acque lacuali e sotterranee che costituiscono la ricchezza della Lombardia.

Lago di Annone
Giova comunque valutare l’ammontare delle precipitazioni anche, in modo relativo, oltre che in termini assoluti. L’area alpina, molto rilevata rispetto alle aree circostanti, costituisce la zona più piovosa di tutto il continente eurasiatico, con un prezioso contributo delle nevi, che rappresentano un volume “congelato” (non solo in senso metaforico) che si rende disponibile in tempi lunghi invece che defluire rapidamente. In un sistema di riferimento a scala europea si osserva molto bene che la zona centrale delle alpi si caratterizza per una piovosità elevata, ha indubbiamente favorito lo sviluppo di una delle più ricche attività agricole in Europa.

Palude di Brivio - fiume Adda.
Foto di Eppiluk, Peteraq e Kayatrek (INUIT DEL LARIO)

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lunedì 12 gennaio 2009

I PONTI DELL’ADDA LECCHESE

Lecco e suoi ponti
La sede nautica del CK90 è situata a Vercurago (LC) sulla sponda meridionale del lago di Garlate. Da qui è possibile risalire a Nord l’Adda e in pochi chilometri pagaiare nel grande Lario oppure trasbordare sotto la diga di Olginate e scendere a Sud l’Adda fino a Paderno d’Adda. In questi due tragitti di Adda emissario, gli Inuit del Lario passano sotto a molti ponti stradali e ferroviari. I principali e caratteristici ponti sul fiume Adda nel tratto tra Lecco e Paderno d’Adda sono i seguenti:

Ponte Vecchio
Il Ponte Azzone Visconti (comunemente chiamato Ponte Vecchio), tra Galbiate/Malgrate e Lecco; scavalca il breve tratto di Adda emissario tra il Lario e il lago di Garlate. Realizzato negli anni 1336-1338 per volere di Azzone Visconti. Costituito in origine da otto arcate a tutto sesto e successivamente implementate nel numero per consentire l’allargamento dell’alveo dell’Adda.

Terzo PonteIl Ponte Manzoni (comunemente chiamato Terzo Ponte), tra pescate e Lecco; segna il confine Nord tra Adda emissario e Lago di Garlate. Costruito nel 1985.

Ponte di Paderno d'Adda

Il Ponte di San Michele, tra Paderno d’Adda e Calusco (BG). Progettato dall’Ing. Julius Rothlisberger e realizzato negli anni 1887-1889. Realizzato totalmente in ferro, in un solo arco di 150 metri di corda, impostato su de importanti spalle di pietra e sormontato da una travata metallica lunga 266 metri, resa solidale con l’arco di sei piloni metallici nella quale trovano sedime la strada provinciale e la linea ferroviaria.

Ponte di OlginateIl Ponte di Olginate, tra Olginate e Calolziocorte; subito dopo la diga di Olginate, sopra l’Adda prima che inizi il lago di Olginate. Ponte romano, si ritiene che lo stesso fosse costituito da arcate a tutto sesto e avesse uno sviluppo di circa 150 metri. Si attribuisce la costruzione al III o IV secolo d.C. Oggi è visibile l’arcata di un precedente manufatto collocato nel I secolo d.C.

Ponte NuovoIl Ponte Kennedy (comunemente chiamato Ponte Nuovo), tra Malgrate e Lecco; segna il confine dove finisce il Lario e inizia l’Adda emissario. Realizzato nel 1956.

Ponte di Brivio

Il Ponte di Brivio; tra Brivio e Cisano Bergamasco (BG). Manufatto la cui costruzione fu avviata nel 1911 viene inaugurato nel 1917. Realizzato in calcestruzzo si caratterizza per la tipicità della struttura, costituita da archi rialzati, che sostengono l’impalcato. Il ponte, ardita costruzione per l’epoca in cui venne realizzata, ha una luce complessiva di 135 metri ripartita su tre campate.


Il Ponte Cesare Cantù finito di costruire nel 2010 è una struttura strallata di calcestruzzo armato faccia a vista e acciaio; collega i Comuni di Olginate e Calolziocorte.

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venerdì 9 gennaio 2009

ACQUA E ROCCIA: “MARI” DELLE PREALPI E ISOLE BLU

Lario e montiI grandi laghi prealpini esprimono pienamente il senso dell’opposizione tra “mare” e monte, perché accomunano acqua e roccia, orizzontale e verticale, blu di “terra” e blu di cielo in spazi ristretti. Pur assomigliando a piccoli mari, balenabili e navigabili, fanno parte a tutti gli effetti dell’universo alpino.

Monte Barro, Lario, Adda e Lago di GarlateAlla fine aveva ragione il Manzoni nei Promessi Sposi: “Monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente…” E’ questa la prima caratteristica dei grandi laghi prealpini e della gente che li abita: la dipendenza dalla roccia e non dall’acqua, il radicamento ai pendii e non alle coste. Anche il mito delle palafitte, è in buona parte da buttare via, perché, come nota Francesco Fedele, “non è vero che nei laghi delle Alpi e delle Prealpi l’abitazione avesse luogo sull’acqua. Così come non è vero che i “palafitticoli” o lacustres fossero una civiltà a sé. Il miracolo delle palafitte si riduce al fatto che acqua e torba hanno conservato i pali e il legno, mentre i villaggi su terra sono scomparsi”.

Monte Moregallo e barche a vela sul LarioEppure i laghi prealpini offrono realtà tipiche delle terre d’acqua, per esempio la vicenda secolare della navigazione lacustre, la storia dei pesci e dei pescatori di lago, la biodiversità sotto il pelo dell’acqua. Il fatto è che, barche a parte, pesci e pescatori sono presenze quasi “clandestine” e io li accomunerei a noi “kayakers di lago” che come i pescatori che ancora lavorano sui nostri laghi, possono essere definiti con un po’ di enfasi “uomini invisibili”, che pescano (o pagaiano) lontani dai luoghi più frequentati, in un ambiente che solo loro (e noi pagaiatori) conosciamo in tutti i suoi diversi aspetti: fondali, coste, correnti e venti, pesci e uccelli.

L'alto LarioInfine i laghi prealpini sono terra di gente, autoctone e non. Alcune delle città più densamente abitate sorgono sui laghi (Lecco per esempio), alcune coste sono costruite fino all’ultimo centimetro, ville e alberghi segnano le villeggiature. Perché intorno ai laghi schiacciati dalle montagne lo spazio è avaro, e l’acqua, sulle carte geografiche, è solo un’isola blu.

Lecco e il LarioTesto di Enrico Camanni – editoriale della pubblicazione n. 18 “’Mari’ delle Alpi” del periodico Alpe e modificato da Nerrajaq.
Foto di KAYATREK (Inuit del Lario).
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mercoledì 7 gennaio 2009

IL PIRO PIRO PICCOLO, IL BALLERINO DEL LAGO

Mentre pagaiamo lo vediamo che spaventato dal nostro kayak vola via radente sull’acqua.
Appartiene all’ordine Charadriiformes, famiglia Scolopacidae. Il suo nome scientifico è Actitis hypoleucos. E’ il più piccolo dei piro piro, di colore grigio-marrone, sottilmente striato di nero sul capo e sul collo, con una evidente fascia scura sul petto, che contrasta nettamente con il piumaggio bianco delle parti inferiori. Durante il volo, effettuato con piccoli e rapidi colpi d’ala, si notano la bianca barra alare e il groppone scuro. Buoni caratteri distintivi al suolo sono invece il copro e la coda relativamente lunghi (19-21 cm complessivamente), le zampe e il becco corti e l’abitudine di muovere rapidamente su e giù la parte posteriore del corpo.

Particolarmente adattabile, nidifica sai in ambiente mediterraneo sia nelle fredde steppe, dal livello del mare fino a 4000 m di altitudine. Legato alla presenza di acque, preferibilmente correnti e con sponde ciottolose, per costruire il nido necessita di una buona copertura vegetale, mentre in migrazione e per la ricerca degli insetti di cui principalmente si nutre, frequente anche sponde spoglie, sabbiose o fangose. E’ una specie solitaria e monogama, con territori ben definiti e difesi. In Italia è migratore, ma anche svernante e nidificante; frequenta diversi corsi d’acqua e laghi lombardi (è facile vederlo sul lago di Garlate).

Una curiosità sul piro piro piccolo: i pulcini, per sfuggire ai predatori, di solito restano nascosti e immobili, ma se, costretti, fuggono, correndo o nuotando, per alcuni tratti addirittura sott’acqua!

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