"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 29 marzo 2010

L’INLANDSIS DELLA GROENLANDIA

All’inizio del Quaternario, circa 4 milioni di anni fa, il clima era molto più freddo di oggi. Imponenti ghiacciai denominati “inlandsis” coprivano gran parte dell’Europa e dell’America. Questi ghiacciai sono per la maggior parte scomparsi, tranne in Groenlandia e nell’Antartico. Da oltre due milioni di anni l’inlandsis della Groenlandia è costituito da un enorme strato di ghiaccio che ricopre la maggior parte dell’isola, da cui il nome “calotta glaciale”. Questa cupola si stende su un’area di 1.700.000 km2 e ha uno spessore massimo di 3.500 metri. Sotto il suo peso il centro dell’isola della Groenlandia si è appiattito ed è sprofondato di 300 metri sotto il livello del mare.

Con un volume di ghiaccio pari a 2.700.000 km3, l’inlandsis della Groenlandia rappresenta il 9% circa delle riserve d’acqua dolce del nostro pianeta. Trascinati dal loro stesso peso, i ghiacciai della calotta glaciale si spostano lentamente, erodendo le montagne sottostanti. Solo alcuni picchi rocciosi, i cosiddetti “nunatak”, riescono a squarciare questa copertura gelata.

I ghiacciai giungendo in prossimità delle coste dove scavano fiordi (antiche valli glaciali invase dal mare), si frantumano e sprofondano in acqua. Nascono così giganteschi iceberg che i venti e le correnti spingono verso il largo.

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giovedì 25 marzo 2010

IN KAYAK DA MARE DAL SANTO (seconda parte)



Negli ultimi anni del II secolo d.c. un soldato della guardia a presidio di Milano, città imperiale, chiamato Fedele, si dirigeva in fuga verso Nord, sulle acque del Lario. Mentre remava, nella sua mente scorrevano i ricordi in terra lombarda: la militanza nelle file del Sacro Romano Impero, l’incontro con Materno, vescovo di Milano e la conversione. Poi la feroce repressione per opera dell’imperatore Massimiano, che scatenò una caccia spietata tra i monti e le valli del Lario: tutti vennero catturati e trucidati. Tutti, tranne uno: Fedele, scaltro e ben addestrato che tentò di sfuggire alla cattura sulle acque del lago. Contando sulle sue doti fisiche, con una piccola imbarcazione, risalì remando lungo la sponda da Como fino a Summus Lacus, l’odierna Samolaco. Credeva di aver scampato il pericolo, di essere libero, di dedicarsi a una nuova vita nelle professione della fede cristiana.






Nella pace dell’alba lacustre, il suo pensiero era rivolto costantemente, con tristezza, ai compagni, a quei commilitoni con cui aveva condiviso la vita di soldato e per la cui sorte, adesso, poteva solo tremare. Purtroppo Fedele si imbatté in una pattuglia di soldati romani, fu catturato e, in località Torretta, decapitato. Era il 298 d.c., moriva il primo martire del cristianesimo lariano. Molti anni più tardi, nell’Alto Medioevo, a una donna di Gordona, in Val Chiavenna, apparve in sogno il luogo dove sarebbero stati tumulati i resti di Fedele, sulla sponda orientale del fiume Mera, in una piccola radura erbosa, nel lago di Novate Mezzola. Nel 964, Ubaldo, vescovo di Como, dispose il trasferimento della salma nel capoluogo lariano, nella basilica di Sant’Eufemia, da allora dedicata al martire. Sul luogo del ritrovamento venne costruito un tempietto, conosciuto in valle come San Fedelino.




Nel corso dei secoli i barcaioli continuarono ad assicurare i collegamenti tra la colonia comasca e la Resia, attraverso l’alto Lario. Commercianti, viaggiatori e uomini d’arme preferivano la navigazione alle fatiche di un sentiero lungo l’impervia costa, che così è rimasta incontaminata anche quando, per traffici stradali e ferroviari, si preferì sfruttare la sponda opposta al luogo del martirio, quella su cui si svilupparono i centri di Novate e Verceia.

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lunedì 22 marzo 2010

EQUIPAGGIAMENTO DEL KAYAK DA MARE (terza parte)



I GUANTI E LE MANOPOLE

Con le mani fredde è difficile pagaiare, se il clima è rigido e se c’è pure il vento può diventare davvero una tortura, specialmente se le mani si bagnano. Esistono guanti da kayak in neoprene ma non è la soluzione migliore, perché riducono – o addirittura annullano – la sensibilità delle mani, impedendo il controllo tattile dei propri movimenti. Meglio usare le manopole (o moffole) in neoprene, da montare direttamente sul manico della pagaia. Le dita, a contatto tra di loro, si scaldano più velocemente, diversamente che nei guanti a cinque dita.




IL COPRICAPO

Nei mesi estivi si userà un normale cappellino tipo baseball in materiale sintetico, provvisto di un’ampia visiera per proteggerci dai raggi solari. In inverno invece bisognerà avere un’ottima protezione termica per la testa, nuca e orecchie: il copricapo più indicato è un berretto da vela di lana e polipropilene.




Per le giornate davvero proibitive, sono in vendita delle comode cuffie in neoprene, utili anche in caso di uscita bagnata o eskimo.




Se invece capita di pagaiare sotto la pioggia, il copricapo migliore è il classico NordOvest utilizzato dai velisti.


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giovedì 18 marzo 2010

LIBRI - "MARI" DELLE ALPI



Realtà e mito delle palafitte.
Non è vero che nei laghi delle Alpi e delle Prealpi l'abitazione avesse luogo sull'acqua. Così come non è vero che i «palafitticoli» o lacustres fossero una civiltà a sé.
Spazi di lago nel Medioevo.
Nel basso Medioevo i laghi prealpini hanno costituito un cruciale elemento di interconnessione fra le valli alpine, le città pedemontane e la pianura.
Garda.
«Il più meridionale scenario a nord di Napoli» Solo alla fine dell'800 il Garda è pronto «a rivaleggiare con le più affollate stazioni del Lago Maggiore e di quello di Como».
Navigare le Alpi.
I solchi delle Alpi sono stati navigati fin dall'epoca preistorica, sfruttando quelle acque che consentivano gli spostamenti con il maggior vantaggio e il minor sforzo.
La pesca di mestiere sui laghi lombardi.
Buona parte del loro lavoro si svolge al tramonto o di notte fino all'alba. Per questo si possono definire «uomini invisibili».
Vivere in acqua dolce.
Distese azzurre fra quinte verdi di monti e giardini, i grandi laghi prealpini sono vasti bacini naturali che ospitano un'eccezionale biodiversità di vertebrati: i pesci.
Benaco. Il mare nelle Alpi.
Il Garda è il lago più richiesto dai villeggianti. Ma esistono due laghi: il «mare» di Desenzano e Sirmione e il fiordo alpino di Riva del Garda. Due laghi, due mondi.
Lario. L'ingrata memoria della terra del ferro.
L'assenza di un confine tra le montagne e i centri abitativi, lo sviluppo urbanistico esasperato, sono alcuni dei caratteri della sponda lecchese del Lago di Como.
Il sottomarino tascabile del Lago di Lugano.
I traffici (il contrabbando lacustre alla frontiera tra Italia e Svizzera sono sempre stati all'ordine del giorno. Ma nel febbraio 1948...
Le undici isole del Verbano.
Né mare né montagna, ma innanzi tutto lago, il Maggiore deve la fortuna al fascino delle isole e delle cittadine costiere.
Le due acque del Lago Lemano.
«Prendiamo il battello, superiamo i dodici chilometri d'acqua dolce che ci separano dalle acque non meno dolci della. Francia. Sbarchiamo a Évian ...»
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TITOLO: "Mari" delle Alpi
EDITORE: Priuli & Verlucca
COLLANA: Rivista l'Alpe
128 pagine, anno 2008, EUR 10,00
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lunedì 15 marzo 2010

2 BRONZI PER GLI INUIT DEL LARIO!!!

Questo fine settimana si è svolto a Genova il Campionato Italiano di Eskimo 2010, prima edizione in cui è stata inserita anche una sessione specifica per il kayak da mare. Non potevamo di certo mancare a questo primo evento e la nostra partecipazione ci ha fruttato ben due medaglie di bronzo: una per il terzo posto di Matilde Gnecchi nella categoria femminile e l'altra per il terzo posto di Felice Farina (Eppiluk) nella categoria maschile.
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Colgo l'occasione per complimentarmi con tutti i partecipanti, alcuni arrivati addirittura da Palermo, e con gli organizzatori per l'ottimo lavoro svolto. E' stata davvero una bella esperienza.
L'edizione 2011 è già stata confermata... quindi ALLENATEVI!!!
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giovedì 11 marzo 2010

A CACCIA CON GLI INUIT



Gli Inuit erano e rimangono grandi cacciatori. Anche se il loro stile di vita è cambiato, hanno conservato il diritto di cacciare foche e orsi sul loro territorio.




Sin dal mese di marzo, mentre le giornate si allungano, gli uomini preparano le slitte. A trainarle sono cani di razza nordica, talvolta incrociati con lupi. Questi animali, una decina, sono veri e propri atleti. Possono percorrere un centinaio di chilometri e fare a meno di cibo anche per due o tre giorni. Per bere, lappano la neve con la lingua, senza nemmeno fermarsi a riposare. Il cane di testa, scelto per la sua forza e la sua intelligenza, è una guida preziosa perché sa trovare la strada attraverso la banchisa. In questo periodo dell’anno la banchisa, o ghiaccio di mare, è solida. Si scioglierà soltanto con l’avvicinarsi dell’estate, a maggio, ma fino a quel momento sarà un ottimo territorio di caccia per gli Inuit.




Le foche, cacciate per la carne, l’olio e la pelliccia, salgono sulla banchina per respirare. Per avvicinarsi con discrezione senza farle fuggire, i cacciatori avanzano dietro un piccolo velo bianco, in modo da mimetizzarsi con il paesaggio, e poi le catturano con l’arpione. In estate la caccia alle foche e ai narvali viene fatta dal kayak. I trichechi e gli orsi vengono cacciati in gruppo e quando l’animale viene abbattuto, la carne sarà divisa fra tutti gli abitanti del villaggio.


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lunedì 8 marzo 2010

IN KAYAK DA MARE DAL SANTO (prima parte)



Sulle acque dei laghi in kayak da mare: un modo di viaggiare soli, tranquilli; un colpo di pagaia e la piccola barca avanza lenta, fendendo le acque, lasciandole appena mosse al passaggio: si può fare sport e, nello stesso momento, attardarsi ad ammirare il paesaggio. Il rumore molesto delle imbarcazioni a motore è lontano; il vero kayaker lo sfugge, va in cerca di acque e luoghi tranquilli dove trovare solitudine in modo adatto al naturalista che si serve di ogni mezzo, sia camminando, sia pedalando in mountain bike, o con gli sci da fondo o le ciaspole, e dunque anche il kayak da mare, per entrare nel mondo che gli è più congeniale.




Un luogo per itinerari adatti a chi va in cerca di quiete e serenità è San Fedelino, sopra il lago di Mezzola, uno dei meno frequentati della Lombardia, dove i mezzi a motore sono vietati, con il monte Legnone (2610 metri) e le altre cime tutto attorno che si specchiano nell’azzurro. Molti si chiedono dove sia questo luogo chiamato San Fedelino; ebbene, si tratta di un tempietto costruito mille anni fa, splendido nella sua essenzialità, situato poco sopra il lago, non distante dal luogo dove il fiume Mera confluisce nel lago di Mezzola. Esistono qua e là eremi e santuari, sia in montagna che in pianura; ma di certo San Fedelino è uno dei luoghi più appartati, e non ci si passa per caso, bisogna proprio andarci. Lo si può raggiungere a piedi, ma il fascino di un avvicinamento in kayak evoca maggiori suggestioni.

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giovedì 4 marzo 2010

EQUIPAGGIAMENTO DEL KAYAK DA MARE (seconda parte)




LA TORCIA STAGNA
Indispensabile nelle uscite notturne, serve a illuminare la carta nautica e la bussola, in particolare il composto fluorescente dei riferimenti. Può essere prudente portarla con sé anche di giorno, nel caso in cui capitasse di attardarsi e di rientrare col buio. Molto utili le torce stagne che hanno incorporata anche la luce stroboscopica di emergenza.



GLI OCCHIALI DA SOLE
Sono preferibili i modelli con intelaiatura interamente in plastica, leggeri, muniti di una sottile fascia per la nuca e galleggianti. Indispensabili per proteggere gli occhi in qualsiasi stagione.

L’OROLOGIO
E’ particolarmente utile nella navigazione stimata per calcolare la propria velocità e i tempi di percorrenza delle varie tappe o dell’escursione. Molti kayakers preferiscono i modelli digitali, perché si leggono a colpo d’occhio. In ogni caso, l’orologio deve essere perfettamente impermeabile e robusto. In navigazione si usa esprimere il tempo in 24 ore, senza distinguere, perciò, tra ore antimeridiane e postmeridiane.





LA PAGAIA DI RISERVA
Deve essere smontabile in due parti e di forma possibilmente uguale a quella principale. La si fissa preferibilmente al ponte anteriore o a quello posteriore tramite gli elastici. E’ un accessorio importantissimo, che bisognerebbe sempre avere in dotazione. Può salvare la vita a sé stessi o ad un compagno di pagaiata, nel caso in cui si rompa o si perda la pagaia principale.

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lunedì 1 marzo 2010

LIBRI - NUNAVUT, ANTROPOLOGIA DI UNA RIVOLUZIONE AL RALLENTATORE



Se rivoluzione è sovvertimento dell’ordine esistente che segna l’instaurazione di un nuovo assetto e l’emergere di gruppi sociali dapprima subalterni, la nascita del Nunavut può considerarsi una versione tranquilla di questo processo. Si tratta di tempi lunghi quanto quelli che scandiscono la vita nell’Artico. Senza aperti conflitti né spargimento di sangue, la nascita di una coscienza politica mostra come l’adesione alla logica della modernità sia per gli inuit frutto di una scelta che non avviene a scapito della propria via. La storia è quella di un popolo che non subisce passivamente, ma che si oppone con pretese di basso profilo e con gli stessi mezzi offerti dalla tradizione giuridica euro–canadese giungendo al successo (almeno parziale) nella rivendicazione dei propri diritti. Quanto si è conquistato è un sogno divenuto realtà. Per il passaggio da un’ampia autonomia amministrativa a una reale autodeterminazione rimangono delle difficoltà che bisogna evidenziare per comprendere — attraverso l’analisi della storia, dell’ordine politico, del sistema giuridico e dell’immagine tradizionale della giustizia — l’effettivo grado di riappropriazione di sé e avere un quadro completo della situazione degli inuit del Nunavut.
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TITOLO: Nunavut, antropologia di una rivoluzione al rallentatore : percorsi di applicazione fra studio del diritto ed esigenze del presente.
AUTORE: Fabrizio Coresi
EDITORE: Aracne
PAGINE: 284
ANNO: 2005
PREZZO: 16,00 euro
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