L’arrivo dell’estate suscita, nelle regioni artiche, una sorta di esplosione di gioia. Improvvisamente la natura sembra euforica. Il permafrost della tundra, ovvero il sottosuolo costantemente gelato, si scioglie un po’ in superficie, creando acquitrini poco profondi. La terra scongelata esce dal suo torpore per tornare a vivere. I moltissimi semi dormienti non aspettano altro che di potersi risvegliare. Nel giro di poche settimane la vegetazione esplode, grazie alla permanenza quasi costante del sole che ne favorisce la crescita.
Ovunque è un fiorire di piante: il papavero dai fiori gialli o bianchi, il salice rosso, l’epilobio color malva, la cassiopea della Lapponia. Alcune di queste specie hanno un’utilità pratica: la testa dell’erioforo, detto anche “erba di cotone”, era fino a poco tempo fa utilizzata dagli Inuit come imbottitura per gli stivali. Abbondano mirtilli e altre bacche ma anche vari tipi di funghi.
Anche la fauna approfitta dell’estate. Gli uccelli migratori, che hanno svernato nelle regioni calde del sud, ritornano a queste latitudini. Le sterne artiche e le gazze marine approntano i loro nidi e trovano numerosi insetti (tra cui milioni di zanzare) con cui nutrire i piccoli.
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