La pesca ha avuto una notevole importanza per le popolazioni delle sponde del Lago di Annone. Rispetto a Oggiono i pescatori di Civate erano più numerosi forse anche per la presenza dell’abbazia benedettina, costruita nelle vicinanze del lago un tempo ricco di fauna ittica. I monaci privilegiavano un’alimentazione a base di pesce in osservanza alla regola di San Benedetto e riservavano perciò una particolare attenzione alla pesca e ai diritti di esercitarla. La comunità benedettina affittava settori di lago a famiglie che, o direttamente o indirettamente oppure subaffittando a pescatori, traevano reddito dalla pesca. Al pari di un territorio coltivato, il lago era suddiviso in “pezze” e porzioni, che venivano regolarmente annotate nei registri catastali. Già nel 1400 si ha notizia di compravendite di “pezze” tra privati, ma non mancavano le prime controversie giudiziarie, con contese che riguardavano limiti e sorveglianza sulla pesca e soprattutto la proprietà delle acque.
Nel 1652 è la volta del fisco spagnolo che avvia le pratiche legali per accaparrarsi i due bacini, come era già avvenuto per altri laghi. La contesa tra Regia Camera e proprietari andò avanti per tre anni e venne conclusa dall’esborso di somme da parte dei privati, i quali riuscirono così ad avere la meglio nel braccio di ferro con i governanti spagnoli. Tra il Seicento e il Settecento le notizie riguardanti il lago sono piuttosto scarne, ma si sa che continuavano le controversie tra successioni, vendite, donazioni e abusi nella pesca.
Nel Settecento l’eccessivo prelievo di pesci mette in allarme i proprietari. Si può dire che la prima volta l’ecologia si fa strada tra chi riteneva che la natura si potesse sfruttare senza alcun limite. Ci si rese conto che il prelievo sconsiderato di pesce, soprattutto di piccola taglia, privava i pesci più grossi del cibo indispensabile provocando l’impoverimento del lago con gravi conseguenze sull’attività dei pescatori. Venne perciò vietato l’uso di reti con maglie eccessivamente sottili e si impose un peso minimo per il pesce pregiato, con divieto di pesca durante il periodo di riproduzione. Per chi contravveniva a queste norme le pene erano molto severe: si andava dalla multa al carcere. Il provvedimento ebbe un qualche effetto perché verso la fine dell’Ottocento il lago era considerato abbondantemente pescoso.
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