Nell’Antichità Classica, la rappresentazione del “Nord” era associata al misterioso popolo degli Iperborei, che secondo gli antichi Greci viveva oltre i Monti Rhipei (presumibilmente gli Urali), dai quali prendeva origine “Borea” il vento del Nord o Mistral. Le leggende parlano di un popolo mite che viveva nelle zone settentrionali, abbondanti d’oro e di altre ricchezze (argento, quarzo, criolite) che dovevano essere difese dalla brama dei Grifoni. Gli Iperborei, dedicavano la maggior parte della vita al canto ed alle danze in onore del loro protettore Apollo, rappresentato dal disco solare, che con il suo carro trainato da cigni bianchi come la neve, periodicamente rendeva loro visita portando la luce. Durante il periodo di oscurità, essi dormivano. La mitologia li descrive come uomini calvi, con un occhio solo, con i piedi a forma di zampa di capra. Informazioni più complete anche se a volte ancora inesatte, ci giungono dai primi esploratori dell’Antichità, quali Pitea, astronomo marsigliese, che nel 325 a.c., attraversò le colonne d’Ercole (stretto di Gibilterra) e durante un viaggio di circa sei anni, raggiunse i ghiacci dell’Artico (presumibilmente la Groenlandia); Eratostene di Cirene che raccolse un insieme di informazioni abbastanza esatte su uomini, geografia e clima del Nord. Interessante il contributo di Claudio Tolomeo, che apportò nuove informazioni, integrò e corresse i dati raccolti da Eratostene. Tolomeo presentò i suoi lavori riprendendo la tradizione risalente al IV a.c., che associa i tipi umani ai vari climi del pianeta: i nordici Iperborei o Sciiti, grandi, dalla pelle bianca, con capelli lunghi e lisci, effeminati e delicati grazie ai benefici del clima umido, contrapposti ai meridionali Etiopi, piccoli, neri, raggrinziti, con capelli crespi a causa del caldo. Nella sua “Cosmographia”, volume a stampa contenente tavole acquerellate, edito a Hulm nel 1482, Claudio Tolomeo illustra il mondo conosciuto nella sua epoca con dovizia di dettagli. Altre notizie utili provengono da Pirro Logorio, in “Delle Antichità”, volume manoscritto cartaceo con copertina in pergamena, datato 1568-69 circa, e dalla “Geographia Blaviana-Artica” volume a stampa con tavole acquerellate, pubblicato ad Amsterdam nel 1662. Una interessante raffigurazione della regione artica secondo la visione medioevale che riteneva l’area del Nord Polare costituita da quattro territori (o isole) divisi da altrettanti quattro canali (o fiumi) che circondavano il lago Polo Nord è la carta “Septentrionalium terrarum descriptio” (1569) di Gerard Mercator.
Tra i numerosi esploratori italiani che hanno fatto dell’Artico una meta della loro esplorazioni, ne vanno citati tre, che sono fra quelli che in tempi ed in modi diversi hanno forse più stimolato la nostra fantasia: Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi, Umberto Nobile e il “lariano” Guido Monzino di cui va citata la frase: “Il ricordo di quel Tricolore e di quella Croce, deposti sul vertice del mondo, è la gioia più grande che riscatta ogni sofferenza”.
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