Un giorno uscii in kayak diretto verso Umigtuarssuit. Ero in mare da molto tempo senza aver visto nemmeno una foca quando cominciò a soffiare il Piteraq, come sempre con molta forza. Siccome aumentava di intensità, approdai su un’isoletta non lontano da Umigtuarssuit. Poi tirai fuori la mia pelliccia da kayak, la preparai e aspettai che il vento crescesse ancora di più. E infatti spirava sempre più forte, e di lì a poco non riuscivo più a scorgere la parte inferiore della costa a causa del turbinio dell’acqua: si vedeva solo la parte superiore. Aspettai ancora un po’ che il vento aumentasse ancora, ma ormai si era stabilizzato e quando pensai di poter affrontare la burrasca, indossai la pelliccia da kayak e la strinsi ben bene là dove andata legata. Poi mi capovolsi un paio di volte con il kayak vicino a riva per bagnare ancora di più la pelliccia e renderla più morbida; quando mi parve abbastanza elastica, partii. Puntai verso un isola situata all’incirca a metà strada tra Akorninaq e Tiniteqilaq. Non riuscivo a vederla a causa del turbinio dell’acqua, ma cercai di indovinare la direzione. Il fiordo era piuttosto stress, e non ci voleva molto tempo per raggiungere l’altra costa, nemmeno con due foche a rimorchio; ma ora sembrava lontanissima anche se avevo il vento alle spalle: scivolavo giù per i cavalloni crestati di schiuma. Quando arrivavo in cima, gli spruzzi mi sferzavano la nuca con schianti fortissimi, quasi simili a spari. Poi, quando scivolavo in basso, ero al riparo come se attorno il mare fosse calmo. Era davvero divertente ora che riuscivo a destreggiarmi! Siccome ancora non vedevo l’isoletta, non ci contai più: per orientarmi avevo solo gli alti crinali delle montagne. D’un tratto mi resi conto di essere quasi arrivato a casa e rientrai. Avrei voluto che quel viaggio, in cui spesso non avevo nemmeno bisogno di usare la pagaia, fosse durato di più: la forte pressione del vento mi faceva mantenere una velocità sostenuta, e utilizzavo la pagaia come timone.
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Con quella burrasca non c’era nessuno fuori, e quando ritornai mia moglie mi domandò: “perché non ti sei affrettato a rientrare prima che il vento salisse?” Le risposi “appena ho visto arrivare la burrasca mi sono affrettato a raggiungere un’isoletta. Là ho aspettato che aumentasse di intensità, e quando la forza del vento si è fatta più costante, ho puntato verso casa. Mi è sembrato di riconoscere la mia terra e sono arrivato senza danno, perché avevo il vento alle spalle.” Con mia moglie c’era anche Maqe che mi disse: “visto che esci quasi sempre da solo, tieni gli occhi bene aperti quando vai a caccia, e fa attenzione alle tempeste in arrivo, e non solo a quelle”. Risposi: “se durante una tempesta sono sottovento vicino alla costa, non rientro se la visibilità peggiora. Se sono sopravvento e la terra non scompare davanti ai miei occhi, allora rientro. L’unica cosa di cui di solito ho paura è pagaiare controvento”. Dopo queste parole Maqe mi disse: “devi sempre avere una pelliccia da kayak. E devi sempre prenderti cura come si deve della tua pelliccia da kayak, senza risparmiare grasso”. Intanto avevo preso un pezzo di carne, quello che preferivo in assoluto, e allora Maqe si rivolse di nuovo a me: “se la terra si trova sopravvento quando il Piteraq arriva all’improvviso, evita di alzare troppo la pagaia. Pagaiare a quel modo in una tempesta è faticoso. Bisogna invece tenere la pagaia appena rasente l’acqua e badare a non colpire le creste delle onde. E quando il vento è molto forte bisogna stare attenti a non consumare tutte le forze. E’ sufficiente evitare di farsi portare alla deriva dal vento. Quando poi la burrasca diminuisce un po’ di intensità, bisogna pagaiare di buona lena, e allora si raggiungerà la terra più rapidamente.”
Tratto dal libro IL MIO PASSATO ESCHIMESE di Georg Qupersiman.
:)
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