La solidarietà di gruppo era la terza importante caratteristica delle genti Inuit, necessaria per sopravvivere in un ambiente così critico. Si è parlato a questo proposito di un comunismo primitivo, che consisteva nell’equa distribuzione, fra i componenti della comunità, del cibo a disposizione. In caso di gravi e lunghe carestie, per salvaguardare la difesa del gruppo, venivano sacrificate le neonate: i maschi erano risparmiati poiché con il tempo sarebbero diventati validi cacciatori. Era inoltre uso comune sacrificare chi, essendo troppo anziano, non poteva apportare alcun contributo alla comunità; i vecchi si suicidavano semplicemente esponendosi al freddo intenso. Questo accadeva con grande sofferenza di chi, abituato a un profondo affetto familiare, doveva aiutarli in un atto così estremo.
Gli Inuit non erano gelosi, né possessivi nei confronti dei propri coniugi: lo scambio di mogli avveniva consensualmente e senza scandalo. Persino i figli, che erano accuditi con la massima cura e con profondo amore, potevano essere ceduti in adozione, in base a un principio di equilibrio sociale che tendeva a bilanciare il numero della prole delle diverse famiglie.
La famiglia Inuit era anche una famiglia naturale nel senso etimologico, scevra da eccessi autoritarismo: all’interno di essa, ciascuno adempieva alle proprie responsabilità, anche in età molto giovane, ed era rispettato da tutti.
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