Poiché la carne costituita il principale e talvolta unico elemento dell’alimentazione, per l’Inuit la cattura degli animali rappresentava l’obiettivo assoluto e primario. Le foche, i trichechi, i beluga e i narvali venivano cacciati d’estate, dai kayak o dai lastroni di ghiaccio accostati alla riva; la cattura di grosse balene garantiva un’abbondante riserva di cibo per tutto l’inverno.
Gli Inuit, innalzando ometti di pietra lungo le tradizionali vie di migrazione dei caribù, traevano in inganno gli animali, indirizzandoli in passaggi obbligati, dove li attendevano con lance, archi e frecce. Il trattamento di tutte le pelli era affidato alle donne, che spesso masticavano il duro materiale per renderlo morbido e poterlo lavorare.
I pesci d’acqua dolce erano catturati durante l’estate con le frecce, mentre d’inverno la caccia avveniva attraverso i fori di respirazione della superficie ghiacciata, con l’ausilio di speciali arpioni con punta mobile. Durante la stagione in cui i salmoni risalivano i fiumi, gli Inuit riuscivano ad accumulare grandi scorte di questo pesce, che generalmente affumicavano o nascondevano sotto spessi strati di ghiaccio per proteggerli da volpi, cani e orsi.
A bambini venivano affidate la raccolta delle uova di uccello e la cattura dei pennuti, soprattutto urie, che volando rasoterra in stormi numerosissimi, incappavano nei loro retini.
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