Non è facile vederlo perché sta nascosto nella vegetazione palustre ma è facile sentirlo cantare: il suo canto non è intonato ma fa parte della colonna sonora delle nostre pagaiate estive sul lago di Garlate. Appartiene all’ordine PASSERIFORMES, famiglia SYLVIIDAE, uccelli di piccole dimensioni ma grandi cantori, tra cui molti frequentatori delle zone umide. Il suo nome scientifico è Acrocephalus arundinaceus..
E’ molto simile come colorazione agli altri acrocefali: bruno-rossastro superiormente e bianco crema nelle parti inferiori, ma si identifica facilmente per la struttura e le dimensioni. Si tratta infatti di un uccello della lunghezza di 19 cm circa e del peso tra i 25 e 30 grammi. Visto a breve distanza, si notano il becco robusto e il sopracciglio chiaro. Il modo migliore per identificarlo è pero il canto, molto più forte di quello degli altri acrocefali, con note rauche e stridenti; anche la sua postura è utile al riconoscimento: è solito infatti cantare posato in vista sulla cima delle canne o di arbusti.
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E’ il tipico abitatore degli estesi canneti a Canna palustre (Phragmites) che costituiscono i margini dei laghi e dei corsi d’acqua. I maschi, che arrivano per primi, iniziano subito le dispute canore per conquistare partner e territorio, dove la femmina costruirà il nido. La struttura, costituita da materiale vegetale, è ancorata di steli di canna e si trova ad un’altezza tra i 50 e i 150 cm dall’acqua. Durante la migrazione e nei quartieri di svernamento, situati in Africa, per lo più a sud del Sahara, frequenta zone asciutte e lontane dall’acqua. In Italia è nidificante, estivo e migratore e in Lombardia frequenta le zone della pianura fino ai 200 m e la sua distribuzione corrisponde in generale all’ubicazione delle principali zone umide. La sua alimentazione, anche se è prevalentemente insettivora, è arricchita da molluschi, piccoli pesci e anfibi; in autunno si ciba anche di bacche.
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E’ molto simile come colorazione agli altri acrocefali: bruno-rossastro superiormente e bianco crema nelle parti inferiori, ma si identifica facilmente per la struttura e le dimensioni. Si tratta infatti di un uccello della lunghezza di 19 cm circa e del peso tra i 25 e 30 grammi. Visto a breve distanza, si notano il becco robusto e il sopracciglio chiaro. Il modo migliore per identificarlo è pero il canto, molto più forte di quello degli altri acrocefali, con note rauche e stridenti; anche la sua postura è utile al riconoscimento: è solito infatti cantare posato in vista sulla cima delle canne o di arbusti..
E’ il tipico abitatore degli estesi canneti a Canna palustre (Phragmites) che costituiscono i margini dei laghi e dei corsi d’acqua. I maschi, che arrivano per primi, iniziano subito le dispute canore per conquistare partner e territorio, dove la femmina costruirà il nido. La struttura, costituita da materiale vegetale, è ancorata di steli di canna e si trova ad un’altezza tra i 50 e i 150 cm dall’acqua. Durante la migrazione e nei quartieri di svernamento, situati in Africa, per lo più a sud del Sahara, frequenta zone asciutte e lontane dall’acqua. In Italia è nidificante, estivo e migratore e in Lombardia frequenta le zone della pianura fino ai 200 m e la sua distribuzione corrisponde in generale all’ubicazione delle principali zone umide. La sua alimentazione, anche se è prevalentemente insettivora, è arricchita da molluschi, piccoli pesci e anfibi; in autunno si ciba anche di bacche..







Il fulmine è il risultato di un accumulo di cariche elettriche di segno opposto che si viene a creare in un cumulonembo. Il meccanismo esatto di formazione non è ancora stato chiarito ma sembra che i cristalli di ghiaccio che nascono alla sommità della nube siano caricati positivamente, mentre le gocce d’acqua che tendono a cadere alla base del cumulonembo siano caricate negativamente. Quando le cariche negative raggiungono quelle positive si stabilisce un'intensa corrente elettrica, il fulmine. La maggior parte dei fulmini avviene all’interno della nube, tra nubi diverse o tra la nube e l’aria, se quest’ultima è sufficientemente carica. Solo un fulmine su quattro colpisce il suolo. La temperatura raggiunta dall’aria percorsa da una scarica elettrica supera i 22000 °C: la brusca dilatazione seguita da una ugualmente rapida contrazione crea un’onda acustica che si manifesta con il tuono. Poiché la luce si propaga molto più rapidamente del suono, noi prima vediamo il lampo poi sentiamo il tuono. Quest’ultimo impiega circa 3 secondi per percorrere un chilometro; si può dunque calcolare facilmente la distanza in chilometri di un temporale contando i secondi che separano la vista del fulmine dal rombo del tuono e dividendo per 3. Di solito il tuono non si avverte oltre una trentina di chilometri. 