"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

venerdì 18 aprile 2008

PAGAIARE CONTRO IL PITERAQ PER SOPRAVVIVERE


Una volta in cui dovevo raggiungere la riva controvento, mi trovai in difficoltà. Il giorno prima aveva piovuto ed ero uscito in kayak con la pelliccia. Poiché ero rimasto fuori per parecchio tempo la pelliccia si era inzuppata di pioggia. L’indomani c’era calma, e poiché la pelliccia era ancora bagnata, quando uscii con il kayak la lasciai a casa. Arrivato al largo mi arrampicai su un banco di ghiaccio. Poco dopo vidi la sabbia sollevarsi e turbinare sopra la vetta di Ortunaviq. Era estate, e mi resi conto che il Piteraq poteva arrivare da un momento all’altro, sebbene più che promettere una tempesta di Piteraq il vento sembrava soffiare da nord-est. Quando succedeva questo, usavamo dire che si “spostava” (il Piteraq si spostava a nord-est), e in quei casi era violentissimo.
Allora legai ben stretto il bordo superiore della mia mezza pelliccia * (*tutti i cacciatori in kayak possiedono una mezza pelliccia. Poiché il kayak è molto basso, è sufficiente un po’ di vento perché l’acqua entri sciabordando dall’apertura del pozzetto) con la correggia dell’arpione, mi infilai nel kayak, fissai il bordo inferiore tutt’intorno all’apertura e mia avviai verso terraferma quando il Piteraq arrivò con tutta la sua forza. Fortunatamente non ero molto lontano dalla costa, ma mi chiesi quando avrei cominciato a sentire freddo dentro il kayak. Ma prima che il freddo si facesse sentire (l’acqua di mare che si infiltrava all’interno del bordo superiore della mezza pelliccia), mi avvicinai alla terraferma dove ero al riparo. Allora decisi di doppiare la punta, e ci riuscii seguendo da presso la costa. Mi restava da attraversare un piccolo stretto (meno di mezzo chilometro) e anche se non avevo paura, aspettai che la tempesta si placasse un po’, dal momento che non indossavo la pelliccia da kayak. Il mare aveva assunto una sfumatura rossiccia a causa del turbinio di sabbia e acqua ma quando, poco dopo, l’esperienza mi disse che per il momento la tempesta non si sarebbe placata, mi avviai. Ero arrivato a metà – e avevo il vento contro – quando cominciai a sentire qualcosa di freddo contro il petto. Mentre pagaiavo, alcuni movimenti avevano allentato la correggia, che lasciava passare l’acqua. Di lì a poco l’acqua fredda cominciò a entrare nel kayak, mentre il Piteraq aumentava sempre più di intensità. Il nostro accampamento non era molto lontano, ma fui costretto a puntare verso la costa più vicina, poiché sentivo che l’acqua entrava molto rapidamente nel kayak. Poco dopo scesi a terra: in quel breve lasso di tempo il mio kayak si era quasi riempito d’acqua, che entrava dalla mezza pelliccia. Siccome da quel punto potevo raggiungere la nostra tenda a piedi, sbarcai. Se avessi indossato la pelliccia, sarei arrivato fino all’accampamento in kayak.
Se quel piccolo stretto laggiù fosse stato appena più grande, allora sarei sicuramente affondato prima di raggiungere l’altra riva: l’acqua entrava in tale quantità e con tale rapidità dal bordo della mezza pelliccia che il mio kayak era mezzo pieno.

Tratto dal libro IL MIO PASSATO ESCHIMESE di Georg Qupersiman.

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