Lo scorrere silenzioso del kayak, l’immergersi della pagaia nell’acqua limpida e da una parte la riva del lago e dall’altra una chiara e fresca distesa liquida che mi sorregge.
Oggi, dopo un lungo periodo d’astinenza forzata, sono tornato a solcare i flutti.
Un giretto per riprendere l’abitudine. La preparazione e la prua del kayak che fende l’acqua dopo tanto tempo. E’ una giornata stupenda e il sole splende in cielo disegnando sull’increspatura dell’acqua una serie infinita di riflessi luminosi, come tanti diamanti che si dissolvono col mio procedere.
Le prime pagaiate mi allontanano dalla sede nautica del CK90 di Vercurago e mi dirigo verso Lecco anche se l’itinerario prevede la circumnavigazione del lago di Garlate.
Alzo lo sguardo e le mura ormai sbrecciate del castello dell’Innominato seguono silenti il mio incedere.
Mi hanno sempre affascinato le vicende del passato ed ho trovato intriganti le vicende che hanno coinvolto le vite degli uomini e delle donne che lo hanno vissuto.
Mi piace credere che un viandante, passando tra qualche secolo da queste parti, possa provare le stesse emozioni che provo io quando mi trovo davanti agli occhi opere murarie come questa.
Il castello dell’Innominato, teatro della prigionia di Lucia nei Promessi Sposi, è una rocca militare che risale al 1150 e le vicissitudini storiche la videro protagonista delle incessanti battaglie delle nobili famiglie, i Della Torre e i Visconti, per il possesso dei territori e il dominio di Milano.
Nel 1373, cominciò il declino strutturale del castello da parte dei Visconti che erano in guerra con i Della Torre e la sua distruzione continuò a seguito delle lotte fra Guelfi e Ghibellini e quanto rimaneva di quella che fu una maestosa struttura difensiva venne depredata dagli abitanti per l’utilizzo dei materiali per la costruzione delle loro case, il che apportò un notevole cambiamento nella sua forma originaria.
Nel 1454, la rocca passa sotto il dominio della repubblica di Venezia e ancor oggi, sul sito ci sono i picchi a testimoniare dove le terre della Serenissima finivano per diventare quelle di Milano. L’Adda diventa il confine naturale tra i territori dei due contendenti.
Pagaiando ancora assorto nello spettacolo che un canoista avrebbe potuto ammirare percorrendo il mio stesso tragitto 850 anni fa, sono giunto al campeggio Rivabella, ho percorso circa un chilometro dalla partenza e decido di mettermi alla prova aumentando la forza nella spinta della pagaia. Percorse poche centinaia di metri, mi accorgo che il lungo periodo di astinenza mi ha indebolito non poco, quasi l’acqua dove infilo la pagaia fosse diventata pesante da spostare.
Nel rallentare, noto che sulla riva sono ricoverate tre imbarcazioni dell’epoca: "le Lucie".
Ricordo di aver provato il governo di una di loro, sono imbarcazioni molto pesanti ma anche molto manovriere e venivano usate in passato per la pesca prima e successivamente per il trasporto passeggeri.
Le Lucie o anche batejj erano la versione più piccola dei comballi (cumbajj) che muniti di vela solcavano il nostro lago trasportando merci e materiali sfruttando il Tivano (vento mattutino che spira da Nord verso Sud) per dirigersi a Lecco e la Breva (vento pomeridiano che spira da Sud verso Nord) per tornare ai porti di provenienza.
Poco oltre nel mio procedere, scorgo la croce del monte Magnodeno. Il Magnodeno è un monte che domina il lago di Garlate e si trova sulla sinistra arrivando da Lecco. Alto 1241 metri, sulla sua vetta ospita un rifugio dell’ANA dove ogni mercoledì a mezzogiorno viene servito un risotto coi funghi che attira molti amanti della montagna.
Abbasso lo sguardo e noto una serie di pali infissi sul fondo del lago a segnalare una tubatura subacquea, appollaiato con le ali spiegate su ognuno di essi un cormorano.
Di primo acchito mi ricordano le insegne di un’antica legione romana (le aquile) e mi strappano un sorriso. Il tempo di estrarre la fotocamera e sono già fuggiti.
Allargo la rotta al protendersi di una piccola spiaggia (detta Saponetta) dove un torrente che l’attraversa, nel corso degli anni ha depositato il materiale che le sue acque hanno portato a valle rendendo quel tratto di lago piuttosto basso.
Riprendo ad avvicinarmi alla costa del lago e dopo un tratto affiancato dalla riva ricca di arbusti ed un tratto della ciclabile che collega Lecco a Vercurago mi trovo davanti alla foce del torrente Bione.
La foce del torrente Bione descritto dal Manzoni nel “Addio monti”, non è la stessa davanti alla quale sto passando perché il torrente fu deviato nel 1846 ed in origine era più a Nord.
Ancora poche pagaiate e sono sotto l’arcata del ponte Manzoni, la oltrepasso, inclino leggermente il kayak per mantenere la direzione in corrente ed affronto l’attraversata che mi porta sulla sponda opposta del lago.
Lascio cadere le braccia in acqua e con piacere godo della frescura che mi accarezza i polsi. Un sorso d’acqua per dissetarmi e via sulla rotta del ritorno.
Il lato destro del lago, scendendo verso Olginate, è costeggiato, quasi ininterrottamente, da una suggestiva pista ciclabile.
Ho raggiunto l’abitato di Garlate sovrastato dal monte Barro.
Il monte Barro è una montagna isolata delle Prealpi lombarde ed è alto 922 metri. Scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di insediamenti risalenti il quinto secolo D.C. e medioevali.
Appollaiato a mezza costa del monte, sorge il comune di Galbiate che fa bella mostra di sé a chi ramingo naviga sulle placide acque lacustri.
Capita spesso, se si naviga a poca distanza dalla riva, di notare tra i cespugli i nidi dei cigni che frequentano numerosi queste acque e se la frequentazione è assidua si incontrano i loro pulcini prima che cambino il piumaggio grigio con quello candido. Insomma, da brutti anatroccoli a cigni. Capita anche di vedere tartarughe d’acqua dalle dimensioni importanti, cosa che fa sembrare esotico immaginarle antiche abitatrici degli acquari domestici dai quali sono state sfrattate.
Seguendo la corrente, si capita in tratto di costa inaccessibile da terra perché paludosa. In quel tratto oltre alle canne che crescono rigogliose, ci sono anche alberi d’alto fusto nelle cui chiome abitano i cormorani che al mio arrivo immancabilmente prendono il volo, aironi cenerini e tra le canne, germani reali e folaghe. E’ bellissimo vedere i germani reali nuotare mentre portano sul dorso i loro pulcini.
Passati oltre questa incantata voliera, la costa si allarga e da’ alloggio ad un cantiere nautico con un gran numero di imbarcazioni a ricovero.
Ormai siamo giunti ad Olginate.
All’orizzonte si profila la diga, nata per evitare le frequenti esondazioni a Como e Lecco e per alimentare i canali d’irrigazione della pianura Padana.
Arrivati in prossimità della diga, attraversiamo nuovamente e ci riportiamo sulla sponda lacustre di Vercurago e dopo poche pagaiate ci troviamo passare davanti la foce del torrente Gallavesa e subito dopo la spiaggia sempre gremita dei bagnanti che la affollano quando il clima lo permette.
Ancora qualche pagaiata e sono arrivato all’approdo della sede Canneto del CK90.
Ho percorso una decina di chilometri impiegandoci un ora e quaranta minuti.
E’ stata una bella passeggiata e ho goduto di tutto quello che un paesaggio incantevole può dare senza spingersi troppo lontano. Chi, come me, ama approcciarsi con la natura godendo del solo gorgoglio che la pagaia fa’ quando la si immerge e lasciando un silenzio immacolato quasi non la si volesse disturbare nel suo operare eterno, comprende la quantità infinita di emozioni che si provano, sia pur in un giro di pochi chilometri come quello che ho cercato (e spero di esserci riuscito) di descrivervi.
Buona pagaiata a tutti.
Testo di Vittorio (Inuit del Lario - CK90)
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