Si parla di salvataggi quando il kayaker è caduto in acqua, quindi al di fuori del pozzetto. I salvataggi si possono distinguere in: autosalvataggi e salvataggi assistiti. Gli autosalvataggi si possono effettuare grazie al paddle float, un galleggiante (rigido o gonfiabile) che può essere fissato ad un’estremità della pagaia. Appoggiando il manico della pagaia fornita di paddle float a poppa del pozzetto del kayak, si ottiene un bilanciere che facilita notevolmente la manovra di risalita sulla barca. Un’altra tecnica di auto salvataggio è rappresentata dal rientro a eskimo. Una volta usciti dal kayak, per rientrare nel pozzetto si effettua una mezza capriola sotto il kayak e, attraverso una spazzata, magari a pala lunga, si ristabilisce l’equilibrio. Con un valido sistema di svuotamento, questa manovra permette di risolvere situazioni critiche in tempi molto rapidi.
I salvataggi assistiti sono quelli che prevedono l’aiuto di uno o più kayaker del gruppo. Una volta in acqua, l’intervento di un compagno può facilitare le cose, sia per quanto riguarda al risalita in kayak sia per lo svuotamento. I moderni kayak da mare, grazie alla presenza delle paratie stagne ed al fatto che il ponte anteriore è di solito più alto di quello posteriore, quando sono ruotati e leggermente sollevati, possono essere facilmente svuotati anche in acqua, non costringendo così a sbarcare.
Le tecniche di recupero, così come i salvataggi devono essere provate e riprovate, coinvolgendo gli amici con cui si pagaia più spesso. E’ preferibile frequentare un corso ed apprendere le diverse tecniche per arrivare ad un completo controllo del mezzo. Dopo il corso, è fondamentale praticare assiduamente, magari partecipando alle manifestazioni che sempre più spesso vengono organizzate in Italia e all’estero. La partecipazione ad un corso non deve essere intesa come un punto di arrivo, ma come punto di partenza che apre gli orizzonti della favolosa attività del kayak da mare.
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