"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 21 maggio 2009

IL POZZETTO DEL KAYAK DA MARE

Ogni kayak è pensato e progettato in funzione del tipo di ambiente acquatico in cui si naviga. Questo influenza in maniera particolare la grandezza del pozzetto. Per i litorali poco protetti e soggetti a improvvisi mutamenti meteorologici, si tende a preferire pozzetti di piccole dimensioni (denominati pozzetti oceanici), magari adeguando opportunamente la conformazione dei ponti. Questi pozzetti hanno il vantaggio che la superficie in cui può penetrare l’acqua è limitata ma non sono comodi in caso di rientro dopo una caduta in acqua. Certi kayak della Groenlandia e del Labrador, hanno il ponte anteriore situato più in alto rispetto a quello posteriore. La differenza di quota fra i due permette di entrare e uscire dal pozzetto con la massima facilità e rapidità. Per prendere posto nel kayak, per esempio, basta sedersi sul bordo posteriore del pozzetto e scivolare all’interno con le gambe tese in avanti. Molti kayak nordamericani, destinati a navigare in acque relativamente protette, hanno invece i pozzetti piuttosto larghi e i due ponti situati alla medesima altezza.

Teoricamente, il kayaker marino ha gli stessi problemi di assetto del kayaker fluviale, dunque deve predisporre di saldi appoggi per i piedi, le ginocchia, le cosce e le anche. Per pagaiare bene, bisogna che il kayak sia perfettamente “calzato”, così come avviene per le scarpe da footing se si vuol correre al meglio. Gran parte dell’energia che viene trasmessa al kayak mentre si pagaia passa attraverso il sedile. Quest’ultimo non deve essere né troppo largo né troppo stretto e deve consentire al kayaker di sedersi perfettamente al centro dello scafo, in modo da non alterarne il bilanciamento, altrimenti il kayak tenderà a virare a dritta o a sinistra. Eventualmente, si può spessorare il sedile fino a ottenere la sensazione di essere “avvolti”. In certi pozzetti è impossibile fruire anche di un minimo appoggio per le ginocchia, inconveniente che dipende spesso dalla cattiva progettazione del sedile, che risulta esageratamente ampio. Questo problema, come nel precedente caso, può essere parzialmente risolto incollando alle pareti interne dello scafo, in corrispondenza dei punti di appoggio, degli spessori di poliuretano espanso o materiale analogo, dopo averli opportunamente sagomati. Alcuni pozzetti sono così larghi che il costruttore è costretto a installarvi dei sedili scorrevoli con guide. Tali dispositivi consentono al kayaker di modificare il bilanciamento della barca, spostando il peso del corpo in avanti o indietro. Francamente, non è un gran vantaggio. Meglio un pozzetto di misure adeguate, ben progettato e provvisto di punti d’appoggio fissi. E sempre a proposito del sedile, questo deve essere in posizione tale da consentire al kayaker, all’occorrenza, di inclinare lo scafo mentre pagaia. Sedili alti permettono velocità più elevate, ma comportano anche maggiore instabilità. Sedili bassi conferiscono buona stabilità, ma di contro regalano al kayaker gomiti umidi e graffiati, nonché abrasioni sulle nocche delle mani.

Veniamo al puntapiedi o poggiapiedi. E’ una parte fondamentale del kayak, punto di contatto vitale per la trasmissione del moto. In ogni circostanza in cui il kayak si ferma improvvisamente, esso è l’unica cosa che vi impedisce di scivolare all’interno dell’imbarcazione, situazione estremamente pericolosa, soprattutto se, nel medesimo istante, capita che il kayak si rovesci, giacché potrebbe risultare molto difficile uscire dal pozzetto. Il puntapiedi deve avere due caratteristiche essenziali: essere regolabile, per adattarsi alla lunghezza delle gambe, ed essere “a prova di errore”, il che significa, più precisamente, che se i piedi lo scavalcano, a causa di un urto improvviso o altro, quest’ultimo deve potersi staccare tirando i piedi verso di sé. A tal scopo occorre che il puntapiedi sia dotato a un’estremità di uno speciale incastro.


Per consentire al paraspruzzi di aderire, saldamente al kayak, potendosi al tempo stesso rimuovere agevolmente, l’imboccatura del pozzetto deve presentare una mastra – cioè un orlo ribattuto – larga almeno 3 cm e alta abbastanza perché le dita possano scorrervi sotto senza incontrare ostacoli. Controllate sempre che il bordo elastico del paraspruzzi sia ben ancorato alla mastra. Inutile sottolineare che il paraspruzzi deve essere in perfette condizioni, specialmente la maniglia di rilascio, dalla cui funzionalità può dipendere la vita del kayaker in caso di rovesciamento. Il paraspruzzi può essere in neoprene o in nylon.
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