"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 31 marzo 2008

LA FAMIGLIA INUIT E I BAMBINI

La famiglia tipica Inuit era formata da padre, madre, uno o due figli, a volte una zia o uno zio non sposati. Con essi vivevano anche gli anziani. L’unità famigliare si basava sull’eguaglianza e la cooperazione. Gli Inuit credevano che alla nascita di un bambino lo spirito di un antenato rivivesse in lui manifestandosi in vari modi, sia nelle caratteristiche fisiche che nella personalità. Perciò il bambino veniva rispettato e trattato come un adulto perché era ovvio che sapesse quando mangiare o dormire e quali fossero le sue necessità. Queste credenze rendevano i piccoli Inuit liberi di agire e di muoversi, e gran parte della loro educazione era fondata sull’osservazione e sull’esempio dell’adulto. Gli orfani erano subito adottati dai famigliari più vicini, e una coppia che voleva un bambino si rivolgeva ad una parente incinta chiedendole di portelo allevare come sue figlio. I bambini venivano allattati a lungo, in media per tre anni. Il distacco dal seno era un momento molto particolare perché costituiva l’inizio della vita “adulta”. Alle bambine si chiedeva di essere utili nei lavori domestici e di occuparsi dei bimbi più piccoli fin dall’età di quattro anni. I giocattoli dei bambini venivano fabbricati principalmente con osso, legno, pietra e pellami. Questi giocattoli erano molto semplici, come ad esempio il piccolo Inukshuk (vedere il post su questo argomento) in pietra; i bastoncini usati per un gioco simile allo “Shanghai; il pescatore, piccolo gioco simile al domino; le riproduzioni in miniatura di animali in legno; le figurine antropomorfe che ricordavano gli antichi amuleti. Le bambole erano fabbricate con gli scarti di pelliccia, vecchie perline, avanzi di tessuto. Altri giochi servivano a sviluppare nei bambini forza, precisione e rapidità, qualità utili per sopravvivere in un ambiente estremo e che sarebbero tornate utili per esempio nell’andare in qajaq a cacciare foche e narvali.

4 commenti:

  1. Senza ombra di dubbio la creatività e la grande capacità di adattamento alle situazioni, tipiche delle popolazioni inuit sono dovute al loro sistema di crescita.Inconsapevolmente attuavano quello che poi divenne il fondamento della pedagogia Steineriana adottata dalle scuole Waldorf, ovvero il gioco libero e con pochi stimoli se non quelli che la natura già ti offre.Bello articolo, complimenti.

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  2. Ho letto con vivo interesse le vostre "schede" sulla cultura inuit.
    Mi potreste segnalare quali sono le vostre fonti? Sono allaricerca di testi in litaliano sugli Inuit, e ho trovato davvero poco. Grazie. Cristina

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  3. Ciao Cristina. Non ci sono tantissimi libri in italiano che parlano della cultura Inuit. Alcuni spunti li abbiamo tratti da
    "IL MIO PASSATO ESCHIMESE" di AlcuGeorg Qùpersimàn
    a cura di Otto Sandgreen
    Edizioni Ugo Guanda - 1999, altri da "INUIT E POPOLI DEL GHIACCIO" Catalogo della mostra di Torino, 2 dicembre 2005-30 aprile 2006, curato da Gabriella Massa, poi vari siti su internet. Molto interessanti i racconti di Ottorino Tosti che porta la sua testimonianza sull'attuale condizione di quei popoli.

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  4. Grazie per le segnalazioni: mi sono procurata, e ho letto, i due testi che mi hai indicato. Ho trovato anche, in italiano, "La figlia dell'esploratore" (2007, ed. Le Caravelle) di Kari Herbert. L'autrice (figlia dell'esploratore Wally Herbert) è vissuta da bambina in un villaggio inuit del nord della Groenlandia, e vi è tornata da adulta facendone un ampio reportage. Uno spaccato autentico della Groenlandia di ieri e di oggi. Ciao. Cristina

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