"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

domenica 29 marzo 2015

IL ROSPO, NEL LAGO A PRIMAVERA



Il nome scientifico è Bufo bufo. I maschi sono lunghi circa 8 cm, mentre le femmine, ben più grosse, possono raggiungere anche i 20 cm; sono i più grossi anfibi delle regioni europee. Ama i boschi umidi e conduce la sua vita nel sottobosco, dove di giorno se ne sta nascosto tra il fogliame ed esce solo di notte, per fare compagnia al altri insettivori specializzati, come il riccio, di cui condivide l’habitat.




L’incontro casuale con questo anfibio ha sempre destato un po’ di disagio, a volte addirittura disgusto. Eppure anch’esso ha un fascino e un’utilità indubbia dentro il sistema a maglie fitte della vita del bosco. Uno dei motivi primi dell’antipatia nei suoi confronti potrebbe essere quello della pelle, che si presenta butterata e a volte liscia; un secondo elemento potrebbe essere costituito dalle sue abitudini notturne e dalla sua lentezza; quando gli animali se ne stanno immobili al buio, fissandoti negli occhi, subentra spesso un senso di disagio, forse immotivato, ma che mette una certa apprensione. Di vero c’è il fatto che i rospi posseggono delle ghiandole sulla pelle, in particolare le due protuberanze che si notano dietro le orecchie, ai lati del capo, in grado di emettere sostanze tossiche. Anche se non sono veramente velenose, esse sono in grado di irritare le mucose di chi lo tocca.




Parente stretto delle rane, il rospo ama un po’ meno l’acqua, verso la quale si dirige solamente nel periodo riproduttivo. Quando viene la primavera, verso fine marzo, essi si risvegliano dal sonno invernale. Come gli altri animali a sangue freddo che vivono nelle regioni settentrionali, d’inverno non possono tenersi attivi per mancanza del calore necessario, per cui devono trovarsi un rifugio, generalmente una buca sotterranea, dentro la quale ripararsi dal rigore invernale. Quando la temperatura esterna si fa mite, e la vita si rianima, anche i rospi escono dai loro rifugi, e il primo istinto è quello riproduttivo. Si mettono in movimento tutti assieme, per cui si assiste a una vera e propria migrazione verso gli stagni e i laghi. In pochi giorni, file interminabili di rospi si muovono, preferibilmente di notte ma, con il brutto tempo anche di giorno, in direzione dei luoghi dove sono nati. I maschi migrano prima, e occupano i territori in attesa dell’arrivo delle femmine.




Nei rospi la fecondazione è esterna, per cui il compito del maschio è quello di accaparrarsi una femmina, alla quale si aggrappa saldamente sul dorso, e di attendere che deponga le uova, per poi irrorarle in acqua, con il suo seme biancastro. Le uova, deposte in lunghi filari dentro un cordone gelatinoso, restano aderenti alla vegetazione acquatica, in attesa della schiusa. Non di rado i luoghi scelti per la deposizione non manterranno sufficiente acqua per tutto il tempo necessario alla trasformazione da girino a rospo, per cui molti piccoli sono destinati a soccombere.




La sua lentezza, che non gli permette l’agilità nel salto che hanno invece le rane, lo ha esposto ai pericoli della predazione; così, madre natura lo ha dotato delle ghiandole velenifere che ricoprono la sua pelle. Se un predatore, una volpe o un altro carnivoro, tenta di addentarlo, la secrezione irrita le mucose della bocca e provoca immediatamente una reazione, causando sofferenza e forte salivazione; l’esperienza resta fissata nella memoria, e ciò rende i rospi egregiamente difesi dai loro attacchi. Solo le bisce, come la natrice dal collare, suo acerrimo nemico, non gli lasciano scampo; sembrano infatti immuni dall’effetto di tali sostanze. Anche alcuni rapaci, seppure casualmente, lo predano senza danni, in quanto lacerano la sua pelle e si cibano esclusivamente delle carni e delle viscere.I rospi hanno solo due nemici. Un nemico invisibile è un dittero specifico, la bufolucilia, che depone le uova sulla sua pelle e le cui larve, dopo la schiusa, migrano e si installano all’interno delle cavità nasali, provocando gravi parassitosi che lo possono portare anche alla morte. L’altro nemico a cui non può facilmente sfuggire, visto la sua lentezza nei movimenti, sono le automobili che finiscono per schiacciarlo durante le migrazioni primaverili dal bosco al lago.




Da alcuni anni gli Inuit del Lario contribuiscono attivamente alla campagna di “Salvataggio Rospi” del WWF di Lecco nelle località lariane di Melgone, in comune di Mandello del Lario (LC), e di Onno (LC), durante la quale si raccolgono e si trasportano oltre 15.000 esemplari di rospo comune. Nei due tratti, per un fronte totale di 2 km, si alternano vari volontari di associazioni e cittadini comuni, indicativamente da aprile a maggio, nel monitoraggio della migrazione nuziale di questi misteriosi animali, appartenenti all'ordine degli anfibi, che scendono dalle pendici del Monte Moregallo, per raggiungere le rive lacustri del Lario, dove le femmine deporranno le loro uova. Il fenomeno si ripete ad ogni inizio stagione e, se tra il luogo dello svernamento e quello della riproduzione si interpone la strada, la sorte di molti rospi sarebbe segnata, schiacciati dalle auto in transito. Grazie al posizionamento di barriere speciali a monte e a valle della strada e all’impegno dei volontari, gli animali possono essere raccolti in secchielli e trasportati indenni ai luoghi di riproduzione. Da diversi anni si ripete questa operazione, che ha permesso di salvaguardare e incrementare la popolazione di anfibi che abita i boschi delle pendici del Monte Moregallo.
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Se sei interessato a partecipare puoi contattare gli Inuit del Lario!
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Foto di Riccardo Agretti e Eppiluk (Inuit del Lario).

lunedì 9 marzo 2015

IL FORAPAGLIE, NASCONDINO TRA LE CANNE


 
Appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Sylviidae. Il suo nome scientifico è Acrocephalus schoenobaenus. E’ un uccello di piccola taglia, lungo meno di 13 cm. Si distingue dalla Cannaiola per l’evidente sopracciglio color crema e per le parti superiori notevolmente striate ad eccezione del groppone, che è uniformemente di color fulvo. Può anche confondersi con Forapaglie castagnolo, che però ha un vertice più scuro. Parti inferiori color crema, con fianchi fulvi. La coda è piuttosto squadrata.




Abita la fitta vegetazione nei pressi dell’acqua, soprattutto canneti e arbusteti. Il nido è costruito alla base delle piante, dove la copertura è più densa. Si nutre di insetti e loro larve, ragni e piccole chiocciole. Caratteristico il movimento continuo e irrequieto; canta si posato sia in volo, tanti di giorno quanto di notte. Nel canneto vola tenendo la coda aperta e abbassata. Nidifica generalmente in aree planiziali ma occupa anche zone umide alla medie quote (fino a 1.300 m in Appennino). Durante le migrazioni si ferma sia nelle paludi, sia su campi e boschetti; nei voli notturni di trasferimento attraversa anche i passi alpini.




Il suo areale produttivo è essenzialmente europeo. Nidifica in tutto il continente ma diviene più rafo, fino a scomparire, verso le regioni più meridionali; a est nidifica fino in Siberia centrale. E’ un migratore transahariano, la cui intera popolazione europea sverna in Africa, dal Senegal all’Etiopia e, verso sud, fino al Sudafrica. In Italia nidifica in modo frammentario nelle regioni settentrionali. Uno dei nuclei più importanti è rappresentato da una popolazione che nidifica sul Lago Superiore di Mantova. In Europa nidificano meno di 2.500.000 coppie, considerate stabili o in leggera diminuzione. In Italia non si riproducono più di un centinaio di coppie di cui poco meno di 40 in Lombardia.