"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

mercoledì 28 maggio 2008

GLI INUIT AL FESTIVAL “LO SPIRITO DEL PIANETA”

Ecco un’iniziativa da non perdere sulla cultura Inuit, segnalata dal nostro amico Marco Ferrario e che pubblico volentieri:

Giovedì 5 giugno 2008 - Gli Inuit a Chiuduno (BG)
ore 20:15 - Laboratorio tenuto dal gruppo Inuit.
ore 21:15 - Canti e danze tradizionali del gruppo Inuit.
ore 22:30 - Conferenza: La cultura degli Inuit.
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La serata dedicata agli Inuit è inserita nell'ambito del Festival "Lo spitito del pianeta" http://www.lospiritodelpianeta.it/ famoso Festival con gruppi etnici e tribali da tutto il mondo custodi di culture che stanno scomparendo.

lunedì 26 maggio 2008

IL GERMANO REALE, L'ARISTOCRATICO DEL LAGO DALLA TESTA VERDE

maschio di Germano realeE’ senza dubbio l’anatra più comune da incontrare mentre pagaiamo. Appartiene all’ordine Aseriformes, famiglia Anatidae, uccelli acquatici conosciuti appunto come anatre. E’ inclusa nel gruppo “anatre di superficie”, che immergono solo la testa solo per nutrirsi, senza andare sott’acqua completamente. Il suo nome scientifico è Anas platyrhynchos.
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femmina e maschioE l’anatra di superficie più grande, con una lunghezza corporea tra 81 e 98 cm. Il maschio ha la testa verde metallico, il becco giallo, uno stretto collarino bianco, il petto bruno-porporino e il resto del corpo grigio; la femmina è marroncina, simile a quella di altre specie di anatre di superficie, con specchio alare distintamente blu.
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femmina di Germano realeCostruisce il nido nella vegetazione sulle rive di rogge e canali, anche molto stretti. Si nutre di vegetali che setaccia sui fondali. Il Germano reale ricerca il nutrimento in una posizione curiosa e tipica: immerge le parti anteriori del corpo, fino a porsi in posizione verticale, con la sola coda che spunta dall’acqua. Quando si nutre, tiene a bada altre anatre e gabbiani.
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femmina con piccoliHa un volo molto potente (produce un forte sibilo caratteristico), lineare e con battito d’ali molto regolare, in grado di sfidare anche forti venti. Forma stormi solitamente piccoli e poco compatti, che volano nella tipica formazione a “V”. Si può osservare in gruppo con altre anatre di superficie, soprattutto con l’Alzavola.
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coppia in voloFoto di Riccardo Agretti.

venerdì 23 maggio 2008

LA SLITTA DEGLI INUIT

In passato le slitte (QOMATIQ) erano fabbricate con il legno delle navi affondate, le ossa, le corna di caribù, i tendini animali e tutti i materiali che potevano essere utilizzati. Molte tecniche ingegnose erano usate per ridurre la frizione dei pattini sulla neve. L’osso di balena immerso nell’acqua, al fine di ricoprirlo di uno strato di ghiaccio, si rivelò un materiale ideale. Uno spesso strato di fango, pulito di ogni materia abrasiva e scaldato alla giusta temperatura, era steso sui pattini delle slitte e poi piallato per formare una superficie liscia. Per completare l’operazione, si cospargevano i pattini d’acqua, che gelava immediatamente e formava una superficie completamente liscia e scivolosa. Nei periodi di freddo intenso, gli Inuit amalgamavano terra con urina, formando un impasto resistente e meno friabile che la sola acqua. Nei periodi più caldi, a causa delle sua qualità adesive, applicavano del sangue di foca sui pattini prima di bagnarli con acqua. Quando l’osso di balena non era disponibile ricorrevano al pesce congelato, legato in modo da formare dei pattini, ai quali fissavano pesci che fungevano da traverse. Gli Inuit usavano anche per ricoprire le suole dei pattini uno strato di fango amalgamato a piccoli pesci. Questo impasto, solidamente congelato, era quindi lisciato con una pialla. In caso di emergenza poteva essere scongelato e utilizzato come cibo per i cani e in casi estremi anche per gli uomini.

Le slitte oltre ad essere un mezzo di spostamento veloce sulla neve e sul ghiaccio servivano anche per cacciare. Per catturare le foche, i cacciatori avanzano sulla slitte nascosti dietro a un piccolo velo bianco, in modo da mimetizzarsi con il paesaggio. A trainarle sono cani eschimesi , talvolta incrociati con lupi. Questi animali, una decina, sono veri e propri atleti. Possono percorrere un centinaio di chilometri e fare a meno di cibo anche per due o tre giorni. Per bere, lappano la neve con la lingua, senza nemmeno fermarsi a riposare. Il cane di testa, scelto per la sua forza e la sua intelligenza, è una guida preziosa perché sa trovare la strada attraverso la banchisa. I cani dormono sempre all’aperto e si cibano di pesce essiccato.

Infine una citazione va fatta alla spedizione al Polo Nord (Maggio 1971), capeggiata da Guido Monzino, alla quale parteciparono Rinaldo Carrel, Mirko Minuzzo e altri coraggiosi esploratori. Nonostante all’epoca fosse già in uso lo SKIDOO (la motoslitta), l’impresa italiana si avvalse esclusivamente delle tradizionali slitte, mentre gli indumenti rigorosamente di pelliccia, furono quelli appositamente confezionati sul posto dalle donne Inuit.
“Il vestiario adoperato per secoli dalle popolazioni locali si dimostra ancora il più valido per la praticità della foggia, per la straordinaria resistenza all’usura nella continua lotta tra i ghiacci e soprattutto per l’essenziale e insostituibile difesa dall’atroce freddo polare. Le abili donne di Qanaq, avvezze a cucire l’atavico costume per i loro uomini, eseguono diligentemente il lavoro, confezionando per i membri della spedizione i KOOLETAH, ovvero i giacconi col cappuccio di pelliccia di caribù, i pantaloni d’orso, le muffole di pelliccia di cane, col palmo in pelle di foca e lana all’interno, i KAMIK, stivali in pelle di foca, foderati di coniglio artico che si calzano a piedi nudi ed i copri KAMIK di volpe bianca”
Tratto dal libro: L’ultimo signore di Balbianello e le sue ventuno spedizioni di Rita Ajmone Cat.
Un'altra curiosità su Guido Monzino, tra l'altro sul mondo del kayak. La Regatalonga del Lario a Lezzeno, regata internazionale non agonistica, aperta a tutte le imbarcazioni remiere, ai partecipanti dalla provenienza più eterogenea e di ogni età, fu ideata, poi sostenuta economicamente, da Guido Monzino. L'idea, unica al mondo nel suo genere, venne in seguito copiata da Venezia con la Vogalonga conosciuta universalmente.
L'esploratore soggiornò diversi anni sul Lario e ora il museo che ricorda le sue imprese è a Villa Balbianello sul promontorio del Lavedo a Lenno, ora di proprietà del Fondo per l'Ambiente Italiano.

giovedì 22 maggio 2008

AROUND HIGHLANDS - LE TAPPE DEL VIAGGIO

Cercherò di seguire i nostri 3 amici, Tatiana, Mauro e Francesco, nel loro fantastico viaggio in kayak attorno alle Highlands scozzesi.
Il percorso è approssimativo, ricostruito in base ai dati pubblicati sul loro Blog, ma penso che vedere le loro fatiche rappresentate sulla carta sarà comunque un po' come accompagnarli, sarà un modo per essere virtualmente con loro in questa avventura.
Purtroppo la visualizzazione "sat" (foto da satellite) della zona è a bassa qualità, ma per farsi un'idea dell'ambiente che li circonda basta selezionare nel menù "altro" la casella "foto" e anche voi potrete vedere, attraverso alcune foto disponibili in rete, cio che loro vedono dal vivo.


Visualizzazione ingrandita della mappa

mercoledì 21 maggio 2008

L’AMBIENTE LACUSTRE: LA LUCE

Al contrario degli ambienti terrestri, che normalmente durante tutto il giorno sono illuminati dai raggi del sole in modo pressoché totale, nei laghi al di sotto di una certa profondità, regna il buio più assoluto anche nelle giornate più luminose. Le radiazioni solari che penetrano attraverso la superficie dell’acqua vengono man mano assorbite dalle molecole dell’acqua stessa e delle sostanze che vi sono disciolte o mantenute in sospensione. La profondità a cui avviene il totale assorbimento della luce varia da pochi decimetri a qualche decina di metri e dipende soprattutto dalla quantità e dalla tipologia del materiale presente in sospensione (rappresentato soprattutto dagli organismi microscopici del plancton e dal detrito organico e inorganico). In un lago è possibile perciò due zone ben distinte: una, superficiale e raggiunta dai raggi luminosi, viene detta “eufotica” (che letteralmente significa ben illuminata) e una, buia e profonda, viene detta zona “afotica” (cioè priva di luce). Tutti gli organismi che richiedono la presenza di luce per svolgere le proprie funzioni vitali saranno perciò concentrati nella zona eufotica. E’ il caso di tutte le forme vegetali e della maggior parte dei pesci, che fanno affidamento sulla vista per procurarsi il cibo.
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Persico sole - Persico reale - LuccioSempre basandoci sulla distribuzione della luce, è possibile in un lago distinguere altre due zone ben distinte: quella litorale, in cui le radiazioni luminose riescono a raggiungere il substrato di fondo, e quella pelagica, in cui il fondale è a profondità maggiore e non può essere raggiunto dalla luce. I popolamenti animali e vegetali che abitano le due zone sono fondamentalmente diversi: infatti mentre gli organismi tipici della zona litorale tendono ad avere uno stretto contatto con il fondo, le specie pelagiche vivono gran parte della propria esistenza (se non tutta) sospesi nell’acqua. Inoltre, caratteristica ben osservabile all’interno del popolamento ittico, come risulta chiaramente dalla tabella, nella zona pelagica è presente un numero assai limitato di specie a causa della notevole uniformità dell’habitat, mentre nella zona litorale la grande varietà di ambienti (rocce, ghiaia, sabbia, limo, piante sommerse, ecc.) permette di ospitare un numero di specie di gran lunga superiore.
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branco di Alborelle

lunedì 19 maggio 2008

LARIO MARATHON 2008 MEMORIAL ERICA - ONNO, 25 MAGGIO

La Lario Marathon di oltre 40 chilometri è alla sua decima edizione ed è incontro apprezzato tra Amici del Kayak da Mare, amanti di tranquille pagaiate e nello stesso tempo, buona occasione per cimentarsi su medie e lunghe distanze in regime non competitivo.
Domenica 25 Maggio – raduno al campeggio La Fornace tra le ore 8.30 e le 9.00 al fine di imbarcarsi entro le 9.30. Il punto di ritrovo è presso il Campeggio La Fornace di Onno nel Comune di Oliveto Lario sulla strada provinciale 583 che collega Lecco a Bellagio. Il Campeggio è a circa 800 mt dopo l’imbarcadero di Onno. La puntualità è d’obbligo e le operazioni di imbarco dovranno essere svolte con celerità. Prima della partenza si terrà un briefing per le ultime informazioni. Il percorso prevede la traversata su Olcio per poi procedere compatti sino a Varenna per la prima breve sosta. Si procederà attraversando su Punta Spartivento e successivamente superando Bellagio sino alla spiaggia di San Giovanni dove sosteranno coloro che intendono fare la “maratonina”(25 km. circa), mentre gli altri proseguiranno per Punta Balbianello sino a Lenno dove sotto i platani si farà sosta pranzo. Si costeggerà sino a Tremezzo e Cadenabbia e dalla Punta di Maiolica si attraverserà su Punta Spartivento dove è previsto l’incontro con gli amici della “maratonina” ed insieme fare rientro al punto di partenza. Per fronteggiare questo lungo percorso è necessario avere una buona preparazione e sapere mantenere una media di almeno 6 km/h (circa 3 nodi) per circa sette ore. Pur essendo un incontro non competitivo, è auspicabile che il gruppo si muova compatto per ragioni di sicurezza. L’imbarcazione deve essere di lunghezza superiore ai mt. 4,50 e dotata di compartimenti stagni e quindi resa inaffondabile. L’assistenza in acqua sarà garantita da sea-kayakers di provata esperienza e da istruttori di kayak da mare. E’ obbligo indossare il giubbotto salvagente e paraspruzzi, in caso contrario il partecipante non sarà ammesso alla escursione. E’ opportuno che ognuno abbia in dotazione almeno un cambio di vestiario, una giacca d’acqua, un paio di occhiali da sole e un paio di litri d’acqua per la giornata e quanto necessario per la colazione al sacco. Gli iscritti a Sottocosta per il 2008 avranno copertura assicurativa della FICT, mentre gli altri navigheranno sotto la loro responsabilità. Non sono previsti costi di iscrizione, se non una minima quota forfettaria per persona e per il parcheggio auto e per l’uso dei servizi, da riconoscere al Campeggio.

E’ richiesta una conferma sulla partecipazione, quindi prego contattarmi per e-mail o per telefono a questi numeri 031-696704 o 338-1374722 e tutto ciò entro il 20 Maggio. Luciano Belloni.

ITINERARI IN KAYAK

In questa sezione gli Inuit del Lario ed i loro amici avranno la possibilità di raccontare le loro esperienze in kayak. Un'ottima occasione per condividere, per ispirare e per ispirarsi.
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Ulteriori informazioni e foto le trovate sul blog di Marco: http://ekokayak.wordpress.com/

mercoledì 14 maggio 2008

IL CIGNO REALE, IL RE DEL LAGO

La coppia al nido Quando lo incrociamo con il nostro kayak, il Cigno Reale ci "invita" (non tanto cortesemente) a cambiare rotta perché è lui che comanda nel lago. Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, uccelli acquatici che comprendono anatre e oche. Il suo nome scientifico è Cygnus olor. Il piumaggio del Cigno è interamente bianco. Ha una zona di pelle nuda, di colore nero tra occhi e becco. Di pelle nuda è anche l’escrescenza che ha sopra il becco. Quest’ultimo è di colore arancione con la punta nera. Le zampe, palmate, sono nere. Uccello di grande dimensioni raggiungere e supera i 150 cm di lunghezza. Ha il collo molto lungo, pari a circa la metà della lunghezza totale. I maschi sono più grandi delle femmine. Anche il volo è molto caratteristico. Si invola dall’acqua con lunghe rincorse e vola con il collo ben disteso. Ad ogni battito d’ala emette un caratteristico suono sibilante ben udibile anche a distanza. Si ciba di vegetazione acquatica, suo principale nutrimento; si nutre raccogliendo il cibo in superficie o, col lungo collo, dal fondale, talora immergendo la parte anteriore del corpo come fanno le anatre di superficie. Il Cigno Reale è uno dei più pesanti volatori al mondo. Le femmine pesano circa 9 kg, mentre i maschi circa 10 kg., ma possono raggiungere i 14 kg.
Quello che segue è un articolo pubblicato sulla Rivista della Natura d’Italia (http://www.edinat.it/). Testo e foto sono del nostro caro amico Riccardo Agretti
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Maschio con materiale per il nido “Non sempre è necessario recarsi nei paradisi del birdwatching per osservare spettacoli appassionanti della Natura. Talvolta è possibile assistere a manifestazioni molto interessanti anche sotto casa. Le foto che corredano questa rubrica sono state scattate a Lecco, in zona Bione, lungo le sponde del Lago di Garlate, dove una coppia di cigni reali ha costruito il nido in un’ansa protetta del canneto, ma molto ben visibile dalla riva.
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Femmina

Il corteggiamento dei cigni avviene di solito tra marzo e aprile. I questa fase è più facile distinguere la femmina dal maschio, poiché quest’ultimo presenta una protuberanza nera sul becco particolarmente rigonfia. La coppia, monogama in condizioni naturali, compie una parata nuziale fatta di spettacolari evoluzioni, che ha anche la funzione di rinsaldare il legame tra il maschio e la femmina.

Il maschio al nido La costruzione del nido avviene tra la vegetazione palustre o persino sul terreno, in zone umide, naturali o artificiali, anche di ridotta estensione, con fondali poco profondi, come laghi, fiumi, paludi, cave, laghetti urbani, porti, incolti umidi, lagune e valli da pesca. Il nido, che può raggiungere anche un diametro di 2 metri, è formato da un grande ammasso di materiale vegetale, raccolto dai cigni col becco nelle immediate vicinanze, e foderato all’interno con un po’ di piumino. Il maschio e la femmina collaborano a questa attività fino alla deposizione delle uova.
Le uova Queste constano generalmente di 4-6 unità, sono di colore verde pallido opaco, con sfumature grigiastre, ed hanno una dimensione media di 11x 7 centimetri.
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Una tartaruga d'acqua esotica (Trachemys scripta) viene scacciata dal nido Durante la cova vi è una continua manutenzione del nido da parte del maschio, che in questa fase è particolarmente aggressivo nei confronti degli intrusi. Con le sue considerevoli dimensioni, che lo portano ad esibire un’apertura alare di 200-230 centimetri e il suo peso, è in grado di allontanare qualunque potenziale predatore delle uova. Anche la femmina, all’occorrenza, difende il nido da chiunque si avvicini, come nella situazione descritta dalla foto in cui la vediamo alle prese con una tartaruga Trachemis Scripta.

I piccoli al nido

L’incubazione dura generalmente 35 giorni ed è effettuata esclusivamente dalla femmina, sebbene il maschio possa coprire le uova per brevi periodi di tempo. Durante tutto il periodo della cova, la femmina abbandona raramente il nido e si nutre poco. I piccoli nascono già provvisti di un piumaggio grigiastro, e sono subito in grado di nuotare, offrendo uno spettacolo veramente tenero mentre zampettano in acqua intorno ai genitori.
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I piccoli dopo aver lasciato il nido Dopo un giorno o due la famiglia è già pronta ad abbandonare il nido, che in certi casi potrà essere utilizzato, dopo una risistemazione, anche negli anni successivi.
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Una folaga riutilizza il nido ormai abbandonato

A volte può invece accadere che vi si insedino altri animali, come le folaghe, utilizzandolo come riparo o anche come base di appoggio per la costruzione del proprio nido.
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La pesante rincorsa per il decollo Nell’arco di un anno e qualche mese i piccoli assumeranno il piumaggio bianco tipico degli adulti, ma raggiungeranno la maturità sessuale intorno al terzo anno di vita”
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Un volo di cigni in formazione

lunedì 12 maggio 2008

I RUOLI NELLA VITA QUOTIDIANA DEGLI INUIT

L’uomo aveva all’interno del gruppo un ruolo molto importante perché con la caccia permetteva al gruppo di sopravvivere. Egli veniva considerato valido se sapeva procurare cibo abbondante ed era attivo e generoso. Toccava a lui la produzione degli utensili e delle armi, la costruzione di ripari e dell’igloo, la costruzione del telaio del Kayak, la cura dei cani per la slitta e la sicurezza della famiglia. Si occupava anche dell’educazione dei figli maschi, a partire dal loro quarto anno di vita, insegnando a loro come andare in kayak e ovviamente come cacciare.
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La donna aveva autorità assoluta sulla casa, la preparazione e la conservazione del cibo, la produzione e la pulizia degli indumenti e delle calzature. Fabbricava le tende per il campo estivo, i contenitori di pelle e le coperture per l’Umiaq e il Kayak. La donna ideale era, (ed è tuttora) grande lavoratrice, buona consorte, allegra, generosa.

giovedì 8 maggio 2008

IL SOGNO DELLA REPUBBLICA DEI GHIACCI

Riporto di seguito un interessante articolo di Andrea Tarquini apparso su La Repubblica del 07 maggio 2008
Un grazie a Marco Ferrario per la segnalazione.
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La bandiera della Groenlandia, una bandiera Inuit

Sta per nascere una nuova nazione, e di fatto sarà il primo Stato eschimese. E una lingua eschimese diventerà ufficiale, lassù tra i ghiacci eterni del grande nord. La Groenlandia, la più grande isola del mondo, ha cominciato ieri a sciogliere gli ultimi legami con la madrepatria Danimarca, l'ex potenza coloniale. Lentamente, ma nascerà uno Stato vasto come sei Germanie e abitato da appena 57mila persone. Sarà nazione sovrana grazie alle ingenti risorse di petrolio, metalli preziosi e altre materie prime, ma dovrà appoggiarsi a Copenaghen e al resto della Vecchia Europa per formare la sua classe dirigente.

E per la prima volta dal dopo-colonialismo uno Stato europeo perderà il 98 per cento del suo territorio. La svolta è cominciata ieri, con la firma di un trattato tra il premier conservatore danese, Anders Fogh Rasmussen, e il governatore-premier di Groenlandia, il socialdemocratico Hans Enoksen. Entro fine anno un referendum in Groenlandia e un voto del Parlamento reale danese daranno il responso già ora scontato: si andrà step by step verso l'indipendenza e il diritto alla secessione.

I sogni volano alto, anche quando è difficile. Anche quando la capitale del futuro Stato eschimese indipendente, Nuuk, ha sì e no 15mila abitanti, come un grosso villaggio europeo, e appena due ristoranti di lusso, entrambi dipendenti ogni giorno dalle forniture di cibo fresco che arrivano da Copenaghen. Da qualche anno anche il grande mondo globale si è accorto che la Groenlandia esiste. Per caso, grazie a un film, Il senso di Smilla per la neve, storia di una giovane in cerca di identità. Sulle orme di Smilla, i groenlandesi sono decisi a non mollare, vogliono procedere sulla via indicata dal Trattato: addio a Copenaghen, addio dolce ma senza ritorno.
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Siamo appena agli inizi. La Danimarca versa ancora a Nuuk 3 miliardi di corone l'anno, cioè oltre 400 milioni di euro, che fanno 7000 euro per ogni abitante dell'immensa isola dei ghiacci eterni. E così la tiene in vita. Gli Airbus cargo della parte danese della Sas, la compagnia aerea scandinava, atterrano ogni giorno in Groenlandia: portano tutto, dalla frutta, alla birra, alle medicine. Gli F16 della Royal Danish Air Force pattugliano ancora i cieli del futuro Stato eschimese, spesso in incontri ravvicinati con i bombardieri atomici Tupolev che Putin ha rimesso in volo di pattuglia armata permanente. Ma da ieri, il divorzio lento è avviato, irreversibile. Ai danesi resterà solo, temporaneamente, la politica estera, come fece Dublino quando si sganciò da Londra.

Petrolio in abbondanza, e altre materie prime, saranno la base della sovranità, promette Enoksen. "Dobbiamo difendere il diritto di proprietà dei groenlandesi sulle loro risorse", dice il leader socialdemocratico. Ma non è solo questione di soldi, anche di cultura nazionale riscoperta. Spesso troppo diversa da quella europea rappresentata dai danesi. "La caccia, alle foche, ai trichechi, alle balene per noi è parte del quotidiano, mangiare carne di balena o prosciutto di foca è tradizione", spiega all'inviato della Sueddeutsche Zeitung Job Hellmann, cacciatore di professione, nome danese ma lingua eschimese. "Abbiamo inventato noi l'igloo, il kayak, l'eskimo, e ci sentiamo trattati dall'Unione europea e da Copenaghen come barbari. E cosa sono allora gli europei che vengono nelle nostre acque con le loro flotte di pescherecci atlantici e ci tolgono il pane?", chiede polemicamente Kupik Kleist, parlamentare, presidente del Partito per l'indipendenza, affine alla sinistra radicale.

"Tutto quello che arriva in aereo da Copenaghen qui costa molto più che in Danimarca", mugugna Jeppe-Eiving Nielsen, capocuoco del miglior ristorante di Nuuk, "mentre il pesce di qui è così fresco che i filetti ancora tremano quando li tagli".

La via verso l'indipendenza sarà dura: troppi poveri, troppo pochi i giovani qualificati per una futura classe dirigente. Ma già fanno capolino nuovi gruppi emergenti. Come Bjarke de Renouard, manager: è danese, ha sposato una groenlandese, della lingua locale non capisce una parola "ma - dice - i miei figli la parlano correntemente, sarà la loro identità domani".
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ANDREA TARQUINI (La Repubblica - 7 maggio 2008)

lunedì 5 maggio 2008

L'ORIGINE DEI LAGHI

I laghi della provincia lecchese e comasca sono classificati come “laghi regionali”, poiché hanno conche che dipendono dalle cause generali che hanno modellato la regione in cui si trovano. Sono definiti così per differenziarli dai “laghi accidentali”, formatisi per motivi estranei alla morfologia della regione in cui compaiono, e che devono la loro origine a eventi accidentali, spesso catastrofici, quali frane o terremoti. I laghi regionali vengono distinti in categorie che prendono la denominazione delle origini geologiche della zona: laghi tettonici, laghi vulcanici, laghi carsici, laghi glaciali. Il Lario e gli altri laghi del nostro territorio appartengono alla categoria dei laghi glaciali. Ai tempi delle glaciazioni i movimenti dei ghiacciai alpini hanno predisposto le conche lacustri in due modi: scavando direttamente entro la roccia oppure sbarrando valli e depressioni con il materiale morenico.
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Verosimilmente i ghiacciai non furono in grado di scavare nuove valli, ma rimodellarono ampiamente valli preesistenti entro le quali si erano incanalati. Allo sbocco della valle glaciale in pianura fu depositata una enorme quantità di rocce, che il ghiacciaio recava sul suo fronte, dando luogo a una sorta di sbarramento, detto “anfiteatro morenico”. Le conche formatesi in tale modo sono state occupate dall’acqua allorché iniziò il ritiro dei ghiacciai, al termine dell’era quaternaria, formando dei laghi di dimensioni notevoli, detti anche “laghi terminali”. L’imponenza dei ghiacciai ha determinato un’attività di escavazione particolarmente accentuata, così che le conche degli attuali laghi terminali si spingono spesso al di sotto del livello del mare prendendo in tal caso il nome di “criptodepressioni”. Le grandi profondità raggiunte dai laghi terminali possono trovare anche un’altra spiegazione, forse ancora più convincente. E’ infatti possibile che le conche lacustri siano state scavate così profondamente in tempi geologici precedenti le glaciazioni. Secondo questa ipotesi le valli si formarono durante il periodo Messiniano, quando si verificarono lunghe stagioni di siccità, in corrispondenza delle quali il Mediterraneo si prosciugò, portando il livello del mare a una quota di oltre 2000 metri inferiore rispetto a quella attuale. I corsi d’acqua che scorrevano nelle valli assunsero quindi una pendenza decisamente superiore e, di conseguenza, aumentarono enormemente le proprie capacità erosive, scavando in profondità i solchi vallivi, sui quali in seguito si sarebbero sviluppati, ampliandoli e rimodellandoli, i grandi ghiacciai.
I laghi terminali, avendo occupato una valle glaciale, hanno in genere una forma allungata, con pareti molto ripide e profondità massime nei pressi del centro del bacino. L’origine di questi laghi è abbastanza recente, poiché si ritiene che le valli glaciali siano state invase dalle acque circa 15.000 anni fa. Le loro acque sono fredde in virtù dei notevoli apporti glaciali che affluiscono ancora oggi, e in origine, prima degli impatti antropici degli ultimi decenni, erano relativamente povere di vita. Sia il Lario che il Ceresio sono laghi glaciali terminali.
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Sempre di origine glaciale, ma del tutto diversi per conformazione e caratteristiche sono i cosiddetti “laghi sbarrati da morena”, formatisi in seguito alle deposizioni di materiale morenico in forma di cerchie in pianura, allo sbocco delle valli principali. Questi laghi non occupano le lunghe e profonde valli glaciali, ma solo le aree immediatamente a contatto con le cerchie moreniche, che talvolta riescono a trattenere le acque perché sono compattate e rese impermeabili dalla presenza di materiale molto fine. In relazione alle particolari modalità di formazione, i laghi sbarrati da morena sono sempre poco profondi. Un particolare tipo di lago sbarrato da morena può sorgere nei punti di intersecazione di più cerchie moreniche, formatisi durante le numerose oscillazioni del fronte del ghiacciaio. Nell’anfiteatro del Lario il laghi di Annone, Pusiano e Alserio sono laghi glaciali intermorenici.

Foto di Riccardo Agretti.