"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

venerdì 27 giugno 2008

IMPOSTARE IL KAYAK

L’impostazione consiste negli adattamenti che il kayaker apporta all’abitacolo del kayak per renderlo più confortevole, per avere una posizione corretta durante l’attività e per “sentire” meglio il kayak. Per diventare perfettamente manovrabile, il kayak dovrebbe essere percepito come un prolungamento del corpo quindi deve essere completamente adattato alle nostre caratteristiche fisiche. Quando esce dalla fabbrica, il kayak ha un’impostazione standard, quasi sempre studiata per kayakers di corporatura generosa. La prima cosa da fare è, prima di acquistare un kayak, è quello di provarlo anche a secco; se non ciò non fosse possibile, quando dopo aver portato a casa il nostro nuovo kayak, possiamo personalizzarne l’abitacolo per renderlo comodo e funzionale. Prima di vedere come impostarlo, bisogna affrontare l’eterno dilemma: è preferibile stare stretti o larghi? La risposta non è semplice, e la scelta assolutamente soggettiva: alcuni kayakers amano sentirsi molto a contatto con lo scafo, altri preferiscono una maggiore libertà di movimento. L’unico modo per trovare la soluzione a noi più congeniale è sperimentare le varie possibilità. Una volta impostato, il vostro kayak sarà come un vestito su misura: dovrete sentirvi comodi al suo interno, dovrà darvi la possibilità di fare forza sui vari punti di contatto nella fase di potenza dei colpi, e dovrà consentirvi di rilassare gli arti inferiori nei momenti di riposo. Ricordatevi che con un kayak da mare si può navigare per tutta la giornata quindi deve essere il più possibile confortevole. Inoltre, qualunque sia la vostra impostazione, ricordate sempre che, per questioni di sicurezza, essa deve permettervi di uscire e rientrare con facilità in caso di rovesciamento. Vediamo ora la procedura per la corretta impostazione di un kayak.

SEDILE: alcuni modelli danno la possibilità di regolare la posizione del sedile lungo l’asse longitudinale, e alcuni prevedono anche la modifica di altezza e inclinazione. La prima cosa da fare è pagaiare un po’ e vedere come si presenta l’assetto del kayak e di conseguenza regolare il sedile per bilanciare il kayak con il peso del nostro corpo. La seconda cosa da fare è controllare l’abitabilità del sedile. Entrando a secco all’interno dello scafo, con indosso l’abbigliamento tecnico che di solito usiamo, bisogna verificare che tra i fianchi e il bordo del sedile non vi sia uno spazio esageratamente vuoto. Se cosi fosse potrebbe essere necessario inserire uno spessore (il materiale migliore per crearlo è l’espanso a cellula chiusa, facile da modellare e confortevole una volta incollato). Un sedile troppo largo non permette una buona aderenza e di conseguenza un limitato controllo del kayak anche in fase di eskimo e manovre di appoggio.

POGGIASCHIENA: il busto, in posizione di pagaiata, deve essere a leggero contatto con il poggiaschiena, un accessorio regolabile che aiuta a mantenere una posizione corretta senza limitare la posizione del bacino e del busto, e quindi l’efficacia della spinta nei colpi all’indietro.

Sedile e poggiaschiena dell'AQUA della QAJAQ


PREMICOSCE: il contatto tra gamba e il premicosce avviene nella parte interna della coscia appena sopra il ginocchio. Se il supporto appoggia sul ginocchio, la leva diventa troppo lunga, quindi svantaggiosa per la precisione e il controllo dello scafo; se invece raggiunge la parte alta della coscia, limita i movimenti della gamba, oltre a costringere a una posizione scomoda. Alcuni premicosce hanno spesso un’imbottitura che li rende più confortevoli; nel caso in cui non dovesse essere presente, sarà sufficiente utilizzare come rivestimento un foglio di espanso sottile o del neoprene. Il premicosce deve essere avvolgente, in modo che il ginocchio non sfugga dalla sua sede quando si utilizza la gamba per inclinare il kayak, per spingere nella direzione del movimento, per eseguire un eskimo. Se il modello montato sul vostro kayak non dovesse rispondere a queste esigenze, sarà sufficiente incollare dell’espanso nella parte interna del supporto, in modo da aumentare lo spessore. E’ consigliabile anche foderare la parete laterale dello scafo nel punto di contatto con il ginocchio.


Premicosce dell'AQUA della QAJAQ

PUNTAPIEDI: posizionato correttamente, dovrebbe consentire un contatto con l’avampiede in modo che i talloni possano muoversi, le gambe distendersi leggermente e il bacino ruotare di alcuni gradi. Un puntapiedi troppo corto limita i movimenti delle gambe, e di conseguenza quelle del bacino e del busto, oltre a provocare fastidiosi formicolii; viceversa, un puntapiedi troppo lungo non permette un buon controllo del kayak e non favorisce la corretta trasmissione dell’energia dal corpo alla scafo.

Puntapiedi e pompa di sentina dell'AQUA della QAJAQ

mercoledì 25 giugno 2008

GLI INUIT DEL LARIO ALL'ELBA

Fabio, Mati e Ado in rotta verso S. Andrea La scorsa settimana alcuni fortunati Inuit del Lario (il sottoscritto, Ado, Fabio e Mati) si sono concessi una rilassante vacanza all'Isola d'Elba, con l'intento di godersi qualche giorno di mare in kayak. L'isola è ovviamente stupenda, il mare pure e il kayak è, a parer mio, il mezzo ideale per godere di tutte le bellezze che la sua costa offre. Spiagge, insenature, scogli (attento Fabio!!), grotte.. un susseguirsi di bellezze naturali che tolgono il fiato.
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il gruppo esplora una grotta nei pressi dell'Enfola Abbiamo deciso di non portarci i nostri kayak ma di recuperare tutta l'attrezzatua a noleggio presso la Sea-Kayak-Italy di Marciana Marina, la scuola di kayak da mare del mitico Gaudenzio, che saluto e ringrazio per la disponibilità e la simpatia, dove lo scorso anno abbiamo fatto il corso avanzato di kayak da mare. In questo modo ci siamo divertiti a provare tutti i vari modelli di kayak che la scuola ha a disposizione. E' una soluzione che consiglio a tutti coloro che vogliono godersi il kayak senza impegnarsi troppo nell'organizzazione del viaggio.
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Spettacolare temporale su Marciana Marina

Il tempo non è stato bellissimo i primi giorni, non facendoci mancare qualche temporale, freddo e forte vento, ma nella seconda metà della settimana l'estate è finalmente arrivata e ci siamo potuti godere il primo vero caldo di questo 2008. Naturalmente ho messo un po' di foto nella mia galleria.

lunedì 23 giugno 2008

IL CORMORANO, IL PESCATORE NERO DEL LAGO

Cormorano in atterraggio al tramontoCi capita di incontrarlo nelle nostre uscite invernali in kayak, mentre è intento ad asciugare la ali al sole. Appartiene all’ordine PELECANIFORMES, famiglia PHALACROCORACIDAE, grossi uccelli acquatici con zampe palmate e becco uncinato. Il suo nome scientifico è Phalacrocorax carbo.
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il decollo dall'acqua richiede una lunga e pesante rincorsaIl nome latino si riferisce al piumaggio, che è quasi del tutto nero, con tenui riflessi metallici sul dorso. In abito nuziale sono bianchi il mento, le guance e le cosce. Durante l’inverno le macchie bianche sulle cosce scompaiono e quelle sulle guance divengono meno evidenti, ma in ogni caso sufficienti per distinguerlo dal Marangone dal ciuffo. Rispetto a quest’ultimo e al Marangone minore è anche più grande, potendo raggiungere il metro di lunghezza complessiva.
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Un Cormorano si asciuga sulla statua di S. Nicolò a LeccoNidifica sugli alberi e sulle falesie, in prossimità di laghi o mari ricchi di pesce, che sono il suo alimento principale, in colonie talvolta miste con l’Airone cenerino, di cui può riutilizzare vecchi nidi. Il suo nido è una grossa coppa formata da rami intrecciati. Si alimenta esclusivamente di pesce, effettuando movimenti di decine di chilometri tra dormitori e zone di pesca.
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Durante la notte trovano rifugio tra i rami di grossi alberi Da poco nidificante in Italia, in Lombardia non nidifica (ma sono ormai diffuse osservazioni di individui anche in periodo estivo), mentre sverna regolarmente sui laghi , sui fiumi e presso gran parte degli ambienti acquatici con sufficienti risorse alimentari.
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Cormorano adulto in volo La singolare abitudine di posarsi su un albero, su un palo o su una roccia allargando le ali è dovuta alla necessita di asciugare le ali dopo essere stato in acqua. A differenza della maggior parte degli uccelli acquatici i cormorani infatti non hanno il piumaggio impermeabile.
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Un gruppo di cormorani posati su alcuni pali emergenti dall'acqua si asciuga dopo la pesca Foto di Riccardo Agretti.

domenica 22 giugno 2008

IL GIRO DELLE HIGHLANDS? FATTO!!!

Dopo una settimana di silenzio, a causa di una vacanzina canoistica all'isola d'Elba, rieccoci presenti nel web. Doveroso riprendere festeggiando l'impresa di Tatiana, Mauro e Francesco.. Ce l'hanno fatta! I nostri 3 amici sono riusciti a portare a termine la loro avventura: circumnavigare in kayak le Highlands scozzesi.
Tanti, tanti e ancora tanti complimenti da parte di tutti gli Inuit del Lario!!


Visualizzazione ingrandita della mappa

mercoledì 11 giugno 2008

UNA POESIA INUIT

OLD MAN IN KAYAK by Claude@Munich
Ricordo le mie strane avventure,
quando sospinto dal vento
andavo alla deriva nel mio kayak.
Quando, credendomi in pericolo,
ero invaso dai timori,
quelli che erano così piccoli
e mi sembravano così grandi
per tutte le cose necessarie
che dovevo trovare e raggiungere.

Invece non esiste che una cosa importante,
la sola cosa:
vivere e vedere il grande giorno che spunta
e la luce che riempie il mondo.

(Autore anonimo)

L'alba è una cosa quasi banale, per noi che possiamo permettercene una ogni giorno. Ma quando l'alba arriva dopo una notte polare lunga sei mesi, dopo un freddissimo inverno che sembra non finire mai… l'ansia e la voglia di luce sono veramente vitali!


Segnalata da Marco Ferrario e presa da http://unpodimondo.wordpress.com/

lunedì 9 giugno 2008

L’AMBIENTE LACUSTRE: LA TEMPERATURA

Una splendida giornata di sole a inizio primavera sul lago di GarlateAll’interno delle caratteristiche fisiche spicca, per importanza nella vita di un lago, la temperatura. Esiste anche un sistema di classificazione dei laghi che si basa sulle caratteristiche termiche. Essa individua, alle nostre latitudini, i laghi “temperati” e quelli “subtropicali”. Nei primi la temperatura della massa d’acqua è, almeno in qualche strato, inferiore a 4°C in inverno e superiore a 4°C in estate; nei secondi la temperatura dell’acqua è sempre superiore a 4°C. Perché la classificazione utilizza proprio i 4°C come temperatura di riferimento per differenziare le diverse tipologie di laghi? Il motivo è abbastanza semplice: l’acqua raggiunge la massima densità a 4°C e tende a diventare più leggera man mano che, raffreddandosi o riscaldandosi, si allontana da questo valore di temperatura. In un lago, quindi, le masse d’acqua che tendono a portarsi sul fondo sono quelle più vicine alla temperatura di 4°C. Per comprendere pienamente l’importanza di questa peculiarità dell’elemento acqua ripercorriamo la classica evoluzione termica annuale di uno qualsiasi dei laghi lariani. Verso la fine dell’inverno o l’inizio della primavera il nostro lago presenta una temperatura uniforme, supponiamo di 6°C, su tutta la colonna d’acqua. Quando però il sole della primavera inizia a scaldare, ci accorgiamo che nel lago l’aumento della temperatura non si distribuisce equamente alle varie profondità. Gli strati superficiali, infatti, sottoposti all’azione diretta dei raggi solari, si scaldano molto velocemente e, scaldandosi, diventano più leggeri. Tendono così a “galleggiare” sopra la massa d’acqua sottostante, nei confronti della quale agiscono come una isolante termico, impedendo un sensibile aumento della temperatura. Il sole continua a scaldare sempre la stessa porzione di lago e, con l’avanzare della bella stagione, si accentua sempre di più la differenza di temperatura tra le acque superficiali, che diventano sempre più calde e leggere, e quelle profonde, che mostrano variazioni assai più ridotte rispetto ai valori invernali. E’ come se questo processo portasse alla formazione di due laghi distinti, uno sopra l’altro, con valori di densità e temperatura talmente diversi che le rispettive acque non possono in alcun modo mescolarsi tra loro. Lo strato superiore, caldo e di spessore variabile, è detto “epilimnio”, mentre lo strato profondo e freddo prende il nome di “ipolimnio”. Interposto tra essi c’è uno strato di piccolo spessore dove si manifesta una brusca variazione di temperatura, detta “metalimnio” o “termoclinio”. Il crearsi di queste condizioni termiche fa sì che tutti gli organismi che richiedono temperature piuttosto basse siano costretti a sfuggire le calde acque superificiali e a trovare rifugio in profondità. Nei nostri laghi maggiori alcuni pesci, come le trote e i coregoni, mostrano questo tipo di comportamento e durante i mesi estivi possono essere rivenuti in superficie solo in prossimità dello sbocco degli affluenti più significativi, dove si creano aree ben delimitate di acque fredde e ossigenate.
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Un'insolita nebbia autunnale sul lago di GarlateIn autunno, gli strati superficiali cominciano a perdere più calore durante la notte di quanto non riescano a immagazzinare durante il giorno. Gradatamente i valori di temperatura dell’epilimnio e dello strato profondo si avvicinano e il rimescolamento ad opera del vento diviene più facile, finché tutta la colonna d’acqua raggiunge la temperatura di 6°C propria degli strati profondi. A partire da questo momento il raffreddamento si distribuisce equamente alle varie profondità: infatti man mano che l’acqua superficiale libera calore e diminuisce un po’ la propria temperatura, essa aumenta anche in densità e scende verso il fondo, causando la risalita dell’acqua sottostante, più calda, che a sua volta si espone al raffreddamento superficiale. Se l’azione di raffreddamento superficiale è sufficiente per portare tutta la massa d’acqua del lago alla temperatura di 4°C, si può presentare allora una nuova situazione di squilibrio termico tra i diversi strati del lago. Quando infatti le acque superficiali si raffreddano al di sotto dei 4°C, queste diventano più leggere e tendono ancora una volta a galleggiare e a funzionare da isolante termico nei confronti degli strati sottostanti, leggermente più caldi e più pesanti. Anche in caso di formazione di ghiaccio in superficie le acque profonde sono così protette dal pericolo di congelamento e possono garantire la sopravvivenza di numerose forma di vita animale e vegetale. I grandi laghi subalpini, compresi dunque il Lario e il Ceresio, in virtù della grande massa d’acqua contenuta nell’ipolimnio, che i nostri inverni, in questa fase climatica, non sono in grado di raffreddare interamente fino a 4°C, appartengono alla categoria dei laghi “subtropicali. I laghi minori dell’area lariana (quelli Briantei), invece, avendo una massa d’acqua sensibilmente inferiore, durante l’inverno raggiungono sempre la temperatura di 4°C e non infrequentemente presentano la formazione di ghiaccio in superficie. Sono quindi classificati come laghi “temperati”.
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Lago di Annone ghiacciato Foto 1 e 2 di Eppiluk - Foto 3 di Riccardo Agretti

mercoledì 4 giugno 2008

TERMINOLOGIA DEL KAYAK DA MARE (L–O)

Linea di traino montata su un kayak da mareLASCO: dicesi di un cavo non tesato.
LINEA DI FEDE: tacca realizzata sull’involucro fisso della bussola coincidente col piano longitudinale dell’imbarcazione.
LINEA DI TRAINO: cavo per il traino dell’imbarcazione. Può essere munito d’un elastico ammortizzatore.
LINEE DI SICUREZZA: cavi che corrono lungo i bordi dei ponti del kayak e che servono ad afferrarsi all’imbarcazione in caso di naufragio o di accosto a un altro kayak. Sono anche detti "tientibene".
LORAN: sigla di Long Range Aid to Navigation, sistema di radionavigazione iperbolica, basato sulla ricezione dei segnali di stazioni di punto noto.
LUCI DI VIA: anche dette di navigazione, servono a segnalare la presenza dell’imbarcazione di notte e a indicarne la direzione. A tale scopo sono di colore diverso e vengono disposte secondo un ordine preciso.
MANIGLIONE: grossa maniglia in plastica, applicata all’estremità della prua e della poppa del kayak per mezzo di sagole. Serve a trasportare l’imbarcazione o ad assicurarvi la linea di traino.
MANO INFERIORE: durante la pagaiata, quella corrispondente alla pala immersa. In relazione ad essa, si parla inoltre di braccio inferiore e spalla inferiore.
MANO SUPERIORE: durante la pagaiata, quella corrispondente alla pala non immersa. In relazione ad essa, si parla inoltre di braccio superiore e spalla superiore.
MASTRA: nel caso del kayak, il termine designa il battente strutturale a forma d’orlo ribattuto che incornicia l’imboccatura del pozzetto e al quale viene applicato il paraspruzzi.
MIGLIO MARINO: unità di misura itineraria usata in navigazione equivalente a 1852 metri.
MONOPOSTO: termine usato per indicare il classico kayak a un solo posto, detto anche singolo.
NAVIGAZIONE COSTIERA: quella che si effettua in vista della costa e che prevede, per la determinazione del punto nave e la soluzione di problemi relativi, l’osservazione di punti cospicui della costa, la cui posizione sia segnata sulla carta nautica.
NAVIGAZIONE STIMATA: con questo metodo di navigazione, il punto nave viene determinato in base alla velocità dell’imbarcazione, al tempo trascorso e alla rotta seguita, a partire da una posizione nota.
NODO: unità di misura di velocità usata per i natanti, pari a un miglio marino all’ora.
NORD MAGNETICO (Nm): polo del campo magnetico terrestre verso cui si dirige l’ago della bussola.
NORD VERO (Nv): quello geografico.
OPERA MORTA: è l’insieme delle parti emerse dello scafo, dalla linea di galleggiamento in su.
OPERA VIVA: parte dello scafo situata sotto la linea di galleggiamento. E’ anche detta carena.
ORZARE: spostare la prua nella direzione da cui proviene il vento. E’ il contrario di poggiare.