"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 30 dicembre 2010

LA BREVE ESTATE ARTICA


L’arrivo dell’estate suscita, nelle regioni artiche, una sorta di esplosione di gioia. Improvvisamente la natura sembra euforica. Il permafrost della tundra, ovvero il sottosuolo costantemente gelato, si scioglie un po’ in superficie, creando acquitrini poco profondi. La terra scongelata esce dal suo torpore per tornare a vivere. I moltissimi semi dormienti non aspettano altro che di potersi risvegliare. Nel giro di poche settimane la vegetazione esplode, grazie alla permanenza quasi costante del sole che ne favorisce la crescita.



Ovunque è un fiorire di piante: il papavero dai fiori gialli o bianchi, il salice rosso, l’epilobio color malva, la cassiopea della Lapponia. Alcune di queste specie hanno un’utilità pratica: la testa dell’erioforo, detto anche “erba di cotone”, era fino a poco tempo fa utilizzata dagli Inuit come imbottitura per gli stivali. Abbondano mirtilli e altre bacche ma anche vari tipi di funghi.



Anche la fauna approfitta dell’estate. Gli uccelli migratori, che hanno svernato nelle regioni calde del sud, ritornano a queste latitudini. Le sterne artiche e le gazze marine approntano i loro nidi e trovano numerosi insetti (tra cui milioni di zanzare) con cui nutrire i piccoli.


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lunedì 27 dicembre 2010

L’OASI DEL LAGO DI MEZZOLA (PRIMA PARTE)



Fino ai primi del ‘900 Il lago di Mezzola ha rappresentato una meta a lungo sospirata dal viaggiatore che, faticosamente, risaliva la tortuosa strada del Lario. Si trattava dell’ultima sosta prima di affrontare, un viaggio ancor più difficile, quello tra le montagne della Valtellina o della Valchiavenna. Poi i trasporti divennero, relativamente, più veloci. Treni, soprattutto, magari ancora sbuffanti nuvolone nere di carbone, ma almeno più sicuri rispetto alle carrozze (per i più fortunati) e meno faticosi degli spostamenti a piedi (della maggioranza).





Ciononostante il Lago di Mezzola, incastonato tra le pareti del Sasso Manduino e contrafforti della Berlinghera, ha mantenuto l’atmosfera di un’oasi. Un posto dove arrivare è si facile, ma partire è ugualmente difficile. Perché è difficile staccarsi da un luogo così bello, da questo paesaggio a tratti dolce e a tratti aspro, da quel tempietto di granito, il San Fedelino, che con le sue forme arcaiche e armoniose si riflette nelle acque del bacino da tempo immemorabile.





Forse la stagione migliore per visitare l’oasi del Lago di Mezzola, un po’ in controtendenza con gli altri laghi, è proprio l’autunno o l’inverno. Quando il gelo sembra fissare, come in un quadro, la vegetazione. Quando il cielo è così limpido che le montagne sembrano finte. Quando il silenzio permette di ascoltare i versi lontani degli uccelli. Che, a volte non sono poi così lontani. Perché questo lembo di palude, con le sue acque ora cristalline ora brunose, costituisce un centro di interesse naturalistico di fama internazionale la punto che, dal 1971, è incluso nella convenzione di Ramsar. Il motivo? Non servono troppe spiegazioni. All’incrocio di Valtellina e Valchiavenna e formato dai sedimenti alluvionali dell’Adda che si depositarono in millenni nella parte nord-orientale del Lario, il Pian di Spagna, assieme al Lago di Mezzola, ha sempre rappresentato una tra le importanti zone umide della fascia prealpina lombarda, in particolare dal punto di vista ornitologico.



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giovedì 23 dicembre 2010

L’ALLENAMENTO DEL KAYAKER (SESTA PARTE)



L’acquaticità è la capacità di muoversi nell’acqua con dimestichezza e confidenza. Quando ci si accosta alla disciplina sportiva del kayak, l’acquaticità viene molto allenata, se non altro per gli inevitabili bagni causati dalla mancanza di tecnica e di esperienza.





Poi con il passare del tempo e l’affinarsi della conoscenza degli appoggi e dell’eskimo, si tende erroneamente a trascurarla, mentre migliorare in continuazione l’abilità in acqua rimane di fondamentale importanza per la propria sicurezza e per quella dei compagni di gruppo.





L’allenamento per migliorare l’acquaticità può essere svolto sia in piscina, sia in mare o lago, attraverso esercitazioni di nuoto base, di salvataggi assisti, di uscite bagnate, di apnea, di orientamento in immersione.
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lunedì 20 dicembre 2010

LIBRI - IL MANUALE DEI NODI



Una pratica guida step by step alla confezione e all´utilizzo di più di 200 nodi. Questa pratica guida presenta più di duecento nodi, spiegati passo per passo nella loro realizzazione attraverso foto a colori... Dai nodi di base ai cappi, le legature e i colli... Le diverse tipologie di corde, gli usi più indicati per ciascun nodo, dalla speleologia all’alpinismo, dalla nautica all’uso domestico, alla pesca... Completissimo!
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TITOLO: Il manuale dei nodi
AUTORE: Budworth Geoffrey
EDITORE: Il Pirata
2009, 256 pagine, € 18,90
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giovedì 16 dicembre 2010

L’ORCO MARINO, L’ORCO BUONO



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, gruppo comprendente anatre, cigni e oche. Fa parte delle “anatre tuffatrici”, che si nutrono immergendosi. Il suo nome scientifico è Melanitta fusca. E’ una massiccia anatra lunga tra i 51 e i 58 cm. Il maschio è completamente nero, con l’eccezione dello specchio alare biacno – che lo distingue dall’Orchetto marino ma non è visibile da posato – e una piccola macchia bianca sotto l’occhio. Becco arancione ai lati e nero al centro, con un rigonfiamento basale. La femmina è di colore bruno scuro, con due aree chiare alla base del becco e dietro la guancia. Entrambi hanno le zampe rosse. In volo, veloce e con rapidi battiti alari, è molto visibile lo specchio alare bianco. In acqua usa tenere la coda leggermente eretta. Si invola con una lunga rincorsa sull’acqua. Solitamente fugge immergendosi senza compiere salti (come fa invece la Folaga, ad esempio). L’Orco marino è un bravo subacqueo: effettua immersioni fino a 30 m di profondità e di durata superiore la minuto.





Nidifica nei laghi della tundra e della taiga piccoli e non molto profondi e sulle scogliere artiche, talora su coste boscose e rocciose. Nelle aree riproduttive si nutre principalmente di insetti, altrimenti si alimenta di molluschi, ma anche di crostacei e più raramente di pesci e anfibi. In inverno si raduna, di solito in mare ma spesso anche sui grandi laghi, in stormi che possono contare anche centinaia di individui.





L’areale europeo interessa le regioni oltre il Circolo polare artico, il Mare di Norvegia e il Mar Baltico. E’ anche presente con piccoli nuclei al di là del Caucaso. In Italia è esclusivamente svernante, con presenze che vanno da ottobre a marzo. In Lombardia frequenta principalmente i grandi laghi prealpini e svernano alcune decine di individui, che talora si raccolgono in gruppi di anche più di 20 animali.





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lunedì 13 dicembre 2010

IL RISCALDAMENTO DELL’ARTICO



Dopo molti calcoli, gli scienziati hanno concluso che gli effetti del riscaldamento della Terra (il così detto Global Warming) , provocato dalle emissioni di diossido di carbonio (CO2) dalle automobili e dalle industrie, sono due volte più visibili al polo Nord e al polo Sud che nella altre parti del mondo. Questi dati pubblicati nel 2004 da un istituto di ricerca americano (l’Arctic Climate Impact Assessment), mostrano che negli ultimi 50 anni le temperature sono mediamente aumentate di 2°C in Alaska e in Siberia. Contemporaneamente la banchisa artica si è ridotta di oltre l’8% in termini di superficie e del 30% in termini di spessore.





Anche l’inlandsis della Groenlandia ha cominciato a sciogliersi. In altre regioni, le terre gelate della tundra subiscono gli stessi mutamenti. Questo disgelo potrebbe provocare una catastrofe liberando nell’aria il metano rimasto finora imprigionato nel permafrost. Questo gas, noto anche con il nome di “gas delle paludi”, deriva dalla decomposizione sotterranea dei vegetali fossili. E’ particolarmente pericoloso: se uscisse allo scoperto, aggraverebbe il riscaldamento del pianeta. Per il famoso astrofisico Hubert Reeves, si tratta, di un drago addormentato che è bene non svegliare…




Quindi cerchiamo tutti di limitare il più possibile il nostro impatto sull’ambiente!




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giovedì 9 dicembre 2010

QUANDO GHIACCIANO I LAGHI? (SECONDA PARTE)

Lago di Annone

La struttura del ghiaccio in superficie può essere molto varia. Non è raro che si formi una struttura a scaglie più o meno geometrica; altre volte si possono osservare bolle d’aria imprigionate nel gelo. Non solo. Può capitare che il ghiaccio esondi, rivestendo anche parte delle sponde. Per lo stesso motivo il pack marino che si forma nelle regioni polari non è assolutamente piatto, come si potrebbe pensare.




Inoltre, il ghiaccio gode della proprietà di riflettere facilmente la luce e diffonderla in direzioni diverse da quella di provenienza: una caratteristica legata alla presenza di piccolissime bolle d’aria, a volte del tutto invisibili. Camminando lungo le rive si potrà allora osservare come lo strato gelato cambi colore a seconda della posizione da cui lo si osserva: in certi punti rifletterà la tonalità del cielo, in altri quello del canneto e delle rive del lago; in altri sembrerà del tutto trasparente, lasciando scorgere fondali relativamente profondi, oppure molto più opaco, di colore bianco e azzurro in base alla dimensione delle irregolarità che contiene.


Lago di Annone

Nel caso in cui la riva di un lago ghiacciato tenda a scaldarsi e quindi a sciogliersi, potrà capitare anche di ascoltare i suoni prodotti dai movimenti che la superficie subisce a causa delle variazioni termiche. Si tratta di rumori e vibrazioni molto particolari quasi metallici, facilmente udibili anche a una certa distanza.


Lago del Segrino
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lunedì 6 dicembre 2010

L’ALLENAMENTO DEL KAYAKER (QUINTA PARTE)



L’articolazione della spalla è sicuramente la più sollecitata durante la pratica del kayak: ne consegue che si trovi in primo piano quando si parla di possibili traumi e patologie da sovraccarico. Le grande libertà di movimento che offre la rende molto funzionale, ma determina la sua estrema vulnerabilità. I traumi più frequenti sono le infiammazioni (o periartriti) e le sublussazioni e lussazioni, date dall’uscita, momentanea o stabile, della testa dell’omero dalla sua sede anatomica, rappresentata dalla cavità glenoidea. Una corretta esecuzione della tecnica durante la pratica del kayak aiuta in modo sensibile a ridurre tali infortuni, ma talvolta può non essere sufficiente.




La mutevolezza dell’acqua e la sua forza costringono spesso a movimenti repentini, che talvolta possono essere scoordinati; per evitare che ciò danneggi la spalla è di vitale importanza un allenamento specifico dell’articolazione per rinforzarla, in modo da renderla pronta a sostenere sforzi anche molto intensi e posizioni limite.




Il lavoro di rinforzo della spalla passa attraverso lo sviluppo della muscolatura profonda, cioè dei muscoli anche detti coattanti (intrarotatori, extrarotatori e depressori della spalla), deputati a tenere insieme i capi articolari. Il metodo migliore per lo sviluppo di questi muscoli consiste nell’eseguire, con regolarità almeno tre volte la settimana, esercizi specifici di rinforzo muscolare utilizzando l’elastico “Thera Band” (http://www.thera-band.com/)





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giovedì 2 dicembre 2010

LIBRI – IL PACIFICO A REMI



Non pago della traversata a remi dell’Atlantico compiuta nel 2006, il 21 febbraio 2008 Alex Bellini parte per attraversare il Pacifico a remi, in solitaria. Per raggiungere l’Australia, dal Perù, dovrà superare dieci fusi orari, oltre diciassettemila chilometri e misurarsi con più di quindici milioni di remate. Una prova di resistenza fisica, ma soprattutto psicologica. Un’avventura ai confini dell’epica nella quale Bellini è riuscito a non sentirsi mai solo, grazie al sostegno costante di migliaia di persone che lo seguivano tramite il web e la radio, ma soprattutto grazie al sentimento di fusione totale con il mare che lo circondava. Un mare non sempre benevolo. Dopo aver affidato alla scrittura i suoi pensieri, giorno dopo giorno, ci rende ora partecipi di cosa abbia significato per lui tutto quel tempo in mare, solo: «Era come se il mondo delle terre emerse fosse scomparso d’improvviso». Ma è proprio quando il tempo si dilata all’infinito che si scopre ciò che più conta nella vita di ognuno. Nei suoi dieci mesi di navigazione, Alex imparerà così che il valore di un uomo non si misura con i traguardi raggiunti, ma con i sogni che lo tengono in vita. E questo, infatti, è anche il racconto della storia d’amore con sua moglie Francesca, che da terra non smetterà mai di spronarlo a continuare.

"La felicità te la guadagni a piccole dosi, miglio dopo miglio. Quando arrivi a sera e fai il punto nave, spostando di qualche millimetro verso ovest il tratto di matita sulla grande mappa del pacifico, è ogni volta un momento carico di felicità."
(Alex Bellini)
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Per conoscere meglio Alex Bellini e per qualche notizia sul suo ultimo viaggio:
http://www.alexbellini.it/
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TITOLO: Il pacifico a remi
AUTORE: Alex Bellini
EDITORE: Longanesi
Pagine 168, 2010
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Segnalato dal caro amico Marco "EKO" Ferrario.
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