"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 27 novembre 2008

"ARPHON" di AVATAK PAGAIE: UN'ANTICA TECNICA INUIT DA RISCOPRIRE COME GIOCO?

ArpioneL'arpione che usavano gli Inuit per la caccia di pesci ed animali dal kayak era uno strumento costituito da un'asta di legno che alla sua estremità era collocato l'arpione vero e proprio tramite un sistema scomponibile. L'arpione scagliato con l'uso di un utensile chiamato NORSAQ, se colpiva la preda, trascinava con se tramite una sagola, un galleggiante costituito da una pelle di foca gonfiata d'aria chiamato AVATAQ (o AVATAK). Questo sistema permetteva di non perdere la preda stremandola ed assicurare il cibo per la sopravvivenza della famiglia. Oggi purtroppo gli Inuit probabilmente non lo usano più...
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ArpioneNoi però che non abbiamo bisogno di usare l'arpione per procurarci il cibo, possiamo usare questo affascinante strumento per divertirci simulando la caccia a finte foche. Per questa ragione ho pensato di riproporlo come oggetto di culto e... cambiando la forma della punta (arpione), utilizzarlo anche per fare gare di lancio dal kayak per colpire un bersaglio a forma di foca o altro, in acqua con l'uso del NORSAQ e di AVATAQ con sagola. Con tanto di regolamento si potranno conteggiare punteggi per determinare il vincitore. Che ne dite se organizzassimo una bella gara per la prossima primavera? Naturalmente sarà necessario allenarsi!
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Norsaq
Testo e foto di Niko.
Nicola “Niko” De Florio vive a Varese e dalle sue mani ora non nascono solo le mitiche pagaie ma anche alcuni accessori tradizionali Inuit in legno.
“AVATAK PAGAIE” http://www.avatakpagaie.com/
Tel. +39 333 4924557
e-mail: avatak@libero.it
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lunedì 24 novembre 2008

LA MANOVRA DEL “DARE PANCIA”

Molteplici possono essere le cause dei cambiamenti di rotta di un kayak: pagaiare con più forza da un lato, intempestive inclinazioni laterali del kayak, pagaia impugnata in maniera non simmetrica, palate effettuate con lunghezze differenti oppure a diverse distanze dal bordo del kayak, baricentro del corpo non sull’asse del kayak, mancato utilizzo della spinta delle gambe, errata inclinazione della pala in acqua (fase di attacco e di estrazione) e… si potrebbe continuare a lungo. Quindi per il principiante ma anche per chi non ha mai fatto un corso di kayak, è importante acquisire bene i movimenti delle gambe che sono importantissimi per il controllo dell’imbarcazione.
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Nel kayak la stabilità laterale viene controllata dal bacino e dalle ginocchia, mentre la spinta in avanti viene trasmessa soprattutto dai piedi: quando si esegue una “spinta con la pagaia” a destra è il piede destro che trasmette l’impulso al kayak pigiando sul puntapiedi mentre il sinistro, ora rilasciato, si irrigidirà appena “la spinta della pagaia” verrà esercitata dalla sua parte e così via di seguito alternativamente.
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Una volta assimilata bene questa operazione si migliorerà senz’altro il controllo della direzione; quando vi accorgerete che la prua “scappa” dalla traiettoria immaginaria che va dai nostri occhi a un qualsiasi riferimento sulla riva o in acqua, pigiate con più energia con il piede che si trova all’interno della curva: il kayak sarà sottoposto a un spinta laterale che lo porterà a riprendere la rotta.
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Le gambe e il bacino hanno però anche la funzione di controllare il rollio del kayak: è un compito di grande importanza. La funzione di direzionamento viene svolta, anche se in maniera assai minore, dalla linea longitudinale composta dai punti dello scafo immersi in acqua: la linea di carena. Questa linea, quando il kayak è nella posizione normale ha una forma rettilinea, ma allorché il kayak si inclina su un lato questa linea di carena cambia disegno a causa della superficie bombata delle pancia e della forma rialzata di prua e poppa. Ora se si inclina il kayak verso destra i punti più immersi sono a destra e la linea di carena diventa un curva che piega a sinistra. Lo stesso vale per il senso opposto.
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Questa manovra di cambio di direzione è detta “dare pancia” e si darà pancia a destra per curvare a destra e pancia a sinistra per curvare a sinistra. In sé, comunque, la capacità della pancia di fingere da timone è abbastanza scarsa, ma se a questa aggiungiamo il contemporaneo lavoro dei piedi e quello delle pale, il risultato è assai efficace. In conclusione se il kayak tenderà ad andare sinistra, spingete con più forza il piede sinistro e alzate il fianco destro (“dare pancia” a destra) del kayak. La manovra del “dare pancia” oltre a correggere la direzione, è essenziale per far virare il kayak e per mantenere la rotta con il vento da poppa e al traverso.
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Le foto mostrano in sequenza una "pancia" ben data da Eppiluk.

giovedì 20 novembre 2008

IL DIALETTO LECCHESE E I PESCI DEL LARIO

CavedanoLavarèll, Agun, Pèrsech, Cavéden, Loeusc

Per chi abita sulle rive di un lago, questi nomi familiari si riferiscono a pesci che entrano spesso nelle nostre usanze alimentari. Il lavarello, che appartiene alla famiglia dei salmonidi e che viene chiamato anche coregone, tra il suo nome dal latino (salmo) lavaretus, divenuto in francese lavaret e, nel nostro dialetto, laverèll. L’agone, noto anche con il nome di sardella, deriva il suo nome dal latino agnus da acus “ago”. Il persico, in dialetto pèrsech, non ha nulla a che vedere con la Persia o con la pesca che pure viene chiamata con lo stesso nome: pérsech; è un pesce simile alla perca e il suo nome deriva dal longobardo parsik da cui anche il tedesco moderno Barsch. Il cavedano, in dialetto cavéden, altrimenti chiamato cavezzal, era chiamato in latino capitio-onis “dalla testa grossa”. Il luccio, loeusc in dialetto, è il più vorace dei pesci dei nostri laghi ed è chiamato anche “lo squalo delle acque dolci”; il suo nome deriva dal latino lucius.

Luccio
Misultìn

Fra le numerose specialità della cucina lariana un posto d’onore deve essere riservato ai misultétt, che, come tutti sanno, sono gli agoni squamati e ripuliti delle interiora e posti per qualche giorno a seccare al sole. Fino a non molti anni fa non era insolito vedere questi pesci infilati attraverso gli occhi con un filo o uno spago e disposti su tavole appoggiate al muro qui a Pescarenico (rione di Lecco), in piazza Era o in piazza del Pesce. Una volta ben secchi, gli agoni venivano messi nella misulta, che è sorta di mastello in legno, ma più raramente anche di latta, alternando uno strato di pesci con uno strato di sale e, a volte, alcune foglie di alloro. Per venire a capo del nome, per spiegare il quale sono state date le interpretazioni più stravaganti, occorre rifarsi ad un antico verbo, oggi disusato: misaltare, che significava “sottoporre a salatura per la conservazione della carne fresca (di porco, di pollame o anche di bovini). Il verbo deriva dal latino medievale misaltare, a sua volta dal germanico missa con valore negativo e peggiorativo, e saltan “salare”. In italiano antico esiste anche il vocabolo misalta che significa “carne fresca e salata di maiale”. Il termine è stato applicato, da noi, anche nella salatura degli agoni ed è quindi singolare che questa antica parola sia sopravvissuta solamente in alcuni dialetti lombardi.

Agone


martedì 18 novembre 2008

FILM - ATANARJUAT - THE FAST RUNNER (IL CORRIDORE VELOCE)

Un film di Zacharias Kunuk. Con Natar Ungalaaq, Sylvia Ivalu, Peter Henry Arnatsiaq. Igloolik Isuma Productions 2001.
Il male prende le sembianze di uno sciamano straniero che riesce a dividere una comunità di nomadi Inuit, distruggendone l’equilibrio sociale e spirituale. Premiato con la Camera d’or al Festival di Cannes nel 2001, Atanarjuat, the Fast Runner è una storia basata su un’antica leggenda Inuit, che viene tramandata di padre in figlio per educare i giovani all’importanza del volere della comunità a scapito della gloria personale. Inoltre il film, pur non essendo un documentario, presenta nei minimi particolari la vita tradizionale Inuit, le usanze, i vestiti, così com’erano prima dell’avvento della cristianizzazione.
«Atanarjuat è una storia valida universalmente, che suscita emozioni comprensibili a tutti, e allo stesso tempo riguarda in particolare gli Inuit: l’abbiamo sentita da bambini, narrata e recitata da personaggi Inuit e la vogliamo raccontare com’è stata tramandata a noi. Abbiamo voluto inoltre far vedere come vivevano gli Inuit secoli fa, quali erano i loro problemi, a cominciare dal matrimonio».
Zacharias Kunuk
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venerdì 14 novembre 2008

GLI ARTI INFERIORI E IL KAYAK

Ricky Barone sul lago di Garda
Il fatto che le gambe siano vincolate e nascoste all’interno del kayak non significa che abbiano un ruolo irrilevante. Al contrario, assolvono a due funzioni fondamentali nell’attività del kayak: in primo luogo determinano i movimenti di oscillazione dello scafo, controllando in parte l’equilibrio; in secondo luogo, svolgono un’azione decisiva per la propulsione. La spinta degli arti inferiori sullo scafo, infatti, tramite il puntapiedi, il premicosce e il sedile, aumenta enormemente l’efficacia dei colpi. Pensiamo a una pagaiata in avanti: l’energia che s’imprime sulla pala permette di muovere il kayak sole se, passando attraverso il nostro corpo, viene scaricata sul puntapiedi, che diventa il punto di applicazione della forza sullo scafo. Un colpo efficace richiede la massima coordinazione tra la spinta delle gambe e il movimento del busto. La spinta delle gambe verte sempre nella direzione in cui si vuole muovere il kayak.
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spinta di Eppiluk sul puntapiedi

mercoledì 12 novembre 2008

LIBRI - STELLA IN CAPO AL MONDO

La copertina del libroL'amico Marco Ferrario ci segnala questo interessante libro per ragazzi presentato a settembre al Festival della Letteratura di Mantova

STELLA IN CAPO AL MONDO
di Andrea Valente e Michele Pontrandolfo, con le illustrazioni di Andrea Valente

Brrr! Una storia agghiacciante! Riusciranno i nostri eroi ad arrivare al Polo Nord?

Un libro che parla di geografia, scienza, astronomia in modo spassoso! Come? Basta leggere l'incredibile viaggio di Stella, di suo fratello, Umbertone e dell'orsetto di peluche Babbonatale (scritto proprio così) ai confini del mondo… Eh sì, i nostri eroi vivranno una vera avventura a bordo di una slitta che li porterà dritti dritti al Polo Nord a conoscere i canti degli Inuit, a vedere l'aurora boreale, faccia a faccia con il temibile orso polare sulle tracce dei grandi esploratori Umberto Nobile e Roald Amundsen.

Tra il 2007 e il 2008 si festeggia l'anno internazionale dei Poli! Per l'occasione, l'esploratore polare Michele Pontraldolfo e lo scrittore illustratore Andrea Valente hanno scritto a due mani un racconto scherzoso, che svela ai ragazzi la filosofia dell'avventura nella traversata dei ghiacci artici (le tecniche di sopravvivenza, la fauna, il paesaggio) e anche un sacco di curiosità (come fare la pipì chiusi in un sacco a pelo a 30 gradi sottozero o il significato della parola "eschimese", ovvero mangiatore di carne cruda).
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Editoriale Scienza - 96 pagine - 12,90 euro - Consigliato per ragazzi dai 9 anni
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martedì 11 novembre 2008

COSA FARE IN CASO DI ONDE, VENTO E NAVI? QUALCHE UTILE CONSIGLIO

Nerrajaq sul lago di LuganoONDA
Sappiamo che al mare o al lago quello che si sposta sono le onde e non l’acqua, così che se si sta fermi si riceve un movimento solo verticale, naturalmente senza considerare la spinta del vento. L’acqua perciò esercita sulle pale della pagaia sempre la stessa pressione ed è uguale la spinta esercitata sia sulla cresta che nel ventre dell’onda. Anzi, proprio all’opposto del fiume, risulterà più agevole la pagaiata quando si sarà in basso e protetti dal vento. Quando invece ci si troverà in cresta dovrete stare attenti a controllare il kayak, che con la zona immersa molto ridotta, sarà facile preda del vento; nel frattempo controllate anche la rotta, sfruttando meglio la visuale. Ovviamente, salendo verso la sommità, il kayak rallenta il suo moto mentre scendendo subisce un’accelerazione che, se compiuta nella direzione del moto ondoso, potrete sfruttare per surfare e percorrere lunghi tratti senza troppa fatica mantenendo la direzione timonando con la pagaia. Vicino alla riva le onde si infrangono e i problemi diventano più violenti. L’onda infranta va affrontata con la prua, in velocità e dando una pagaiata al di là del frangente. Se vi trovate di traverso adagiatevi sulla schiuma dell’onda con un appoggio alto e fatevi superare dall’onda.

Nerrajaq sul lago di GarlateVENTO
Il vero nemico del kayaker marino è il vento anche perché non capita mai che soffi alle spalle. Con il vento si comprende l’importanza delle pagaie tradizionali groenlandesi (pale sullo stesso piano e molto strette e lunghe). Sembrerà più strano, ma la situazione più tranquilla è quando il vento soffia contro: si va più lenti ma sicuri. Quando è di traverso invece tende a ribaltarvi e a farvi cambiare direzione: bisognerà pagaiare più vigorosamente e magari usare lo skeg se il nostro kayak ne è provvisto. Da dietro darà si una spinta, ma tenderà a far ruotare il kayak e si spenderanno più energie per correggere continuamente la rotta; un metodo per pagaiare senza problemi con il vento, è quello di usare la manovra del dare pancia. Questa è una ragione perché molti kayak sono provvisti di timone, ma secondo noi possedendo una buona tecnica di base, il timone non è necessario. Il vento poi ci raffredda molto facilmente il capo e le mani e in generale ci da una sensazione che la temperatura si più fredda. E’ meglio portare sempre con sé un berretto per la testa e delle manopole che, pur coprendo completamene le mani, permettono di afferrare direttamente il bastone della pagaia.

Matilde sul lago di IseoNAVI
In teoria chi ha le “mura a dritta”, ovvero il vento da destra, ha la precedenza, e, sempre in teoria, le barche a remi hanno la precedenza su quelle a motore, mentre sia quelle a remi che quelle a motore devono dare la precedenza alle barche a vela. Ma provate a spiegare al comandante di una nave che il vostro kayak di cinque metri veniva da destra! Un kayaker, anche se indossa vestiti di colori sgargianti, è difficilmente visibile in quanto è molto basso sull’acqua e non riflette le onde radar. Evitate quindi di incrociare vicino a grandi natanti; eventualmente in caso di emergenza segnalata la vostra presenza con un razzo, comunque comportatevi come se il timoniere del natante fosse…cieco! Sul lago poi i battelli in servizio delle società di navigazione hanno sempre la precedenza, come del resto è vietato attraccare ai loro pontili di fermata. Morale della favola: pagaiate sempre con prudenza sotto costa!
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Matilde all'isola d'Elba.

venerdì 7 novembre 2008

VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLA NAVIGAZIONE IN KAYAK

LA STORIA DEL KAYAK, A PARTIRE DAI SUOI INVENTORI, I POPOLI DEL NORD.
Testo di Federico Fiorini.

I kayak furono inventati in tempi oramai remoti, si parla di qualche millennio fa, dalle popolazioni che abitavano la zona artica compresa tra la Siberia e la Groenlandia. Ne furono creati una grande varietà dai Koryak, dai Chukchi, dagli Aleutini, dagli Yuit e dagli Inuit. Possono essere distinte circa sessanta tipologie pricinpali, a loro volta divisibili in ulteriori varianti; gli studiosi, per facilitare le cose, le hanno classificate più semplicemente in una dozzina di grandi famiglie. Le differenze erano dovute a diversi motivi: il tipo di utilizzo, le tecniche di caccia, la facilità di trovare legname per la costruzione, sono le voci più ricorrenti. In Groenlandia, in particolare sulla costa est, nella regione di Angmagssallik, i kayak raggiunsero livelli dei livelli di specializzazione per la caccia alla foca ben più alti rispetto ad altre zone. Parallelamente allo sviluppo “progettuale”, anche le tecniche di conduzione si raffinarono in maniera incredibile.
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Gli Ammassalimiut raggiunsero dei livelli di abilità tecnica impensabili, ad esempio, per popolazioni che vivevano nei territori dell’attuale Canada. Si pensa che ciò fosse dovuto alla difficoltà di reperire legname in Groenlandia: non ci si poteva concedere il lusso di perdere gli arpioni, che, quindi, venivano legati, tramite lunghe stringhe, a dei galleggianti. Quest’ultimi, assicurati sul ponte posteriore del kayak, dovevano essere lanciati in acqua non appena la preda veniva colpita; se questa manovra non riusciva si correva il rischio di rimanere impigliati alla lunga stringa andando incontro a dei facili capovolgimenti. Per questo motivo i cacciatori si allenavano a compiere i più svariati tipi di eskimo al fine di poter recuperare la posizione in qualsiasi maniera. Fortunatamente molte di queste manovre non sono andate perse grazie anche all’interessamento di uno degli ultimi cacciatori di foche in kayak, Manasse Mathaeussen, che prima di morire, durante gli anni ottanta, al fine di salvaguardare il background culturale del suo popolo, trasmise la sua conoscenza alle nuove generazioni facendo sì che queste tecniche non venissero cancellate del tutto dall’utilizzo delle barche a motore. Tutto questo non è accaduto per gli Aleutini. Sebbene sia a noir arrivato il Bajdarka, il kayak dalla caratteristica prua bifida, e qualche pagaia, poco o nulla sappiamo delle loro tecniche di conduzione. Nel nostro mondo questo ha rappresentato sicuramente una grave perdita anche perché gli Aleutini furono sicuramente tra i più abili pagaiatori in acque mosse avendo dovuto affrontare le terribili condizioni ambientali del Mare di Bering.


Esistono diverse testimonianze scritte riguardo le esplorazioni nella regione artica, soprattutto per quanto concerne la storia Canadese. Prendendo in considerazione la sola Groenlandia e riferendoci espressamente alle sole tecniche di conduzione, in History of Greenland, scritta nel 1767 dall’esploratore inglese David Crantz, ritroviamo la prima descrizione di diverse manovre tra appoggi ed eskimi. Circa un secolo più tardi, nel 1893, in Eskimo Life, Fridof Nansen ci fornisce ulteriori testimonianze scritte, correlate anche da disegni. Arrivando al 1900 risultano preziosi gli scritti di Joelle Robert Lamblin che, per la prima volta, seppure con qualche imperfezione, disegna in maniera dettagliata le “acrobazie” dei cacciatori groenlandesi. E’ però con Gino Watkins che il kayak si diffonde e viene conosciuto nel vecchio Continente; essendo a capo della British Arctic Air Route Expedition del 1931, egli fu il primo europeo ad essere accettato come allievo dai nativi groenlandesi e da questi imparò le diverse tecniche prima di trovare la morte durante una battuta di caccia in solitario. Interessantissimo è il filmato della sua spedizione così come il capitolo XII del libro Watkins’ Last Expedition scritto dall’amico F. Spencer Chapman. In tempi più recenti l’opera di Manasse Mathaeussen e l’opera di John Heath, entrambi scomparsi, la fondazione in Groenlandia di Qaannat Kattuffiat (paragonabile ad una nostra federazione remiera), la successiva fusione con Qajaqusa (http://www.qajaqusa.org/), il lavoro di Greg Stamer in America, hanno dato un notevole impulso al recupero dell’antico modo di andare in kayak.




mercoledì 5 novembre 2008

IL BALESTRUCCIO, IN VOLO A CENTINAIA SUL LAGO

Lo incontriamo spesso in kayak, nella bella stagione, mentre caccia gli insetti sul pelo dell’acqua ed inizio autunno quando sopra il canneto del Bione (sul lago di Garlate) si riunisce in centinaia di individui per prepararsi al ritorno verso le aree di svernamento africane. Appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Hirundi-Nidae, uccelli di piccola taglia simili alle rondini, che vivono in grandi gruppi e spesso convivono con l’uomo. Il nome scientifico è Delichon urbicum. Di piccole dimensioni, ha una lunghezza totale del corpo di 12 cm. La coda è piuttosto corta e leggermente forcuta, senza le timoniere filiformi tipiche di altre rondini. Il piumaggio del dorso è blu-nero lucido; le parti inferiori sono bianche. E’ chiaramente riconoscibile da una banda di colore bianco sul dorso, tra la coda e le ali. Il volo è meno veloce rispetto alla Rondine, con ampi volteggi eseguiti spesso a quote più elevate.
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E’ molto comune e facilmente osservabile. Nidifica più frequentemente in ambiente antropizzati, colonizzando spesso le città; costruisce un nido tondeggiante di fango quasi totalmente chiuso con una sola apertura di entrata molto piccola, in genere sotto i cornicioni delle abitazioni. Si osserva facilmente in volo, quando caccia in gruppo gli insetti di cui si nutre. Ha un comportamento sociale molto sviluppato come le altre specie del gruppo ma forma colonie ancora più numerose, anche con nidi addossati l’uno all’altro. Migratore transahariano, arriva in Lombardia per nidificare a partire da Marzo e riparte ad Ottobre. Il nome scientifico del Balestruccio deriva dalla sua adattabilità a convivere con l’uomo, anche in situazioni estreme come quelle urbane.
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L’errore comune è quello di confonderlo con la Rondine.
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martedì 4 novembre 2008

FILM - THE SNOW WALKER

La copertina del DVD
The Snow Walker è un film canadese del 2003, diretto da Charles Martin Smith, basato sul racconto "Walk Well, My Brother" di Farley Mowat.

Siamo nel 1953. Nel territorio del Canada del nord il pilota Charlie Halliday si guadagna da vivere trasportando merci col suo idrovolante sulla rotta artica, grandi terre desolate e selvagge abitate da piccole comunità di pescatori Inuit. In cambio di due zanne di tricheco, Charlie accetta di trasportare fino all'ospedale più vicino Kanaalaq, una giovane Inuit ammalata di tubercolosi. L'aereo però subisce un grave incidente e mentre Charlie va a cercare aiuto Kanaalaq rimane presso il rottame del velivolo. Intanto le ricerche dei soccorritori non danno alcun esito e Charlie viene ormai dato per disperso. Sarà Kanaalaq a ritrovare Charlie gravemente ferito una settimana dopo, a curarlo e ad insegnargli il valore dell'amicizia ed i segreti della sopravvivenza in quelle terre così inospitali, segreti che sono alla base della cultura del popolo Inuit.


lunedì 3 novembre 2008

L'AMBIENTE ACQUATICO: ONDE, CORRENTI E VENTO

Qaqatuq sfida le onde vicino alla scoglieraGli elementi caratteristici dell’ambiente acquatico dove fare “kayak da mare” sono le onde, il vento e le correnti ed è proprio con questi tre parametri che si giudica la difficoltà di un percorso in kayak. L’ambiente acquatico dove si programma un’escursione deve essere quindi conosciuto molto bene: così come può offrire sensazioni piacevolissime e luoghi incantati, può all’apposto divenire pericoloso e punire gli avventati.
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Matilde controvento al mare
IL MARE
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Le onde.
La presenza del vento sulla superficie del mare provoca uno spostamento verticale dell’acqua: queste sono le onde. Nelle onde non esiste spostamento di masse d’acqua ma solo un suo innalzamento o abbassamento; l’ampiezza di queste oscillazioni verticali è in funzione dell’intensità del vento e la loro propagazione dipende dalla direzione in cui spira il vento. Quando il fondale, in prossimità della terraferma oppure in presenza di una secca, diventa basso le onde di infrangono: questa è la situazione più pericolosa per un kayaker. Le onde vengono classificate in base all’altezza, cioè la distanza verticale tra il punto più alto detto cresta e quello più basso detto cavo; alla lunghezza, che è la distanza fra due creste successive; e alla rapidità, cioè il rapporto fra le due precedenti misure. Quando la rapidità supera il punto critico l’onda si rompe, ovvero si frange. Anche in assenza di vento può esistere moto ondoso; le onde in questo caso in questo caso sono il risultato di una perturbazione lontana, che può essere esaurita, ma che ha creato un moto ondoso che si è propagato a raggiera; le onde infatti, aumentando di lunghezza, aumenteranno anche di velocità spesso spostandosi più velocemente del vento che le ha generate. Occorre quindi prestare attenzione se, in condizioni di calma di vento, si noterà la presenza di onde lunghe o mare morto. La scala di Douglas misura lo stato del mare.
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Scala di Douglas
Il vento.
E’ prodotto dalle variazioni di pressione atmosferica dovute alla diversa temperatura delle masse d’aria; in conseguenza di queste variazioni avvengono spostamenti delle masse d’aria da zone con pressioni più alte (zone di alta pressione) dove la temperatura dell’aria è più calda, a zone dove la pressione è più bassa (zone di bassa pressione) dove la temperatura delle masse d’aria è più fredda. Questo fenomeno è assai più evidente al mare quando le differenti temperature della terra e dell’acqua scaldano o meno l’aria sovrastante, provocando conseguentemente un costante movimento ventoso; in condizioni di tempo stabile di giorno soffia la brezza di mare (vento che spira dal largo), di notte la brezza di terra (da terra verso il mare aperto). Nel corso della giornata, in mare aperto e con bel tempo, la direzione del vento tende a ruotare seguendo l’arco del sole da est o ovest. In condizioni meteorologiche perturbate la velocità del vento può salire notevolmente ed è sconsigliato uscire in kayak sopra l’intensità cinque della scala di Beaufort che misura lo stato del vento.
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Scala di Beaufort
Le correnti.
Le correnti marine sono degli spostamenti di masse d’acqua di differenti temperature; molte possono essere anche provocate da diversi gradi di salinità, cioè di densità dell’acqua, oppure dall’azione stessa del vento. Generalmente le correnti marine e oceaniche sono costanti e periodiche ed esistono carte nautiche particolareggiate che ne descrivono le caratteristiche. Localmente, specie in prossimità di promontori o stretti, si creano situazioni particolari che possono insorgere anche in breve tempo; bisogna quindi ricordare alcune regole:
- minore è la profondità dell’acqua, più facile è la formazione di una corrente termica;
- le correnti che si instaurano a causa di un fenomeno meteorologico perdurano per qualche tempo dopo la calata del vento;
- con brezza di mare l’acqua è spinta verso terra e il livello del mare sale;
- con vento di terra, all’opposto, l’acqua è spinta al largo e il livello del mare scende;
- le correnti sono più accentuate nei paraggi di lembi di terra circondati dal mare (istmi, promontori, penisole, etc.);
- non fidarsi del movimento delle onde: la corrente si determina dalle reazioni di un palo o di una boa ancorata al fondo; se creano un onda di riflusso o la boa si piega è segno che c’è corrente;
- la velocità di una corrente si misura in nodi, pari a un miglio marino all’ora. E il miglio marino corrisponde a 1.852 metri.
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Matilde tra le onde del mare
IL LAGO
Seppur in scala minore anche sul lago esistono correnti, onde e vento, e anche se non paragonabili per potenza ai fenomeni marini, non sono da sottovalutare: i mutamenti meteorologici in ambienti ristretti come le valli in cui si sono formati i laghi italiani sono molto rapidi e violenti. La situazione dei laghi può essere complicata da venti locali che scendono dalle valli laterali e spazzano la superficie dello specchio d’acqua dall’alto. Comunque in caso di bel tempo i venti periodici dei grandi laghi subalpini dell’Italia settentrionale soffiano da nord a sud al mattino (sul Lario è il Tivano) e viceversa da sud a nord il pomeriggio (sul Lario è la Breva). Le onde del lago si formano solo quando c’è vento e non sono da sottovalutare perché più sono alte, più c’è vento ed è faticoso mantenere la rotta ma anche rimanere in equilibrio con vento forte e magari a raffiche; perché sono generalmente più ripide di quelle marine e frangono prima (non raggiungono però grande altezze); perché sono molto corte una dall’altra. Il lago è il luogo più tranquillo per le escursioni in kayak e può offrire mete di incomparabile bellezza, sempre che si rispettino sia le consuete norme di sicurezza, sia l’ambiente naturale che in questo caso è sempre un delicato equilibrio di molteplici fattori e basta assai poco per sconvolgerlo: potrebbe arrivare da un momento all’altro un forte temporale o essere sorpresi, sul Lario, dall’improvviso e fortissimo vento invernale detto FOHN (in italiano Favonio).
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Qivittoq sulle onde del lago
Eccovi un' onda del nostro amato Lario!
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onda sul Lario