"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 29 dicembre 2014

LA SCHIRIBILLA, SUA DIFFIDENZA



Appartiene all’ordine Gruiformes, famiglia Rallidae, uccelli dal volo goffo che prediligono rifugiarsi a terra tra la vegetazione bassa. Il suo nome scientifico è Porzana parva; il nome specifico deriva dal latino parvus (piccolo). Rallide di piccolissima taglia, con lunghezza del corpo intorno ai 19 cm. Il maschio ha dorso bruno screziato, ventre grigio con barrature biancastre e macchia rossa alla base del becco. Le zampe sono verdi e sempre proporzionalmente lunghe, caratteristica della famiglia. La femmina ha colori mimetici e chiari, con barrature poco evidenti.




Predilige canneti invecchiati, non tagliati e spesso sommersi dall’acqua, con vegetazione al suolo fitta in alternanza ad aree aperte; talvolta si rinviene anche nei pressi di grandi laghi e fiumi. Specie fortemente elusiva, si nasconde in intricati e vasti canneti, dove la presenza può essere rilevata grazie al canto caratteristico dei maschi in primavera, simile a un cucciolo di cane che abbaia. Si nutre soprattutto di invertebrati e di semi di piante acquatiche. Sebbene si tratti di un comportamento raro, è stata osservata anche alimentarsi sott’acqua.




La difficoltosa rilevabilità di questa specie ne rende potenzialmente lacunosa anche la descrizione distributiva. Risulta comunque diffusa soprattutto nell’Europa orientale. In inverno migra verso sud, ma non si ha una precisa conoscenza dei quartieri di svernamento. Durante la migrazione frequenta le aree idonee della regione. I casi di segnalazioni certe di coppie riproduttive in Italia sono pochissimi. La nidificazione, supposta sia in passato sia recentemente in diverse aree, è stata accertata in Lombardia unicamente nelle Valli del Mincio e nelle vicine Paludi di Ostiglia. Le popolazioni europee sono state stimate in circa 20.000 coppie, di cui meno di un centinaio in Italia. La Schiribilla è stata inserita nella Lista rossa degli uccelli nidificanti italiani tra le specie in pericolo in modo critico.



domenica 21 dicembre 2014

DERIVA (SKEG) E TIMONE (RUDDER)



Questi due accessori sono fondamentali per la navigazione in kayak? Prima di capirlo una breve spiegazione su cosa sono e a cosa servono. Poi lascio a voi dare una vostra opinione a riguardo.






DERIVA (skeg)
E’ una piccola pinna poppiera che serve a mantenere la rotta rettilinea, in particolare con il mare (o il lago) al traverso o di poppa. E’ alloggiata in un apposito pozzetto interno allo scafo, e può venire immersa o recuperata totalmente o parzialmente (dipende un po’ dalla direzione del vento) facendola scorrere attraverso una fessura praticata nella chiglia del kayak. Esistono due tipi di deriva: a coltello e a baionetta. Quella a coltello è basculante, cioè ruota attorno ad un perno, e si aziona per mezzo di un comando manuale situato a fianco del pozzetto. Quella a baionetta scorre verticale all’interno di una apposito pozzetto previsto di due aperture: una inferiore, situata lungo la linea di chiglia, e una superiore, situata invece sul ponte. La pinna può essere ammainata o recuperata mediante un sistema di rinvii e elastici.






TIMONE (rudder)
I timoni sono generalmente disponibili in kit, facili da installare anche su scafi non predisposti. Si azionano manovrando apposite pedaliere-poggiapiedi, alle quali vengono collegati per mezzo di cavi. Sono alloggiati sulla parte superiore poppa. L’impiego del timone riduce al minimo la necessità di inclinare l’imbarcazione quando si deve virare, il che rappresenta un vantaggio non indifferente. Tuttavia molti kayakisti che all’inizio usano il timone, a mano a mano che acquistano esperienza finiscono per farne spontaneamente a meno. Ma quello dell’utilizzo del timone è un argomento piuttosto controverso nel nostro ambiente. Tra i seakayakers si discute spesso sulla necessità o meno di dotare il kayak di un timone. Basta dare la “pancia” o una pagaiata circolare per virare? La risposta non può essere univoca: dipende dal tipo di scafo. La maggior parte dei kayak da mare europei è stata progettata per fare a meno del timone, anche se vi sono dei modelli, in particolare quelli che presentano il piede di pura o di poppa poco immersi, che in acque mosse beneficiano sicuramente di questo dispositivo.


Solo pochi  dei kayak da mare che ci sono al CK90 hanno il timone: forse perché quando si fa il corso base di kayak presso la nostra associazione è un imperativo imparare a dare la “pancia” (cioè pagaiare con lo scafo inclinato in modo da far virare il kayak) e quindi a noi Inuit del Lario viene più spontaneo usare questa manovra che avere la necessità di installare un timone. E’ sempre la solita questione di imprinting…

lunedì 15 dicembre 2014

SAN NICOLO': SANTO PROTETTORE DEI CANOISTI E LE SUE LEGGENDE


Il 6 Dicembre si festeggia il patrono di Lecco, San Nicolò. Protettore di tutti i naviganti e anche di noi kayakers. La statua posta nel lago all'altezza di Largo Stoppani risulta di recente restaurata e su di essa è facile notare il decoro in oro posto a rilievo sulla veste vescovile: si tratta di tre mele. 



Collegata al Santo risulta la tradizione in uso anni fa e ultimamente riscoperta, di portare ai bambini buoni la sera della vigilia della festa “mele grosse e rosse” come simbolo di bontà e come augurio di prosperità. Le mele vengono distribuite in chiesa durante la messa dedicata al Santo e dal Sindaco in occasione della cerimonia di consegna delle Civiche Benemerenze prevista negli stessi giorni al teatro della Società di Lecco. 



In Italia la tradizione delle mele trae origine dalla leggenda che fa riferimento all'episodio in cui San Nicola, venuto a sapere che tre povere bambine sarebbero state vendute dal padre come schiave perché la famiglia non le poteva mantenere, andò solo nella notte fino alla casa delle tre bambine e posò sulla finestra tre mele d’oro per garantire loro una dote. 



Un'altra interpretazione delle tre mele cesellate sul Santo è che rappresentino le tre componenti principali della fede ovvero: il Dono, l'Intelligenza, e la Libertà. 



A Lecco è diffusa anche una filastrocca che recita: 
"San Niculò el porta i pom, Sant'Ambros i ha fa coss la Madona i ha pelà el Bamben i ha mangià; i ha mangià a fett a fett cun una fila de' michett"

Traduzione in italiano: San Nicolò porta le mele, Sant’Ambrogio le fa cuocere, la Madonna le ha pelate, e il Bambino Gesù le ha mangiate; le ha mangiate fetta a fetta con una fila di michette (pane tipico lombardo) 



Testo del Luis (Inuit del Lario CK90)

lunedì 8 dicembre 2014

IL REGNO DEL QAJAQ (10)



Il mezzo liquido è dunque di importanza fondamentale per il clima delle regioni più settentrionali: lo scambio fra le acque fredde, poco saline e quindi superficiali che escono dall’Artico e quelle più calde, più saline e quindi profonde che vi entrano, provenienti dall’Atlantico e dal Pacifico, è rappresentato dal seguente bilancio:

 
ENTRATE USCITE
Atlantico 85% Corrente Groenlandia orientale 75%
Pacifico 8% Corrente canadese 25%
Fiumi 4%
Precipitazioni 3%

Entrambe le correnti – calde e fredde – totalizzano una portata di 4,5 milioni di metri cubi al secondo.


Ma come si forma il ghiaccio? Con quale meccanismo laghi e mari congelano? Vi è una grande differenza tra la formazione del ghiaccio in acqua dolce e quello in acqua salata. Nel primo caso basta che la temperatura scenda sotto lo zero perché si formi una lastra lucida e trasparente, il cui spessore tende ad aumentare se la bassa temperatura persiste. Per esempio nel lago Baikal si possono vedere bene i pesci nuotare attraverso una crosta trasparente di un metro di spessore. Naturalmente la formazione di ghiaccio è facilitata dall’assenza di un modo ondoso; inoltre, il ghiaccio comincia sempre a formarsi sulla fascia litorale per avanzare poi verso il centro del bacino, mentre al momento del disgelo la fascia esterna è la prima a sciogliersi. 



Nel caso di ghiaccio marino il meccanismo è più complicato, a causa della concentrazione salina; la temperatura deve abbassarsi maggiormente e deve iniziare un processo per cui la superficie dell’acqua perde gradualmente sale che si deposita sul fondo, mentre al contatto con l’aria, si forma un poltiglia di cristalli di sale e di ghiaccio. La formazione di ghiaccio è facilitata negli estuari dei fiumi (minore salinità), nelle baie tranquille (minore moto ondoso e meno vento) e lungo le coste (dove il fenomeno dell’alta marea è trascurabile). 



Fonte: Il meraviglioso universo del grande Nord.

lunedì 1 dicembre 2014

PARCO ADDA NORD


Villa Gina, maestosa residenza che domina l’Adda e il Santuario della Divina Maternità, sorge a Concesa, località del comune di Trezzo e oggi è la sede del Parco Adda Nord. Il parco nasce nel 1973, a seguito del “Convegno per il Parco Fluviale dell’Adda”, con lo scopo di salvaguardarne il patrimonio naturale e paesaggistico e di organizzare attività di educazione e promozione ambientale e culturale, dal momento che i confini comprendevano tutto il corso del fiume fino alla foce del Po. L’anno successivo si optò per la divisione dell’asta fluviale in due Parchi: Adda Nord e Adda Sud. 



Il Parco Adda Nord si estende da Lecco a Rivolta d’Adda e comprende tre province (Bergamo, Lecco e Milano) e trentaquattro comuni, per una superficie complessiva di 7.400 ettari. L’ente tutela il fiume nei suoi diversi ambienti; appena uscito dal Lario si allargano i due bacini lacustri di Garlate e di Olginate, in precario equilibrio tra ambiente naturali, centri abitati e industrie; proseguendo si entra nella palude di Brivio, da poco divenuta SIC (Sito di Interesse Comunitario) e si avanza attraversando il grande canyon che da Imbersago a Trezzo rappresenta uno dei tratti di maggiore interesse storico-naturalistico dell’intero fiume. Superata Trezzo, infine, l’Adda prende piano piano l’andamento di un corso di pianura, arricchendosi delle acque del Brembo all’altezza di Crespi d’Adda. 



Fonte: 100 Adda da scoprire da Lecco al Po

domenica 23 novembre 2014

LA PRESA DIGITALE DELLA PAGAIA (HAND GRIP OF THE PADDLE)





La presa consiste nel modo in cui le mani impugnano il manico della pagaia.
La presa corretta è DIGITALE: il pollice e l'indice formano un anello, mentre le altre dita avvolgono il manico della pagaia in modo decrescente: la falangetta del mignolo si appoggia soltanto sulla parte superiore del tubo. Il palmo della mano non tocca il tubo della pagaia, fatta eccezione per l'incavo tra pollice e indice. La presa DIGITALE è morbida e dà grande libertà di movimento alla catena cinetica formata dal manico della pagaia, arti superiori e spalle. Consente infatti agli anelli della catena, rappresentati dalle articolazioni, di muoversi con uno spettro assai ampio.



Una presa PALMARE o bloccata, oltre a far disperdere molte energie dal punto di vista muscolare, limita la mobilità degli anelli della catena, rendendo i movimenti più difficoltosi e meno fluidi. Un kayaker che pagaia con il palmo appoggiato al tubo della pagaia non potrà mai distendere completamente il braccio, e vedrà quindi ridotta l'efficacia del colpo che sta eseguendo. Inoltre, una presa rigida porta inevitabilmente a movimenti contratti, disarmonici e poco eleganti. Un altro elemento molto importante della presa è il polso che deve essere in linea con la mano e l'avambraccio. Questa posizione consente di sfruttare al massimo la mobilità dell'articolazione durante l'esecuzione dei colpi.

lunedì 17 novembre 2014

4-5 OTTOBRE 2014: WEEK-END IN KAYAK ALLE CINQUE TERRE


Visto il perdurare del bel tempo sul fine di settembre si è pensato di trascorrere il fine settimana del 4-5 ottobre nel Parco Nazionale delle Cinque Terre in provincia di La Spezia. Partenza nel tardo pomeriggio di Venerdì 3 ottobre dalla sede nautica del CK90, tende, sacchi a pelo, kayak caricati sulle auto e via direzione Levanto. 



Il Parco Nazionale delle Cinque Terre, patrimonio dell'umanità riconosciuto dall'UNESCO viene istituito nel 1999 e prende il nome dai cinque borghi che lo costituiscono. Scendendo nell'ordine lungo la penisola: Monterosso (Mons Ruber) al Mare, Vernazza (Vulnetia) Corniglia (terra di Cornelio), Manarola (Manium Orula = piccola aia dei Mani), Riomaggiore (rivus Maior). I nomi tradiscono l'origine romana di tali territori. 



Sabato abbiamo realizzato l'escursione completa del litorale con rientro in serata: prima tappa Monterosso e Vernazza. La riva che costeggiamo è costituita da coste alte e frastagliate, composte da scogliere scoscese, terrazzamenti coltivati (6.700 Km di muri a secco), calette profonde, paesi incastonati nelle insenature. L'appennino Tosco-Emiliano si tuffa nel Mare Ligure. 



Seconda tappa Corniglia e Manarola. Corniglia in realtà non si affaccia direttamente sul mare ma tramite un promontorio su cui è costruita. Nel pagaiare lungo le rive vediamo sopra di noi Santuari, piccoli castelli e fortificazioni che difendevano dalle incursioni dei pirati, ville panoramiche, case di pescatori, porticcioli, piccole spiagge. Il tutto è esteticamente armonioso e funzionalmente collegato dalla linea ferroviaria, opera utile ed esteticamente pregevole come poche se ne vedono di recente in Italia. 




Arrivati in fondo a Riomaggiore si fa pausa pranzo, ci si sgranchisce, un bagno nel mare e via si riparte. Ripercorrendo a ritroso il tragitto lo spettacolo della costa non è da meno che all'andata. Il rientro per sera giusto in tempo per godere uno splendido tramonto. 



Abbiamo percorso 18+18 Km di litorale ligure; riportati i Kayak in campeggio ci si prepara per una cena in locale tipico con menù di mare. Due giorni magnifici passati a contatto con la natura, il mare e gli amici. 


Testo del Luis (Inuit del Lario - CK90)

lunedì 10 novembre 2014

PERCHE’ PROTEGGERE I FIUMI


Pianura Padana lombarda. Il paesaggio si presenta come una distesa sconfinata di campi, pioppeti, qualche filare, cascine, strade, paesi più o meno piccoli, numerosi città. Degli antichi boschi di querce è rimasto ben poco: i prati naturali sono ormai scomparsi quasi del tutto. L’uomo ha trasformato il paesaggio, occupando tutto lo spazio a sua disposizione per l’edilizia civile, l’agricoltura e le infrastrutture varie. Eppure, quasi miracolosamente, sopravvivono ancora ecosistemi ricchi di biodiversità, vere e proprie “trincee” verdi e azzurre minacciate ogni giorno da uno sviluppo apparentemente inarrestabile: sono i grandi e i piccoli fiumi, che da Alpi e Appennini percorrono chilometri di piano per buttarsi nel Po. 



L’importanza dei fiumi della pianura per la vita vegetale e animale è forse riassumibile in un solo concetto, quello di corridoio biologico. Lungo i corsi d’acqua, una specie può trovare un habitat idoneo e continuo per centinaia di chilometri: non ci sono barriere geografiche o costruite dall’uomo e l’ambiente è relativamente uguale lungo tutto il percorso. I fiumi favoriscono i movimenti, per esempio: se un animale di bosco vuole e deve spostarsi dalle pendici alpine verso sud, normalmente incontra una distesa di coltivazioni entro la quale non osa avventurarsi, mentre lungo i corsi d’acqua trova quasi sempre abbastanza vegetazione per non sentirsi troppo esposto agli attacchi dei predatori. 




Ed è chiaro come un sistema di zone rilevanti dal punto di vista naturale, collegate fra loro senza troppe interruzioni, funzioni certamente meglio di aree isolate (i boschetti che appaiono qua e là tra i campi, ad esempio) nella conservazione di una specie: tutte quelle popolazioni che sono connesse le une alle altre hanno infatti hanno infatti minor probabilità di andare incontro a fenomeni di estinzione rispetto a quelle che si trovano isolate. Dal punto di vista della salvaguardia ambientale, quindi, i fiumi sono fondamentali: ecco perché lungo quasi tutti i corsi d’acqua lombardi sono stati istituiti parchi e riserve (dal Ticino all’Adda, dal Serio all’Oglio). Peccato che proprio i fiumi, però, siano spesso visti come presenze fastidiose , scomode intercapedini naturali poste a ostacolo degli scambi economici e commerciali. E man mano che lo sviluppo progredisce, il pericolo per le ultime “autostrade di natura” della pianura diventa sempre più grande. 



lunedì 3 novembre 2014

IL REGNO DEL QAJAQ (9)


Il ghiaccio costiero dipende molto dall’inclinazione della piattaforma continentale; sulle coste della Siberia, che fronteggiano la più vasta piattaforma del globo, che si estende a centinaia di chilometri dalla terra emersa con una profondità delle acque assai modesta, si formano sterminati campi di “fast ice” che in estate si uniscono al “drifting ice”, cioè alle banchise derivanti. 



Nel caso della Siberia bisogna tenere conto che molti fiumi di grande portata, pur rimanendo gelati per otto mesi all’anno, scaricano in mare una considerevole massa d’acqua dolce e più calda; l’apporto di questa acqua favorisce l’allontanamento del ghiaccio costiero a fine primavera ed è la fonte di un più precoce congelamento in autunno, a causa del minore contenuto salino della fascia costiera. Condizioni analoghe si ritrovano in Canada, dove il fiume Mackenzie versa le proprie acque nel Mare di Beaufort. 



Una singolarità che si riscontra nell’Oceano Artico è la presenza del Polyn’ja, ovvero specchi di mare libero circondati dal ghiaccio, aventi carattere di rilevante stabilità stagionale; le più note sono quelle al largo della foce del fiume Yana presso lo stretto di Laptev e quelle prospicienti la Terra di Lincoln nella Groenlandia settentrionale. Si ritiene che il fenomeno, non ancora bene spiegato, abbia origine dall’effetto combinato di venti dominanti e correnti costanti. Un dato di grande interesse, desunto da recenti rilevazioni compiute per mezzo di boe radiotrasmittenti automatiche, dislocate su tutto il bacino artico, riguarda l’aumento di temperatura che d’estate si verifica nell’Artico: esso è dovuto per 2/3 all’influenza del mare e per 1/3 all’apporto di correnti d’aria calde meridionali. 



Fonte: Il meraviglioso universo del grande Nord.

domenica 26 ottobre 2014

LA TECNICA DELLA PAGAIA TRADIZIONALE GROENLANDESE (GREENLAND PADDLE)


La prima cosa che si nota in una pagaia "tradizionale" groenlandese oltre alla abbondante lunghezza (in genere dai 220 cm fino ai 240 cm), è che ha le pale molto strette, lunghe e sono sullo stesso piano. Contrariamente una pagaia "moderna" (con pale larghe e/o a cucchiaio) ha le pale disposte all'incirca perpendicolarmente tra di loro (tra i 60° ed i 90°). Il fatto che le pale della pagaia groenlandese sono perfettamente simmetriche rende identici i movimenti (del braccio destro e del braccio sinistro) della pagaiata (spinta e trazione), senza alcuna rotazione del polso dominante, evitando così fastidiose tendiniti. La si impugna molto più stretta rispetto alla pagaia moderna: più o meno alla larghezza delle nostre spalle (o appena di più dei nostri fianchi). 



La torsione del tronco (per usare i grandi muscoli dell'addome e dei dorso) è importante anche con l'uso di questa pagaia. La si tiene bassa (all'altezza del petto) in modo da non affaticare i muscoli delle spalle; a differenza della pagaia moderna, con la groenlandese la passata in acqua è corta e molto frequente ma soprattutto l'entrata in acqua avviene con la parte alta della pala inclinata all'incirca di 40° in avanti verso la prua. Questa inclinazione va mantenuta per tutta la passata in acqua: favorirà l'estrazione della pala rendendola lineare e fluida. L'applicazione delle forze in acqua è diversa dalla pala a cucchiaio ma l'efficacia è sorprendente! 



E sorprendente è la quantità delle manovre possibili con questo tipo di pagaia (appoggi, eskimi e salvataggi) e infine non è da sottovalutare il fatto che essendo le pale molto strette l'effetto "vela" dovuto al vento è quasi zero... Con questa pagaia si ha veramente un rapporto unico con vento e acqua! Ne esistono anche modelli in carbonio, ma il materiale migliore è per tradizione il legno. Una buona pagaia groenlandese pesa da 0,7 kg a 1,3 kg. 




lunedì 20 ottobre 2014

IL LAGO DI ENDINE


Domenica 28 Settembre l’ASD Triathlon Bergamo ha richiesto l'assistenza in acqua in kayak del CK90 alla gara di triathlon che si è svolta sul lago di Endine (www.endinetriathlon.com). Sei sono stati gli Inuit del Lario impegnati in acqua. La sezione di nuoto di 1,5 km ad anello era composta da 3 batterie distanziate di alcuni minuti così che l'impegno è durato per la sola mattinata lasciandoci liberi di perlustrare il lago con calma nel pomeriggio. 



Il lago di Endine è l'unico specchio d'acqua che è interamente contenuto nei confini della provincia di Bergamo. Occupa la parte centrale della valle Cavallina donandole caratteristiche peculiari. La superficie del lago è modesta (2,34 km quadrati). E’ alimentato dalle acque provenienti dal monte Boario e da altri corsi minori e ha un unico emissario, il fiume Cherio, che scorre poi nella pianura per andare a confluire nell'Oglio. 



La profondità media è di 4 m, la massima di 9,4 m e l'estensione costiera di 14 km. La bassa profondità favorisce la riproduzione di diverse specie di pesci quali: Luccio, Savetta, Cavedano, Scardola, Persico, Carassio, Persico sole, Trotto, Persico trota, Carpa, Tinca, Lucioperca, Alborella, Ghiozzo. Classificato in un primo tempo come zona di "rilevante interesse ambientale" dalla Regione Lombardia è stata successivamente riclassificata a “Parco Regionale" ed è soggetto a tutela pubblica. 



Le rive alternano fitti canneti, luogo di riproduzione della ricca fauna ittica e rifugio per la fauna avicola, a piccole spiagge. Le rive del lago sono però anche il luogo ideale per una vacanza all’insegna del relax e svago. Lungo la costa si scoprono spiaggette alberate ed angoli di natura incontaminata. Molti i ristoranti direttamente sul lago che vi permettono farvi mangiare i piatti tipici della zona. Si possono noleggiare pedalò, canoe, barche per una tranquilla giornata e non verrete disturbati dalla presenza di imbarcazioni a motore che su tale lago e per fortuna sono proibite. I paesi da visitare del lago di Endine sono: Monasterolo, Endine, Spinone al lago, San Felice al lago, Ranzanico. 



Monasterolo è uno dei centri più frequentati del lago, soprattutto nel periodo estivo. Interessante è, infatti , il centro storico medievale che si adagia fino alla riva. Un sito da visitare è il Castello Medievale con il suo giardino dove si trovano numerose essenze dai colori vivaci. Spinone al lago gode di buona posizione: il nucleo antico si trova un poco monte del lago e presenta una bella architettura romanica, come la chiesa di S. Pietro in Vincoli, probabilmente uno degli edifici religiosi più antichi della valle. 




Il Lago di Endine è situato a 60 km dalla sede nautica del CK90 a Vercurago. Si raggiunge in poco più di un'ora di auto. Tale collocazione lo individua come una facile meta per una escursione di una giornata in cui è possibile visitare completamente il lago. 



Testo del Luis (Inuit del Lario-CK90)