"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 28 novembre 2011

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE SUL LAGO DI GARLATE: IL MUSEO DELLA SETA “ABEGG”



Pagaiando lungo le rive del lago di Garlate troviamo, di fronte alla sede del comune di Garlate (LC), il Museo Civico della Seta “Abegg”. Gli Abegg sono una famiglia di industriali svizzeri che come altri (Ruegg – Stuky – Keller) acquistano attività produttive in Italia. Il setificio “Abegg” costruito nel 1841 dalla famiglia Bruni passa poi agli svizzeri che continuano la produzione tessile fino al 1950.




Per volontà della famiglia “Abegg” subito dopo un’ala della fabbrica viene destinata a museo che dal 1977 è proprietà del Comune di Garlate. L’edificio è diviso in quattro ali, diversificate per funzioni, poste attorno ad un cortile utilizzato per il carico e scarico materiali. Gli Abegg prediligono tra le loro varie attività lo stabilimento di Garlate, tanto è vero che si stabiliscono nel palazzo che attualmente è sede del Comune, naturalmente dopo averlo abbellito.




Importante per l’epoca è il fatto che la manodopera femminile trova un lavoro stabile e ben retribuito nel campo del tessile (seterie e cotonifici) mentre gli uomini lo trovano nelle industrie della lavorazione del ferro oltre a svolgere nei vari opifici le funzioni di manutentori meccanici, caldaisti, magazzinieri. E’ in questo periodo che vengono poste le basi del benessere economico e dell’abbondanza di posti di lavoro tipico del territorio lecchese.





L’attività del setificio Abegg continua poi fino al 1973 come officina meccano-tessile. Attualmente il Museo è in ristrutturazione. Il progetto prevede un notevole ampliamento dello spazio didattico-espositivo. I Musei dedicati al tessile di Garlate, Abbadia Lariana e Como costituiscono un itinerario a tema turistico-archeologico esclusivo del Lago di Como.




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Testo e foto del Luis (Inuit del Lario)
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lunedì 21 novembre 2011

LE ONDE (parte prima)



Un’onda è una fluttuazione sul piano dell’acqua creata da una forza esterna. Le onde (marine e lacustri) sono generalmente formate dall’azione del vento. La sommità di un’onda è chiamata cresta, mentre la depressione è chiamata cavo; l’altezza dell’onda è il dislivello tra cavo e cresta; la lunghezza dell’onda è invece la distanza tra due creste o tra due cavi consecutivi. Il periodo è il tempo che intercorre tra il passaggio di due creste consecutive. Con il termine pendenza si intende il rapporto tra la velocità dell’onda e quella del vento.




E’ importante sottolineare che il moto ondoso trasmette solo la forma dell’onda mentre l’acqua rimane stazionaria. In altre parole potremmo dire che un kayaker, rimanendo sul kayak senza pagaiare, sale e scende dall’onda senza spostarsi in avanti o all’indietro in modo apprezzabile. Infatti le particelle d’acqua descrivono delle orbite circolari, ma permangono più o meno nella stessa posizione.




L’altezza di un'onda dipende da tre fattori: l’intensità del vento, la durata del vento; il fetch (ossia l’estensione della superficie marina coperta dal vento).


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Foto degli Enzi (Inuit del Lario)
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lunedì 14 novembre 2011

IL MORIGLIONE, TUFFI CHE PASSIONE



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, gruppo comprendente anatre, oche e cigni. Fa parte delle cosiddette”anatre tuffatrici” che si alimentano immergendosi. Il suo nome scientifico è Aythya ferina. E’ anatra di medie dimensioni, ha una lunghezza di 42-49 cm. Specie nettamente dimorfica. Il maschio ha testa rosso ruggine, petto, groppone e sottocoda neri, dorso e timoniere grigie, fianchi tendenti al bianco. Becco nero con una banda grigia intermedia. Caratteristica l’iride rossa. La femmina è bruna tendente al grigio su dorso e fianchi. Ha caratteristiche aree più chiare nella regione dell’occhio e alla base del becco, ben visibili soprattutto in inverno. Becco nerastro. Entrambi hanno zampe grigie, palmate. Si invola a fatica con una lunga rincorsa sull’acqua, vola con rapido battito alare. Emerso tiene la coda bassa, sul pelo dell’acqua.




Nidifica in zone umide sia interne che costiere, in acqua tanto dolce quando salmastra. Utilizza spesso bacini artificiali, purché bordati da vegetazione emergente. Le coppie si formano già in inverno, e il nido non è mai lontano dall’acqua. I maschi spesso si esibiscono in un corteggiamento comune, esibendosi tutti assieme attorno a una femmina. Nuota bene, basso sull’acqua, e si tuffa spesso. La dieta è basata su alimenti sia vegetali che animali (invertebrati) che vengono raccolti mediante immersioni che possono raggiungere i 4 m di profondità.





Ha areale riproduttivo continuo nell’Europa centrale e fino a circa 60° di latitudine nord. In maniera assai discontinua lo si trova anche nelle regioni meridionali e mediterranee. D’inverno abbandona le zone più settentrionali per spostarsi nelle aree centro meridionali. In Lombardia nidifica raramente su fiumi e laghetti morenici. Le popolazioni europee ammontano a 230.000 – 330.000 coppie nidificanti. La specie è in incremento e non è minacciata. In Lombardia, a fronte dei rari casi di nidificazione, svernano diverse migliaia di individui che in alcune aree formano gruppi, misti ad altre specie, di anche qualche centinaio di animali.



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lunedì 7 novembre 2011

I POPOLI DEI GHIACCHI DEL GRANDE NORD (11)


Due termini propri della cultura Inuit, kayak (dall’inuit qajaq) e igloo (dall’inuit iglu), hanno acquisito una popolarità universale. Il kayak, l’imbarcazione costituita da un leggero telaio in legno ricoperto di pelli di foca rasate, è uno dei più raffinati esempi dell’antica cultura Inuit; i migliori kayak sono costruiti dagli Inuit della Groenlandia, veri maestri della navigazione artica che, con l’ausilio di arpioni con teste a punta di osso, affrontano e cacciano grosse prede, compresi i cetacei, in una miracolosa combinazione di destrezza, mobilità e coraggio.




L’igloo classico, costituito da blocchi di neve squadrati con un apposito coltello, rappresenta un vero esempio di abilità architettonica, che combina resistenza agli agenti atmosferici, isolamento termico e velocità di costruzione; uno specialista impiega meno di un’ora per erigere l’intera struttura e poco più di mezz’ora per riempire gli eventuali interstizi con neve pressata. All’interno la temperatura, può superare di 30-40° C quella esterna.




L’ingresso, formato da un tunnel di blocchi di neve orientato nella stessa direzione in cui spira il vento, offre un ottimo riparo ai cani. Gli igloo hanno diversa dimensione a seconda del loro impiego; i più piccoli sono utilizzati come estemporaneo ricovero durante le battute di caccia, quelli più capienti possono invece ospitare intere famiglie per lunghi periodi.




La cultura dell’igloo non è diffusa in tutta la fascia artica: è meno presente in Groenlandia e in Alaska, dove le costruzioni estemporanee sono costruite da tende erette con pali e pelli di animali. La costruzione fissa, seminterrata, ha il tetto realizzato con pelli stese su costole di balena, rami di betulla o legni trasportare dalle correnti oceaniche; zolle di torba posso rafforzare le pareti e proteggere ulteriormente la costruzione dai forti venti invernali: essa, a differenza dell’igloo, consente ai suoi ospiti di stare in piedi all’interno.



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