"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 30 luglio 2012

IL PORCIGLIONE, SLALOM TRA LE CANNE



Appartiene all’ordine Gruiformes, famiglia Rallidae, uccelli dal volo goffo che prediligono rifugiarsi a terra tra la vegetazione bassa. Il suo nome scientifico è Rallus aquaticus, dovuto alla stretta frequentazione di ambienti umidi. Più piccolo di un Piccione domestico, con lunghezza del corpo intorno ai 28 cm. Bruno screziato nelle parti superiori, ha petto grigio cenere con riflessi bluastri e addome tipicamente striato di bianco e nero. La coda è corta e mantenuta sollevata, a mostrare il sottocoda biancastro. Il becco e le zampe sono lunghi e rossi. Le dita particolarmente sviluppate in lunghezza permettono il movimento su terreni molli e inondati.




Specie elusiva, si nasconde nei canneti dove risulta di difficile osservazione ma si rileva facilmente per il verso caratteristico – una sorta di grugnito – che emette con frequenza, soprattutto all’alba e al tramonto, i suoi momenti di maggiore attività. Nei canneti vasti e indisturbati può riprodursi anche con densità molto elevate. Costruisce il nido al suolo e talvolta sulla vegetazione acquatica. In inverno si muove maggiormente, esce più spesso dal folto canneto e risulta di più facile osservabilità. Ha dieta onnivora, soprattutto legata ai piccoli animali di palude. Il nome comune del Porciglione deriva dal suo verso, simile a quello emesso da un maiale quando viene catturato o disturbato.




Nidifica in tutta Europa, fino alla porzione più meridionale della Scandinavia. Le popolazioni nord orientali sono migratrici, mentre le restanti sono stanziali. In Lombardia è localizzato nelle zone umide lungo i grandi fiumi e nelle aree paludose di maggiore estensione. L’ambiente preferito è quello del canneto con sviluppato strato erbaceo o cariceti frammisti a cespugli e alberi isolati.





Le popolazioni europee sono stimate in circa 200.000 coppie, di cui circa 5.000 in Italia. Legato strettamente ad ambienti dovunque in forte contrazione – le zone umide – il Porciglione è stato inserito nella Lista rossa degli uccelli nidificanti italiani, sebbene tra le specie a rischio più basso.



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lunedì 23 luglio 2012

I POPOLI DEI GHIACCI DEL GRANDE NORD (18)



Il quarto attributo tipico dell’Inuit era l’estrema pazienza, che lo caratterizzava in ogni relazione sociale o situazione, dote che gli permetteva di apparire sereno e impassibile anche nelle condizioni più critiche; questa sua capacità di dominare le più intime emozioni gli consentiva di comportarsi sempre in maniera corretta e determinata.





L’Inuit non è mai stato solito dare comandi diretti a compagni e a terzi; ancora oggi, anziché impartire un secco ordine: “Chiudi la porta!”, preferisce dire: “Qualcuno non sente che entra troppa aria fredda dalla porta?” e invece di “Imbarchiamoci!” utilizza la perifrasi “Non sarebbe conveniente iniziare a pagaiare ora?”.




Un celebre etnologo ha scritto che se è destino che la civiltà occidentale debba far scomparire la cultura Inuit dalla faccia della terra, che almeno ” l’uomo bianco” cerchi di imparare da loro, prima di distruggerli, un poco di quell’infinita amabilità che trasmettono in ogni rapporto con gli altri.




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lunedì 16 luglio 2012

LAGO DI LECCO: MALGRATE



Affacciata sulla parte finale del Lario, posta di fronte a Lecco, sorge Malgrate. Chiamata in epoca romana Antesitum (situata di fronte) quando tale borgo era un piccolo insediamento di pescatori e di barcaioli che vivevano anche dei piccoli proventi derivanti dal trasporto di persone e merci tra le due sponde del lago.




Il nome di Malgrate nasce in epoca medioevale quando i lecchesi alleati ai milanesi attaccarono e distrussero il Forte di San Grato posto sulla collina di Parè di Valmadrera , avamposto dei comaschi sul Lario. La battaglia di Malgrate si concluse con un massacro e i lecchesi non rispettarono i diritti dei prigionieri che si erano arresi, uccidendoli tutti. Da allora il nome di San-Grato fu modificato in Mal-Grato e dette un nuovo nome alla città Malgrate appunto e Valle Magrera poi Valmadrera, l’avvallamento sotto il monte Moregallo.




Malgrate, comune di poco meno di 5.000 abitanti, risultava essere un luogo fresco d’estate e riparato dai venti freddi d’inverno, ambito come residenza dalle famiglie ricche della zona. La parte affacciata sul lago presenta la convivenza di edifici modesti, le vecchie abitazioni dei pescatori con le ville patrizie come ad esempio Palazzo Agudio (ora sede del municipio). L’edificio insieme a Palazzo Consonni spicca nel suo interno per le opere pittoriche e statuarie di ispirazione mitologica; Palazzo Reina posto sull’angolo del porticciolo e dotato di un giardino a lago posto a scavalco della strada per Bellagio.




Palazzo Recalcati è un edificio storico posto tra i due ponti Vecchio e Nuovo (Ponte Azzone Visconti – Ponte Kennedy) anticamente abitato dalla famiglia Recalcati che riscuoteva le gabelle per l’attraversamento del ponte Vecchio, era proprietaria anche dell’edificio dall’altra parte del lago (detto ora Villa Valassi) e del quartiere che si snodava attorno al Lazzaretto. Palazzo Recalcati è ora proprietà della curia che lo ha trasformato nell’oratorio di San Carlo dotato anche di alcune camere per studenti stranieri del Politecnico di Milano.




Malgrate mantiene anche una tradizione turistica e ricettiva tanto vero è che numerosi sono i locali, ristoranti, alberghi situati tutti di fronte al lago. Tale tradizione ha convinto gli amministratori a cercare di allargare la spiaggia a lago per permettere una maggiore accoglienza di visitatori soprattutto nei fine settimana estivi. I lavori di questo allargamento sono in corso anche in questi giorni.






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Testo del Luis (Inuit del Lario)
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lunedì 9 luglio 2012

L'INSIDIA DEL VENTO



La terra e l’acqua, riscaldati dal sole, trasmettono a loro volta calore all’aria, che così diventa più leggera, sale in quota e viene rimpiazzata dall’aria più fredda, dando origine a un moto convettivo ascensionale: il vento. Differenze di temperatura tra diverse aree geografiche (a seconda delle latitudini, delle stagioni e della natura del suolo) e conseguenti diversità di pressione, danno origine, nello stesso modo, a grandi spostamenti orizzontali di masse d’aria. Questo avviene dal punto di maggiore pressione (zona anticiclonica) a quello di minor pressione (zona ciclonica), e il movimento, cioè il fenomeno del vento, continuerà fino a che l’equilibrio non sarà ristabilito.




Il vento è l’elemento principale che condiziona lo stato dei mari e dei nostri grandi laghi. Possiamo distinguere due categorie di venti: quelli locali o costieri, detti brezze, dovuti in genere alle differenze di temperatura fra il mare e la terra, e quelli sinottici, che sono legati alla situazione meteorologica su scala geografica e che percorrono lunghe distanze. Non sottovalutiamo il regime di brezza. Tali fenomeni locali possono raggiungere forza 5 della scala Beaufort. Le ore di maggiore intensità sono quelle intorno a mezzogiorno e al primo pomeriggio. Di giorno si hanno brezze di mare, perciò il vento è diretto verso terra. Di notte, invece, poiché la terra si raffredda molto più velocemente del mare e le condizioni si invertono, si hanno brezze di terra (sempre molto deboli) e il vento spira verso il mare. La presenza di rilievi lungo la costa può accelerare i venti, aumentandone localmente l’intensità. Canaloni o valli prospicienti il mare possono avere lo stesso effetto.




Il vento è l’unico vero problema meteorologico per il kayaker marino. Non c’è pioggia, grandine o nebbia che possa creare altrettanto disagio. E’ il vento che rallenta, che fa perdere l’equilibrio, che ci fa cambiare direzione e cattura la pagaia. Con vento forte, il kayak e quasi impossibile da girare. Il vento da prua ci fa andare molto lenti e ci fa consumare energia, quello di poppa ci fa cambiare la rotta in continuazione. Le onde che si abbattono continuamente sui ponti iniziano a farsi strada attraverso il paraspruzzi. Il corpo perde calore per effetto del vento e gli spruzzi accecano e colpiscono il viso. Le forze pian piano diminuiscono e la progressione in avanti è difficoltosa. Siamo quindi pronti ad effettuare appoggi (alti e bassi) per mantenere l’equilibrio, a dare spesso “la pancia” per mantenere la corretta direzione, ad effettuare un eskimo se un’onda ci fa ribaltare.



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lunedì 2 luglio 2012

IL VOLTOLINO, IL FANTASMA DEL CANNETO



Appartiene all’ordine Gruiformes, famiglia Rallidae, uccelli dal volo goffo che prediligono rifugiarsi a terra tra la vegetazione bassa. Il suo nome scientifico è Porzana porzana. Simile al più comune Porciglione, ma di taglia inferiore, con lunghezza del corpo intorno ai 23 cm., e ancora più elusivo. Il becco è giallo e corto con una macchia rossa alla base superiore. Ha corpo diffusamente screziato, bruno sul dorso e grigiastro nelle parti inferiori e sui fianchi, dove le striature sono meno evidenti nel Porciglione. Anch’esso ha coda corta, mantenuta sollevata a mostrare il sottocoda bianco-camoscio.




Si nasconde mimetizzandosi perfettamente tra carici e fitta vegetazione erbacea, in aree palustri e prati inondati, con livello dell’acqua mai superiore ai 30 cm., dove tra particolarmente abbondanti gli invertebrati di cui si nutre. Può capitare di udire il suo verso, un fischio acuto ripetuto ritmicamente a oltranza, anche a pochi passi, ma di non scorgerne né la sagoma né il movimento della vegetazione in cui si trova. Costruisce il nido al suolo vicino all’acqua o addirittura sopra aree allagate. Il nome comune del Voltolino sembra derivare dal nome dato a questa specie nel pisano, forse perché quando nuota nell’acqua in cerca di insetti gira rapidamente su se stesso beccando a destra e sinistra per impadronirsi della preda.




La specie è diffusa soprattutto nell’Europa balcanica e nord orientale, mentre la distribuzione diventa frammentaria nella parte più meridionale. In Lombardia è localizzato come nidificante in alcune zone umide, è presente – anche se poco rilevabile – in periodo migratorio e assente nella stagione fredda, allorché scende più a sud per lo svernamento. Le aree di più frequente nidificazione in Lombardia risultano il Lago di Pusiano, il Pian di Spagna, le Torbiere d’Iseo e i laghi di Mantova.




Le popolazioni europee sono state stimate in circa 55.000 coppie, di cui non più di 200 in Italia. Sicuramente, vista la sua natura elusiva, la specie è sottostimata e in più aree sfugge all’osservazione di ricercatori. Il Voltolino è stato inserito nella Lista rossa degli uccelli nidificanti italiani tra le specie considerate in pericolo.



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