"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 28 gennaio 2010

IL VESTIARIO DEL PAGAIATORE MARINO



Andare in kayak da mare è uno sport quasi asciutto, se si è sufficientemente esperti. I novizi, qualunque siano le condizioni di tempo, si bagnano spesso e volentieri. Eppure anche agli esperti consigliamo di abbigliarsi adeguatamente. Il vero pericolo che incombe sul kayaker marino è rappresentato dall’uscita bagnata dal kayak e quindi dall’immersione prolungata in acqua senza adeguata protezione. Lo shock da freddo può uccidere o rendere totalmente incapaci di rientrare nell’imbarcazione. L’unica valida protezione di cui il kayaker marino può avvalersi è perciò la stessa utlizzata da coloro che praticano altri sport a contatto con l’acqua: vestirsi con una muta umida di spessore adeguato o con un una muta stagna.


Durante la stagione invernale sarà bene indossare, per proteggere le gambe e il bacino, un muta umida a salopette in neoprene di 3 mm di spessore. Per il tronco è consigliabile una maglia termica a maniche lunghe. Qualsiasi cosa si scelga per la parte superiore, la si dovrà mantenere asciutta con una giacca d’acqua magari a doppio tubo, meglio se dotata di cappuccio, per proteggerci da vento o pioggia, e di polsini (questi ultimi in neoprene). Sconsigliamo di utilizzare giacche da muta perché causano parecchio fastidio alle ascelle. I piedi vanno protetti con calzari alti in neoprene dotati di suola e cerniera laterale. Guanti o manopole in neoprene per le mani, berretto di lana o cuffia in neoprene in testa.


Durante le stagioni intermedie, saranno preferibili mute umide corte sulle gambe con spessore da 1,5 mm; maglietta termica corta e magari una giacca d’acqua leggera. In piena estate saranno sufficienti un costume da bagno, una maglietta tecnica a maniche corte e calzari bassi in neoprene, cappellino con visiera. Sarà comunque buona norma portare con sé nel gavone una giacca d’acqua. Il paraspruzzi (in neoprene o in nylon) va indossato sempre, in qualsiasi stagione.


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lunedì 25 gennaio 2010

LIBRI - INCANTI DI TERRE E DI ACQUE LOMBARDE




Lario, Brianza: la molteplicità degli aspetti ambientali, il variare delle emozioni suscitate dall'avvicendarsi delle stagioni, la complessità delle testimonianze impresse nel paesaggio lungo i secoli dall'opera dell'uomo rendono difficile condensare in un volume in modo appropriato la ricchezza di questa plaga. Ci riescono due grandi artisti, Fulvio Roiter, con la magia di un obiettivo che sa vedere al di là dell'occhio, e Luigi Santucci, con il limpido linguaggio di una descrizione poetica che trasfonde un amore viscerale per questi siti e per questa gente. Un volume d'arte di rara singolarità espressiva.
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TITOLO: Incanti di terre e di acque lombarde
AUTORI: Santucci Luigi, Roiter Fulvio
EDITORE: Cattaneo
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1996
200 pagine, eur 42,00
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giovedì 21 gennaio 2010

CALENDARIO USCITE/EVENTI INUIT DEL LARIO

LO SMERGO MAGGIORE, L’ANATRA TUFFATRICE



Appartiene all’ordine Anseriformes, famiglia Anatidae, gruppo di uccelli acquatici che comprende anatre, oche e cigni. Il suo nome scientifico è Mergus merganser. Anatra di grandi dimensioni (lunghezza 58-72 cm.). Il maschio ha la testa nera con sfumatura verde, dorso nero al centro e bianco ai lati, petto e fianchi con sfumatura crema o rosata, coda grigia. La femmina ha la testa bruno scura con gola bianca e con una cresta piuttosto evidente sulla nuca. Corpo grigio variamente sfumato, petto e ventre bianchi. Becco e zampe rosso scuro. In volo la parte inferiore dell’ala è dello colore del ventre. Superiormente spicca il contrasto tra remiganti secondarie bianche (nel maschi anche le copritrici) e parte esterna dell’ala, nera. Si invola con una rincorsa sull’acqua. Volo diretto, a collo teso.



Nidifica principalmente in ampi bacini di acqua dolce o salmastra, ricchi di pesce; talora nei pressi del mare. Pone il nido nelle cavità degli alberi, più di rado a terra o nelle fenditure delle rocce. Si nutre di pesce che cattura, di solito, a pochi metri di profondità.



La parte principale della popolazione è distribuita in Russia, Scandinavia, settentrione delle Isole Britanniche. Nidifica anche in Islanda e, con popolazioni separate, in Europa centrale fino a nord delle Alpi. Sverna principalmente in mare, ma anche nelle acque interne dell’Europa centrale. In Lombardia sverna sui laghi prealpini, soprattutto sul Verbano, e su alcuni fiumi principali. Notizie storiche confermano la sua presenza lungo il Po nei periodi di migrazione. In Lombardia svernano poche decine di soggetti, talora in gruppi di una decina al massimo. Lo Smergo maggiore è particolarmente adattato alla pesca. Infatti, il becco lungo e affusolato ha l’apice a uncino ed è munito, sul bordo, di una fine seghettatura che facilita la cattura dei pesci.

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lunedì 18 gennaio 2010

CACCIATORI DI ANIME di MASSIMO MAGGIARI (prima parte)



“Tuo padre sta passando oltre…” disse l’uomo della medicina abbassando il tono della voce. “Non gli è rimasto molto da vivere…” E’ vellutata quella sua frase, piena di affettuosa compassione. E non mi sorprende. Questo signore così riservato adorava mio padre. Lo ammirava per essere ritornato ben due volte dalle terre degli antenati. In extremis. Quel suo cuore non aveva ceduto, e non voleva cedere ancora… Ma la notizia apostrofata non era novità per noi. Da tempo la bufera infuriava dentro e fuori da quel rifugio di vita. Era inutile guardarsi indietro. Avevamo provato tutto, o quasi, e la situazione richiedeva mille attenzioni. Continue. Girando lo sguardo verso il letto, lo vedo raggomitolato nel lenzuolo, senza un gemito. O una parola. Tranquillo. Con le palpebre sempre più sottili e defilate dal mondo. E’ fragile persino guardare il corpo di questa creatura. Mi distraggo altrove. L’ospite mi fissa con occhio intenso, e riprende a parlare a bassa voce “Se l’acqua raggiunge i polmoni... è finita… il suo cuore arresterà la corsa…” Rispondo come distanziato: “quando morirà?” Ricevo un silenzio. Segue il semplice gesto della mano che invoca il cielo. Lo riguardo ancora, è disteso adesso, ma lo immagino pieno di vigore, sano e forte, nella foga di una pesca lontana. Insieme. A mani tese prendevamo il pesce lungo una serata d’estate. Si lanciavano ami e lenze a un meriggio che non porgeva mai la fine. Ho amato alla follia quei frangenti di sabbie lucenti sulla battigia. I suoi ritorni prosperi, con le sacche piene. Con i tramonti, in cui arrampicavamo su per il sentiero seguendo le tracce invisibili degli avi. Dal mare, dai pesci, dalle coste, dalle luci notturne le loro storie correvano sui nostri volti. C’era l’argento vivo nella crescenza del tempo. Ma in questo mio oggi, dov’era situata la nostra alba?




Non me l’aspettavo che sarebbe apparso così. In piedi sulla spiaggia, con una pipa fumante, di fronte a due qayaq. Era Nuntak, la guida ai fiordi e alle isole. Scrutava con lo sguardo ogni mio passo. Fino a quando me lo trovai di fronte: “Salute a te, Marius… Salute a te, Nuntak” alla breve pausa mi ri-squadrò da capo a piedi, infine solo per continuare… “Sono qui perché hai bisogno di me” rispondo sorpreso… “Non lo sapevo!”… “L’uomo della medicina mi ha detto che tuo padre sta indebolendo… e che tu hai chiesto più volte quando arriverà il suo ultimo giorno… è vero questo?” “Sì, è vero!” Fu allora che l’esquimese allungò la mano verso il mare e aggiunse… “Devi prendere il qayaq e andare al fiordo più lontano, quello di Tarniq, sì proprio quello, e lassù forse troverai la risposta…” Scaturì spontaneo un “Perché?” Sennonché dalle dune di sassi uscirono alcuni cacciatori del villaggio a dare man forte a Nuntak. “Perché loro tutti lo vogliono, l’angakkoq (lo sciamano) lo vuole, e io lo voglio, tuo padre è un uomo particolare… lui ha già incontrato gli antenati… ed è ritornato due volte… dobbiamo sapere quando spunterà l’ultima alba… quel giorno va rivelato… per il tuo e per il nostro cammino…! Forza, ho qui le tue cose si parte subito. Ti accompagnerò fino all’entrata del fiordo. Non guardare indietro, e non pensare alla tua gente. Guarda Taqqiq (la luna) che è sorto. E’ quasi pieno. Di buon auspicio. Non c’è nulla da temere. E’ lui a mostrarci la via. C’è solo Lui nella densa notte, e qui Noi siamo i suoi figli. Non ci resta che seguirlo. Docili come il canto di una primavera.”




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giovedì 14 gennaio 2010

L’AMBIENTE LARIANO E LA FAUNA OMEOTERMA (seconda parte)



Durante il periodo invernale il Lario ospita consistenti gruppi di gabbiani e la specie più ampiamente diffusa è il Gabbiano comune (Larus ridibundus). La specie è caratterizzata dal possedere una livrea, simile nei due sessi, soggetta a mute stagionali: in primavera è facilmente riconoscibile per il tipico cappuccio bruno cioccolato mentre il restante piumaggio è essenzialmente bianco, con le parti superiori grigio pallido; terminata la stagione riproduttiva il cappuccio scompare e sul capo, tornato bianco, fa spicco una macchia scura posta dietro l’occhio. I giovani non possiedono il tipico cappuccio bruno degli adulti e presentano il capo, il dorso e le ali di un marrone acceso che conferisce all’insieme del piumaggio un aspetto maculato. In Lombardia la specie è ampiamente diffusa come svernante mentre nel periodo riproduttivo le nidificazioni sono limitate ad alcune zone site lungo il Po. I gabbiani svernanti provengono principalmente dall’Europa centro-orientale. I primi arrivi si verificano già nel mese di agosto, le partenze tra febbraio e aprile.



Il Lario è tra gli specchi d’acqua lombardi maggiormente sfruttati dal Gabbiano comune quale zona di riposo notturno. In alcune aree, lungo il ramo lecchese, è infatti possibile osservare consistenti gruppi posati al centro del bacino lacustre, al riparo da eventuali predatori terrestri e in condizioni termiche favorevoli rispetto alle aree circostanti. All’alba merita notevole attenzione il continuo e spettacolare passaggio in volo di numerosi stormi di gabbiani che a gruppi di decine di migliaia di individui si spostano dai “dormitori” notturni alle zone di alimentazione della pianura lombarda; dal tardo pomeriggio sino al tramonto si assiste al rientro dei gabbiani dalle zone di alimentazione verso i dormitori.


Questo peculiare movimento “pendolare” non è invece noto per i gabbiani che svernano a Como, in quanto non vi sono vie d’acqua che sboccano da questo ramo del lago: fiumi e canali, nel nostro caso il fiume Adda (che sbocca a Lecco) e i corsi d’acqua a esso collegati, risultano infatti essere le principali direttrici di volo per tali pendolarismi. Durante gli spostamenti i gabbiani compiono decine di chilometri di distanza muovendosi in presenza di qualsiasi condizione atmosferica, sfruttando i venti e le correnti ascensionali. Le zone di alimentazione così anelate sono i campi arati della pianura e soprattutto le discariche di rifiuti solidi urbani nel milanese. Non tutti i gabbiani del lago assumono però il tipico comportamento pendolare: in ogni momento della giornata sono infatti visibili gruppi di questi uccelli posati sui moli o sulle barche, oppure intenti a tuffarsi in acqua per recuperare avanzi di cibo gettati dall’uomo o per catturare un pesce.


Le foto dei gabbiani sono del caro amico Riccardo Agretti.
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lunedì 11 gennaio 2010

LA BUSSOLA DEL KAYAK DA MARE



La bussola è sempre utile, anche quando non si devono affrontare lunghe traversate verso destinazioni oltre l’orizzonte. Naturalmente deve essere posizionata sul ponte, bene in vista. Alcuni preferiscono montarla su di un supporto mobile e fissarla a proravia del pozzetto, sotto gli elastici del ponte (come la SUUNTO ORCA, www.suunto.com). Nel caso occorra eseguire un salvataggio, la si può asportare e lasciare appesa al kayak, dopo averla legata con una sagola agli elastici. Altri preferiscono comprare il kayak con la bussola già incassata sul ponte in un’apposita chiesuola, subito a poppavia del tappo del gavone anteriore, tra quest’ultimo e gli elastici. Sono disponibili anche dei tappi VCP con la chiesuola incorporata, studiati per guadagnare spazio sul ponte e consentire di rimuovere la bussola quando si lascia il kayak incustodito. I GPS di ultima generazione hanno anche la bussola ma in navigazione conviene comunque sempre utilizzare la bussola tradizionale che non bisogno di batterie, che potrebbero scaricarsi proprio mentre dobbiamo decidere quale è la direzione da seguire.


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giovedì 7 gennaio 2010

LIBRI - ISOLE SELVAGGE. KAYAK, TREKKING E ARRAMPICATA.



Una guida alle vacanze in kayak da mare in alcune isole del Mediterraneo, ricca di fotografie e cartine e completata da percorsi per gli appassionati di trekking, climbing e bouldering. Alternando ricordi di viaggio econsiderazioni personali a istruzioni tecniche e indicazioni utili, l'autore fornisce una guida dettagliata utile a coloro che cercano una vacanza originale e avventurosa al di fuori dei circuiti turistici classici. Viaggiare immersi nella natura di paesaggi incontaminati tra arrampicate e nuotate nel blu del Mediterraneo, paesini abbarbicati sulle scogliere, scorci suggestivi e indimenticabili, romantici falò sulla spiaggia. L'autore Igor Napoli, esperto alpinista, free-climber e maestro di sci, e anche un amante del mare esplorato in kayak, ha circumnavigato le maggiori isole del Mediterraneo, esperienza da cui ha tratto questa guida.
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Titolo: ISOLE SELVAGGE. KAYAK, TREKKING E ARRAMPICATA. In Corsica, Elba, Formentera, Minorca, Itaca, Cres, Brac-Hvar-Korcula.
Autore: Igor Napoli
Editrice: Magenes Editoriale
Pagine: 320 a colori
Prezzo: euro 22,00
2009
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lunedì 4 gennaio 2010

LA CANNAIOLA VERDOGNOLA, LA GRANDE IMITATRICE

Appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Sylviidae, uccelli di piccole dimensioni ma grandi cantori dal becco sottile e dalla silhouette delicata. Il suo nome scientifico è Acrocephalus palustris. E’ un piccolo passeriforme, della lunghezza di circa 13 cm e del peso di 10-15 g., con le parti superiori bruno olivastre e quelle inferiori marroncino-grigiastre con la gola bianca. Le zampe sono rosa pallido e questo particolare è l’unico che, se visibile, la differenzia dalla congenere Cannaiola che invece ha zampe bruno-grigiastre. L’unico carattere diagnostico per riconoscere la specie in natura è il canto che spicca rispetto a quello degli altri acrocefali per la vivacità e la ricchezza delle note.

Meno legata delle specie simili alle zone umide, in genere nidifica ai bordi di cariceti e canneti, nelle aree più interrate; predilige le zone riparali con salici, un fitto sottobosco e erbe alte. Migratrice a lunga distanza, arriva nelle nostre regioni tra maggio e giugno, quando la vegetazione ha raggiunto uno sviluppo adatto per costruirvi il nido. Questo viene saldato a piante erbacee o a rami di arbusti e ospita in genere quattro o cinque uova bluastre o verdastre picchiettate di bruno. La sua dieta è insettivora, ma in autunno viene arricchita con bacche di arbusti.


In Italia è migratrice, estiva e nidificante, con una presenza localizzata nella Pianura Padana e in alcuni fondovalle dell’arco alpino. Il Lombardia è presente con continuità nella bassa pianura, mentre diventa discontinua e rarefatta procedendo verso i rilievi montuosi, con un limite altimetrico sui 600 metri. Il maschio di Cannaiola verdognola è un incredibile cantore, in grado di inserire nelle sue esibizioni le imitazioni di diverse decine di specie canore.



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