
"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)
lunedì 31 marzo 2008
LA FAMIGLIA INUIT E I BAMBINI

venerdì 28 marzo 2008
IL TERRITORIO LARIANO: UN AMBIENTE D’ACQUA DOLCE

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Come avviene per tutta la zona alpina e prealpina della Lombardia, l’intero reticolo idrico del territorio Lariano è rappresentato da una serie di corsi d’acqua tributari del Po, scorrenti dalle Alpi alla pianura con l’interposizione di un grande profondo lago di origine glaciale, il Lario. Questo è alimentato da due fiumi di origine alpina, l’Adda e il Mera, e da numerosi corsi d’acqua minori di tipo torrentizio (da citare il Pioverna che scende dalla Valsassina). I laghi minori, detti “briantei” (lago di Annone, lago di Pusiano, lago del Segrino, lago di Alserio, lago di Montorfano), sono prevalentemente collocati tra il ramo occidentale e il ramo orientale del Lario, alla base del Triangolo Lariano. Il lago di Mezzola era parte integrante del Lario dal quale si è differenziato nel corso dei secoli. I laghi di Garlate (dove ha sede la nostra associazione: il CK90) e di Olginate si sono formati in seguito ad allargamenti del letto del fiume Adda. Il lago di Piano invece, pur essendo a brevissima distanza dal Ceresio, possiede una originaria autonomia idrografica. Infine i laghi alpini sono rappresentati principalmente da due piccoli bacini, il lago di Sasso e il lago di Darengo, localizzati rispettivamente in Val Biandino, tributaria della Valsassina, e in valle di Livo.
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martedì 25 marzo 2008
USCITA DI PASQUETTA NEL PARCO ADDA NORD

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TERMINOLOGIA DEL KAYAK DA MARE (A-C)

ACCOSTO: attacco, approdo.
ALLINEAMENTO: disposizione in linea retta di due o più punti di riferimento.
AMMAINARE: l’atto di far scendere pennoni, vele, bandiere o altri oggetti dall’imbarcazione filando una cima.
ANDATURA: termine mutuato dalla vela, indica il procedere dell’imbarcazione con una certa indicazione rispetto alla direzione del vento.
ANGOLO DI PRORA: è quello compreso tra una direzione fissa di riferimento e la direzione della prua dell’imbarcazione. Viene misurato in gradi e in senso orario.
ANGOLO DI SCARROCCIO: anche detto di deriva, è quello formato dal piano longitudinale dell’imbarcazione rispetto alla direzione di avanzamento.
APPOGGIO: manovra che consiste nel puntellarsi sull’acqua con la pagaia alla scopo di impedire al kayak di rovesciarsi.
AUTOSALVATAGGIO: insieme di operazioni che consente al kayakista di rientrare nell’imbarcazione senza l’aiuto di altre persone in caso di rovesciamento.
BEAUFORT (SCALA DI): classificazione dei venti e della loro forza relativa.
BIPOSTO: kayak munito di due posti, detto anche doppio.
BOCCA DI LUPO: nodo d’avvolgimento, utilizzato generalmente per appendere un cavo a un anello o a un corrimano.
BOCCAPORTO: apertura quadrangolare o circolare situata dal ponte di accesso di persone o cose nei locali sottostanti.
BORDO: ciascun fianco dello scafo, nonché l’imbarcazione nel suo complesso in espressioni quali “salire a bordo”.
CAMPING NAUTICO: particolare attività diportistica che consiste nel compiere crociere lungo costa servendosi di piccole imbarcazioni e attrezzando il campo a terra per la notte.
CARTA NAUTICA: rappresentazione grafica piana, simbolica, ridotta e approssimata di una parte della superficie e del fondo marino e lacuale e delle coste relative, in cui sono segnate le profondità, le correnti, gli ancoraggi, i fari, i venti, eccetera. Serve per l’esercizio della navigazione ed è compilata e aggiornata dall’Istituto Idrografico della Marina.
CARTEGGIO: consultazione ed uso della carta nautica, che consiste nel segnare punti, tracciare rilevamenti, rotte e direzione su di essa.
CHIESUOLA: custodia di alloggiamento e la protezione della bussola magnetica.
CHIGLIA: elemento longitudinale dell’ossatura dello scafo. Va da prua a poppa ed è il principale elemento strutturale dell’imbarcazione, di cui costituisce la spina dorsale.
CIMA: nome generico di un cavo nautico.
CONTROCORRENTE: in direzione contraria a quella di una corrente.
CONTROMARE: in direzione contraria a quella del moto ondoso.
CONTROVENTO: in posizione o direzione contraria a quella del verso in cui spira il vento.
COPERTA (PONTE DI): palco che chiude superiormente lo scafo.
CORDINO: termine improprio, che indica un corto spezzone di cima.
CORRENTE: movimento costante e regolare di una massa d’acqua in una certa direzione, dovuto a differenze di temperatura tra una zona e l’altra del mare, al diverso grado di salinità e all’azione del vento.
CURL (THE): manovra che si effettua quando occorre alleggerire il kayak di parte dell’acqua imbarcata. E’ anche detto ricciolo.
giovedì 20 marzo 2008
PAGAIARE CON IL PITERAQ A FAVORE

Un giorno uscii in kayak diretto verso Umigtuarssuit. Ero in mare da molto tempo senza aver visto nemmeno una foca quando cominciò a soffiare il Piteraq, come sempre con molta forza. Siccome aumentava di intensità, approdai su un’isoletta non lontano da Umigtuarssuit. Poi tirai fuori la mia pelliccia da kayak, la preparai e aspettai che il vento crescesse ancora di più. E infatti spirava sempre più forte, e di lì a poco non riuscivo più a scorgere la parte inferiore della costa a causa del turbinio dell’acqua: si vedeva solo la parte superiore. Aspettai ancora un po’ che il vento aumentasse ancora, ma ormai si era stabilizzato e quando pensai di poter affrontare la burrasca, indossai la pelliccia da kayak e la strinsi ben bene là dove andata legata. Poi mi capovolsi un paio di volte con il kayak vicino a riva per bagnare ancora di più la pelliccia e renderla più morbida; quando mi parve abbastanza elastica, partii. Puntai verso un isola situata all’incirca a metà strada tra Akorninaq e Tiniteqilaq. Non riuscivo a vederla a causa del turbinio dell’acqua, ma cercai di indovinare la direzione. Il fiordo era piuttosto stress, e non ci voleva molto tempo per raggiungere l’altra costa, nemmeno con due foche a rimorchio; ma ora sembrava lontanissima anche se avevo il vento alle spalle: scivolavo giù per i cavalloni crestati di schiuma. Quando arrivavo in cima, gli spruzzi mi sferzavano la nuca con schianti fortissimi, quasi simili a spari. Poi, quando scivolavo in basso, ero al riparo come se attorno il mare fosse calmo. Era davvero divertente ora che riuscivo a destreggiarmi! Siccome ancora non vedevo l’isoletta, non ci contai più: per orientarmi avevo solo gli alti crinali delle montagne. D’un tratto mi resi conto di essere quasi arrivato a casa e rientrai. Avrei voluto che quel viaggio, in cui spesso non avevo nemmeno bisogno di usare la pagaia, fosse durato di più: la forte pressione del vento mi faceva mantenere una velocità sostenuta, e utilizzavo la pagaia come timone.
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Tratto dal libro IL MIO PASSATO ESCHIMESE di Georg Qupersiman.
martedì 18 marzo 2008
LO SVASSO MAGGIORE, IL DANZATORE DEL LAGO


Passa gran parte del tempo in acqua, nuotando con il dorso piatto ed il collo piegato all’indietro. Nidifica nei canneti o tra i giunchi costruendo una piatta forma ancorata alla vegetazione e galleggiante sulle acque stagnanti. Si nutre di piccoli pesci, insetti acquatici, molluschi, girini e rane. Usciti dal nido, i piccoli passano molto tempo trasportati sul dorso dei genitori.
Lo Svasso Maggiore ha un rituale di corteggiamento molto appariscente, durante il quale il maschio e la femmine, molto simili esteriormente, “danzano” muovendosi in sincronia correndo insieme sull’acqua o scuotendo alternativamente collo e testa.
Lo Svasso Maggiore ha un rituale di corteggiamento molto appariscente, durante il quale il maschio e la femmine, molto simili esteriormente, “danzano” muovendosi in sincronia correndo insieme sull’acqua o scuotendo alternativamente collo e testa.

domenica 16 marzo 2008
AVVISTATO STRANO "UCCELLO"
Un detto Olandese per descrivere una persona particolare.
Questo fine pomeriggio abbiamo potuto assistere ad uno spettacolo particolare. Le foto parlano da sè.
Abbiamo chiesto cosa stava facendo: si trattava di una "performance" intitolata Robinson Crusoe. In poche parole costruire la propria canoa come avrebbe fatto Robinson Crusoe.
Personalmente non penso che indossasse neoprene e aveva a disposizione una pagaia (mono) in plastica!
venerdì 14 marzo 2008
LA VITA SOCIALE DEGLI INUIT

Prima del contatto con l’uomo Bianco (Quallunnaat), gli Inuit erano un popolo nomade che viveva di caccia e pesca, raggruppato in piccoli nuclei autogovernati. La loro società era ampiamente ugualitaria, senza gerarchie o autorità, basata sulla libertà individuale e sull’interesse comune. Le decisioni si prendevano in gruppo con il consenso generale e le questioni di maggiore rilevanza erano discusse dagli anziani: ogni opinione era ascoltata con attenzione ma nessuna era vincolante. La cooperazione era essenziale per la sopravvivenza. La caccia agli animali artici richiedeva un gran numero di uomini e le provviste di ognuno erano a disposizione di chiunque ne avesse bisogno. Gli Inuit non conoscevano lo spirito di competizione, che in queste condizioni climatiche estreme sarebbe stato inopportuno e dannoso, avrebbe causato tensioni e provocato la separazione del gruppo diminuendo le possibilità di sopravvivenza.
mercoledì 12 marzo 2008
LUOGHI LARIANI
Per chi magari entra nel nostro blog e non è mai stato sul lago di Como, ecco un post (e qualche foto significativa) che ne descrive brevemente le bellezze paesaggistiche che si possono vedere e apprezzare navigando in kayak (ma non solo).
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martedì 11 marzo 2008
LA POSTURA IN KAYAK (PADDLING POSTURE)

La postura è la corretta posizione del corpo in ogni fase del movimento.
In kayak i piedi vanno tenuti divaricati, con i talloni in appoggio sul fondo dello scafo rivolti verso l’interno, e gli avampiedi, appoggiati sul puntapiedi, verso l’esterno.
Le gambe sono leggermente flesse e le ginocchia divaricate, alloggiate, insieme alla parte bassa delle cosce, sotto il premicosce.
Il bacino è in appoggio sul sedile in anteroversione: inarcando la schiena, la parte alta del bacino ruota in avanti, quella bassa indietro. Questa posizione è di fondamentale importanza per mantenere una corretta postura del tronco; può sembrare scomoda, ma è quella che più di ogni altra mantiene le curve fisiologiche della colonna vertebrale prevenendo sintomatologie dolorose.
La schiena è dritta e inclinata leggermente in avanti, le spalle sono decontratte. L’errore più frequente dei principianti (ma non solo) è quello di sollevare le spalle incassando il collo: ciò comporta contratture della zona cervicale e delle spalle, creando dolori muscolari e limitando i movimenti del busto.
La posizione della testa è rilassata: allungare il collo in modo innaturale contrae la zona cervicale, mentre tenere bassa la testa crea problemi di respirazione e di visibilità.
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lunedì 10 marzo 2008
IL SEBINO E LE SUE MILLE SFUMATURE... DI GRIGIO

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L’ARGENTO (VIVO) DEL LARIO

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Un pesce dalla forma allungata (mediamente misura 25 cm e pesa 50 grammi), di colore verdazzurro sul dorso e argenteo sui lati, la cui pelle squamosa è caratterizzata da una serie di macchioline scure. Un pesce piuttosto anonimo, ma che sotto forma di missoltino (l’agone essiccato) è diventato una vera celebrità. La metamorfosi di missoltino ha delle fasi e delle regole ben precise. Un volta pescato, il pesce viene sviscerato (i pesci d’acqua dolce vanno sempre puliti appena pescati per non correre il rischio che prendano cattivi odori: la loro carne è come una spugna), salato e messo a essiccare al sole su apposite strutture in legno. Prima di essere pronti per la stagionatura, gli agoni devo prendere almeno 48 ore di sole, poi vengono disposti a croce con qualche foglia di alloro, in appositi contenitori, e così inizia la stagionatura vera e propria. Stagionatura che dura cinque mesi.
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La pesca degli agoni (rigorosamente vietata da metà maggio a metà giugno, periodo di maggiore riproduzione) si concentra prevalentemente nella seconda quindicina di giugno e agli inizi di luglio: se si considera il tempo di essiccazione e di stagionatura diventerà (come per tradizione) un ottimo piatto natalizio. Per consumarli (sempre secondo tradizione) basta passarli alla griglia, giusto il tempo di riscaldarli, e servirli con una spruzzatina di aceto, un filo d’olio e un po’ di polenta che ne ammorbidisce il sapore (sono molto salati).
venerdì 7 marzo 2008
TIMONE O DERIVA… OPPURE NULLA?

“Ragazzi non posso incominciare questo commento senza farvi di nuovo i complimenti per il blog!
Torniamo a noi, personalmente sono sempre stato scettico riguardo all'utilizzo di derive, timoni ecc... ho sempre pensato che un buon kayak dovesse essere governabile solamente tramite l'inclinazione dello scafo (le pance) e l'utilizzo della pagaia. Recentemente però ho cambiato radicalmente la mia posizione. Per molti anni ho avuto kayak privi di deriva o timone, alcuni erano decisamente poggieri (la prua veniva scadeva nel vento, situazione abbastanza pericolosa...) altri orzieri (la prua chiudeva l'angolo al vento, meno pericoloso ma comunque faticoso) e devo comunque riconoscere che salvo alcuni modelli particolarmente sfortunati non ho mai sentito la reale necessità di avere un timone o una deriva a bordo. La tendenza attuale d'oltre manica è quella di dotare tutti i kayak di deriva basculante a cavo. L'altro modello classico è quello a baionetta, che però presenta diverse controindicazioni, si intasa più facilmente con detriti e altro, è più difficile da regolare di fino e toglie non poco spazio al gavone di poppa, dovendolo di fatto attraversare. Parlavamo di deriva basculante a cavo, bene questo è il meccanismo che si è recentemente imposto, è composto da una "pinnetta" che fuoriesce come una mezza lama di forbice dalla parte poppiera del kayak; notate bene non è posizionata alla poppa estrema ma bensì in posizione + avanzata. Questo consente alla deriva di rimanere sempre immersa e di agire come un fulcro attorno al quale il kayak orza o poggia, a seconda dell'immersione della deriva stessa. Io non vorrei addentrarmi nella discussione tecnica più di quanto abbia già fatto... personalmente consiglio nel modo più assoluto di acquistare un kayak dotato di deriva A CAVO. E' facilmente regolabile e vi permette veramente di gestire lo scarroccio e la direzionalità nel vento in modo completamente nuovo, sacrificando ben poco (a mio avviso meno che con il timone) dal punto di vista dell'efficienza propulsiva. Vi cito un ultimo nome: "Kari-tek" (http://www.kari-tek.co.uk/SkegSystems.html) sono lo stato dell'arte di questo tipo di dispositivi, sono state una piccola rivoluzione in UK in quanto le prime a essere vendute direttamente in un "astuccio" da inserire nella scassa del kayak, questo facilita enormemente la sostituzione in caso di guasto. Saluti a tutti. Maurizio.”
giovedì 6 marzo 2008
PAGAIANDO TRA I BANCHI DI GHIACCIO

Tratto dal libro IL MIO PASSATO ESCHIMESE di Georg Qupersiman.
martedì 4 marzo 2008
lunedì 3 marzo 2008
CHE COS’E IL KDM?

Ovvero che cos’è il Kayak da Mare? Lo scopo di questo post è spiegare brevemente la nostra disciplina sportiva, la nostra passione e il nostro modo di navigare.
Ed è rivolto a chi entra per la prima volta nel nostro blog, a chi vuole magari fare un corso di kayak presso il CK90, a chi è confuso su cosa è una canoa o su cosa è invece un kayak…
Questa breve ma significativa spiegazione è la presentazione del libro IL KAYAK DA MARE – NAVIGARE COME GLI ESCHIMESI.
“Si chiama kayak la tradizionale imbarcazione in pelle usata dagli esquimesi per pescare e cacciare nelle gelide acque dell’Artico. Secoli di utilizzo in situazioni d’impiego estreme, quasi al limite del possibile, hanno portato allo sviluppo di uno scafo assolutamente affidabile e manovriero, stabile e veloce, in grado di navigare in ogni condizione di tempo.
Il kayak si distingue da ogni altro tipo di canoa per la caratteristica forma affusolata, la prua e la poppa leggermente incurvate verso l’alto, il piccolo pozzetto munito di paraspruzzi – largo quanto basta per farvi passare il busto di un uomo – e la doppia pagaia con cui manovrare agevolmente tra i flutti. Con questa leggera ma robusta imbarcazione, che il kayakista quasi ‘calza’ diventando tutt’uno con essa, si possono affrontare lunghe e avventurose traversate, con la barca affardellata di tutto ciò che occorre per navigare e sopravvivere…
Il kayak da mare moderno, diretto discendente dalle imbarcazioni usate dagli esquimesi e dalle popolazioni indigene dell’estremo Nord americano, è nato nel 1865 ad opera dell’inglese John McGregor, costruttore della famosa canoa Rob Roy. I primi modelli erano per lo più realizzati in tela cerata su tutori di legno, e solo approssimativamente somigliavano, sia nella forma che nelle prestazioni, ai loro progenitori polari.
Fu con l’avvento della vetroresina, nei primi anni ’60 del secolo scorso, che i costruttori di kayak ebbero finalmente la possibilità di realizzare scafi dalle linee morbide e gradevoli, meno bizzarri e assai più funzionali dei modelli precedenti, ovvero più simili all’archetipo esquimese. Grazie alla vetroresina, fu possibile industrializzare la produzione di scafi sportivi e da diporto, favorendone la diffusione di massa e procedendo contemporaneamente allo sviluppo di una tipologia di kayak appositamente concepita per la discesa fluviale.
Il rapido progresso tecnologico avvenuto negli ultimi anni ha impresso una forte accelerazione all’evoluzione del kayak da mare, portando a una diversificazione delle tipologie e dei materiali, e soprattutto allo sviluppo di configurazioni e soluzioni tecniche in grado di offrire prestazioni eccezionali. Alcuni modelli di kayak da mare sono stati collaudati in importanti spedizioni e traversate, sottoposti a condizioni di mare durissime, e dunque offrono garanzie di affidabilità e funzionalità decisamente ‘professionali’. Ma sul mercato è possibile trovare di tutto: dagli scafi in polietilene, economici e robusti, a quelli corredabili di vela ausiliaria; dai classi kayak biposto, ideali per il camping nautico, a quelli ‘sagomati’ per il noleggio balneare.
Il kayak da fiume, evolutosi successivamente in tre tipologie specializzate – discesa, slalom e waterpolo – si distingue del suo ‘progenitore’ marino per lo scafo più corto, l’assenza di chiglia e una manovrabilità piuttosto accentuata, cui si associa una minor capacità di tenere la rotta. Questo tipo di imbarcazione ha conosciuto un enorme successo in Italia, ben più di quanto sia accaduto per il kayak da mare, che invece è popolarissimo in altri Paesi come Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Francia. La maggior parte degli italiani è convinta che il kayak moderno sia essenzialmente un’imbarcazione fluviale, con cui si compiono discese mozzafiato tra le rapide impetuose dei fiumi montani. Solo un’esigua minoranza sa che di questa imbarcazione esiste anche (soprattutto!) una versione marina, e pochi, pochissimi tra questi ‘illuminati’ sanno che andar per mare con kayak non significa semplicemente pagaiare su e giù per la costa, bensì mettere in pratica una disciplina complessa, articolata, di elevatissimo profilo tecnico.
Il kayak da mare è una barca divertente, con cui si possono compiere straordinarie acrobazie fra le onde, ma che trova il suo impiego ideale nell’escursionismo e nel camping nautico, un tipo di turismo piuttosto spartano, di sapore avventuroso e decisamente avvincente. Ovvio che navigare con un’imbarcazione così ridotta, provvista di strumentazione minima, poco visibile e relativamente lenta impone, ai fini della sicurezza, una buona conoscenza dell’ambiente marino e costiero in cui s’intende compiere le proprie escursioni. Non improvvisate, dunque: documentatevi e leggete quanti più libri potete sull’argomento. E soprattutto iscrivetevi a un buon corso teorico-pratico di kayak da mare. Detto questo, buona navigazione a tutti!”
Ed è rivolto a chi entra per la prima volta nel nostro blog, a chi vuole magari fare un corso di kayak presso il CK90, a chi è confuso su cosa è una canoa o su cosa è invece un kayak…
Questa breve ma significativa spiegazione è la presentazione del libro IL KAYAK DA MARE – NAVIGARE COME GLI ESCHIMESI.
“Si chiama kayak la tradizionale imbarcazione in pelle usata dagli esquimesi per pescare e cacciare nelle gelide acque dell’Artico. Secoli di utilizzo in situazioni d’impiego estreme, quasi al limite del possibile, hanno portato allo sviluppo di uno scafo assolutamente affidabile e manovriero, stabile e veloce, in grado di navigare in ogni condizione di tempo.
Il kayak si distingue da ogni altro tipo di canoa per la caratteristica forma affusolata, la prua e la poppa leggermente incurvate verso l’alto, il piccolo pozzetto munito di paraspruzzi – largo quanto basta per farvi passare il busto di un uomo – e la doppia pagaia con cui manovrare agevolmente tra i flutti. Con questa leggera ma robusta imbarcazione, che il kayakista quasi ‘calza’ diventando tutt’uno con essa, si possono affrontare lunghe e avventurose traversate, con la barca affardellata di tutto ciò che occorre per navigare e sopravvivere…
Il kayak da mare moderno, diretto discendente dalle imbarcazioni usate dagli esquimesi e dalle popolazioni indigene dell’estremo Nord americano, è nato nel 1865 ad opera dell’inglese John McGregor, costruttore della famosa canoa Rob Roy. I primi modelli erano per lo più realizzati in tela cerata su tutori di legno, e solo approssimativamente somigliavano, sia nella forma che nelle prestazioni, ai loro progenitori polari.
Fu con l’avvento della vetroresina, nei primi anni ’60 del secolo scorso, che i costruttori di kayak ebbero finalmente la possibilità di realizzare scafi dalle linee morbide e gradevoli, meno bizzarri e assai più funzionali dei modelli precedenti, ovvero più simili all’archetipo esquimese. Grazie alla vetroresina, fu possibile industrializzare la produzione di scafi sportivi e da diporto, favorendone la diffusione di massa e procedendo contemporaneamente allo sviluppo di una tipologia di kayak appositamente concepita per la discesa fluviale.
Il rapido progresso tecnologico avvenuto negli ultimi anni ha impresso una forte accelerazione all’evoluzione del kayak da mare, portando a una diversificazione delle tipologie e dei materiali, e soprattutto allo sviluppo di configurazioni e soluzioni tecniche in grado di offrire prestazioni eccezionali. Alcuni modelli di kayak da mare sono stati collaudati in importanti spedizioni e traversate, sottoposti a condizioni di mare durissime, e dunque offrono garanzie di affidabilità e funzionalità decisamente ‘professionali’. Ma sul mercato è possibile trovare di tutto: dagli scafi in polietilene, economici e robusti, a quelli corredabili di vela ausiliaria; dai classi kayak biposto, ideali per il camping nautico, a quelli ‘sagomati’ per il noleggio balneare.
Il kayak da fiume, evolutosi successivamente in tre tipologie specializzate – discesa, slalom e waterpolo – si distingue del suo ‘progenitore’ marino per lo scafo più corto, l’assenza di chiglia e una manovrabilità piuttosto accentuata, cui si associa una minor capacità di tenere la rotta. Questo tipo di imbarcazione ha conosciuto un enorme successo in Italia, ben più di quanto sia accaduto per il kayak da mare, che invece è popolarissimo in altri Paesi come Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna e Francia. La maggior parte degli italiani è convinta che il kayak moderno sia essenzialmente un’imbarcazione fluviale, con cui si compiono discese mozzafiato tra le rapide impetuose dei fiumi montani. Solo un’esigua minoranza sa che di questa imbarcazione esiste anche (soprattutto!) una versione marina, e pochi, pochissimi tra questi ‘illuminati’ sanno che andar per mare con kayak non significa semplicemente pagaiare su e giù per la costa, bensì mettere in pratica una disciplina complessa, articolata, di elevatissimo profilo tecnico.
Il kayak da mare è una barca divertente, con cui si possono compiere straordinarie acrobazie fra le onde, ma che trova il suo impiego ideale nell’escursionismo e nel camping nautico, un tipo di turismo piuttosto spartano, di sapore avventuroso e decisamente avvincente. Ovvio che navigare con un’imbarcazione così ridotta, provvista di strumentazione minima, poco visibile e relativamente lenta impone, ai fini della sicurezza, una buona conoscenza dell’ambiente marino e costiero in cui s’intende compiere le proprie escursioni. Non improvvisate, dunque: documentatevi e leggete quanti più libri potete sull’argomento. E soprattutto iscrivetevi a un buon corso teorico-pratico di kayak da mare. Detto questo, buona navigazione a tutti!”
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