"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

giovedì 4 febbraio 2010

CACCIATORI DI ANIME di MASSIMO MAGGIARI (seconda parte)


Abbiamo navigato lungo la costa per giorni e giorni. Direzione Est-Nord-Est. Non so esattamente dove stiamo andando. E non ho mai sentito parlare di quel fiordo. Ma Nuntak sembra conoscere la rotta e mi incoraggia spesso: “Dai Marius, stai andando bene... siamo quasi a Tarniq… lassù trovereremo quello che cerchiamo” Lo ascolto con somma pazienza. Anche se a volte sembro quasi piangere, da come mi ritrovo tutto bagnato di spruzzi. Irrompono e scendono per la prua del qayaq. Mai si fermano. E io non mi arrendo, proseguo. Meglio avere fiducia di questo vecchio arponiere e dei suoi modi antichi. Tutti lo rispettano. Lo consultano. Lui trova sempre la via. Ma quando arriveremo al fiordo… che cosa ci aspetterà? Chi… cosa… incontreremo per le acque di Tarniq? Taglio l’onda con il profilo rugoso della pagaia. Continuo a scivolare dritto, graffiando di blu la superficie del mare. E via via, procedo nel solco inciso da Nuntak. Per ore e ore, fin oltre un susseguirsi di capi e promontori.


Alla sera mettiamo campo in un’insenatura chiusa da enormi macigni. E’ deserta. I licheni la colorano tutta di verdastro e giallo come su un prato in fiore. Anche i sassi affiorano di luce. Sceso dal qayaq, l’esquimese prende il tamburo mantellato e saluta con un canto il tramontare del sole… Aya-yii-Aya-yii-yaa... Poi acquietato mi parla: “Marius, ho appena pregato per tuo padre… all’inizio della vita è bene cantare alle albe… ma nel suo ultimo tratto conviene benedire i tramonti … Tuo padre sa chi è… ha vissuto… ha visto il mondo… Lui è un fiordo con cento fiumi… e mille storie… questa terra, questo mare, scorrono in Lui come una linfa vitale… per sempre… Marius, saprai navigare in questo suo braccio di mare?” “Nuntak… io sarò Marius come sempre… con la mia vita di tutti i giorni…” L’inuit con fare severo avvicina il suo volto al mio: “Ragazzo… noi non siamo uno, guarda le mie mani… conta le mie dita! Siamo tre quattro sette nove in un appiglio… Siamo tanti, perché giù dentro nel fondo del cuore portiamo le anime dei nostri antenati… Ricordalo!… Ricordalo sempre!… Tuo padre li ha chiamati due volte… e loro verranno numerosi… in troppi… il villaggio non può avere mille nomi… e mille destini… Tu hai già percorso diverse vite… hai bisogno solo di un nome, solo di un nuovo nome che chiami Vita, la giusta vita che ti spetta ora e adesso… con tutte le sue relazioni… per mare, per terra e per cielo… da sempre.” E dopo un breve silenzio… “Marius, noi andiamo a Tarniq, perché lassù tu troverai quel nome. Sì, che lo troverai. E te lo diranno quelli che come loro...” indicando i gabbiani in volo... “vivono nel vento: i cacciatori di anime…”
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