"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 16 novembre 2009

LA PAGAIA DA MARE

In linea di principio, il metodo usato per scegliere una pagaia da fiume vale anche per la pagaia da mare: il kayaker, tenendo l’attrezzo al proprio fianco verticalmente, dovrebbe riuscire a raggiungere la sommità con le dita della mano piegate ad angolo retto. Per l’utilizzo in mare, in verità, la pagaia deve essere più lunga di circa una spanna, cioè di devono aggiungere circa 30 cm alla lunghezza misurata col metodo descritto.

Quando le pale sono disposte a 90° l’una rispetto all’altra, la pagaia si dice a pale incrociate. Questo tipo di attrezzo, a seconda della mano attiva del kayaker, può essere “destro” o “sinistro”. Quando le pale giacciono sullo stesso piano, invece la pagaia si dice dritta. Il primo tipo di pagaia richiede una rotazione alternata delle pale durante la voga per poterle immergere correttamente in acqua.



Le pagaie più diffuse tra i kayakers moderni sono quelle a pale incrociate, mentre le tradizionali pagaie groenlandesi sono dritte, cioè hanno le pale disposte sullo stesso piano. Quale tipo scegliere? Noi non abbiamo dubbi: se gli antichi abitatori dei grandi ghiacci avessero voluto dotarsi di pagaie a pale incrociate, lo avrebbero fatto senza problemi. Sono tanti i vantaggi offerti dalle pagaie groenlandesi (minor affaticamento nei lunghi percorsi, ridotto effetto vela in presenza di forte vento da prua, maggior facilità nell’esecuzione degli appoggi istintivi, possibilità di effettuare diverse manovre a pala lunga, etc…) che viene spontaneo chiedersi perché non siano le più diffuse tra i kayakers moderni. Una bella domanda. Forse è solo questione di abitudine.


Una buona pagaia da mare deve possedere alcuni requisiti fondamentali. Innanzitutto deve essere robusta, per ovvi motivi, poi deve essere leggera, per consentire al kayaker di pagaiare per molte ore di seguito. Non troppo, però, dato che deve mantenere una certa inerzia durante la pagaiata in avanti. Il manico deve essere abbastanza rigido, e in tal senso è ideale la fibra di carbonio; l’alluminio è sconsigliato, ottimo anche il legno. Il kayaker deve poter impugnare la pagaia comodamente, e a tal scopo il manico deve essere di sezione leggermente ovale in corrispondenza dei punti di presa, il che aiuta anche a individuare la posizione delle pale rispetto all’impugnatura.



Le pale possono avere superfici piatte, curve o a cucchiaio, con profilo squadrato, curvilineo o asimmetrico. Inutile sottolineare che la configurazione delle pale è un fattore di estrema importanza. Per minimizzare le turbolenze, esse devono immergersi dolcemente in acqua, senza provocare spruzzi. Ogni spruzzo che si produce significa energia che si perde. Le pale più efficienti sono quelle a cucchiaio. Tale conformazione garantisce una maggiore propulsione, ma è troppo marcata e tende a provocare molti spruzzi. Per quanto riguarda il profilo, quello curvilineo – e ancor più quello asimmetrico – consente alla pala di immergersi piuttosto dolcemente.





Con vento al traverso, una pagaia provvista di pale lunghe e sottili è meno soggetta alle raffiche. Questo perché viene immersa con un angolo più acuto, perciò resta con la pala inattiva più bassa sulla superficie dell’acqua. Con vento in poppa, la pagaie groenlandesi beneficiano dell’effetto vela dovuto alla maggior esposizione della pala inattiva, il che favorisce la progressione. Col vento al traverso, invece, questo tipo di pagaia offre una minima resistenza all’aria, a tutto vantaggio della stabilità. Così non è col vento contrario, per quanto sia modesta la resistenza. Occorre aggiungere che l’uso della pagaia groenlandese, eliminando l’esigenza di ruotare il polso della mano attiva, riduce al minimo il rischio di insorgenza di tenosinoviti all’avambraccio.



.

Nessun commento:

Posta un commento