Una volta la Cheppia (Alosa fallax nilotica), specie marina che ancora oggi risale il corso del Po’ per la deposizione delle uova, si spingeva con ogni probabilità fino ai grandi laghi subalpini. Evidentemente, nelle calme e profonde acque lacustri la Cheppia non si trovava poi tanto male, tanto che qualche esemplare decise di non intraprendere il lungo viaggio di ritorno al mare e si stabilì definitivamente nei laghi.
Questa è, secondo gli esperti, l’origine dell’Agone (Alosa fallax lacustris), senza dubbio la specie più caratteristica del Lario. La pesca e la cucina di questa specie hanno infatti assunto, all’interno delle tradizioni lariane, un ruolo di primo piano, assolutamente non riscontrabile lungo le rive del Lago Maggiore o del Garda.
Ma l’Agone del Lario ha anche una curiosa peculiarità biologica: è più piccolo rispetto ai suoi confratelli abitanti gli altri laghi subalpini. Tale fenomeno era già noto nel 1924, quando fu segnalato da R.Monti, ed è visibile ancora oggi: a due anni di età, l’Agone lariano presenta una lunghezza media di 19 cm, contro i 22-23 cm dei laghi di Garda, Iseo e Maggiore.
Per spiegare questa differenza sono state formulate due ipotesi. La prima, introdotta dal Fatio, spiega il minore accrescimento dell’Agone del Lario con la sua origine più antica. Essendosi separato molto presto dalle grosse cheppie migratrici, ha potuto sviluppare maggiormente il carattere delle “piccole dimensioni” ritenuto adattativo all’ambiente lacustre. Il Garbini conferma questa ipotesi, sostenendo che l’Agone del Lago Maggiore abbia un’origine più recente e che quello del Garda sia stato l’ultimo a separarsi perché “non solo coesiste con le cheppie che immigrano dal Mincio, ma si avvicina morfologicamente più alla forma marina che non alle derivate lacustri del Lario e del Cusio”. Lo stesso R.Monti (1924) afferma che: “è certo che le alose del Verbano (Maggiore) e del Benaco (Garda), anche se diventate sedentarie, hanno potuto incrociarsi con le alose anadrome provenienti dal mare ancora in epoca recente. Da ciò talune differenze tra le alose di più antico e di più recente adattamento”.
La seconda ipotesi attribuisce invece il minore accrescimento dell’Agone lariano alla selezione operata dalle reti, storicamente di maglia più piccola sul Lario rispetto a quelle in uso negli altri laghi. Le reti avrebbero quindi operato una selezione precoce sugli individui a rapido accrescimento e favorito la riproduzione dei soggetti ad accrescimento più limitato, portando nel corso dei decenni ad una variazione genetica della popolazione.
Questa è, secondo gli esperti, l’origine dell’Agone (Alosa fallax lacustris), senza dubbio la specie più caratteristica del Lario. La pesca e la cucina di questa specie hanno infatti assunto, all’interno delle tradizioni lariane, un ruolo di primo piano, assolutamente non riscontrabile lungo le rive del Lago Maggiore o del Garda.
Ma l’Agone del Lario ha anche una curiosa peculiarità biologica: è più piccolo rispetto ai suoi confratelli abitanti gli altri laghi subalpini. Tale fenomeno era già noto nel 1924, quando fu segnalato da R.Monti, ed è visibile ancora oggi: a due anni di età, l’Agone lariano presenta una lunghezza media di 19 cm, contro i 22-23 cm dei laghi di Garda, Iseo e Maggiore.
Per spiegare questa differenza sono state formulate due ipotesi. La prima, introdotta dal Fatio, spiega il minore accrescimento dell’Agone del Lario con la sua origine più antica. Essendosi separato molto presto dalle grosse cheppie migratrici, ha potuto sviluppare maggiormente il carattere delle “piccole dimensioni” ritenuto adattativo all’ambiente lacustre. Il Garbini conferma questa ipotesi, sostenendo che l’Agone del Lago Maggiore abbia un’origine più recente e che quello del Garda sia stato l’ultimo a separarsi perché “non solo coesiste con le cheppie che immigrano dal Mincio, ma si avvicina morfologicamente più alla forma marina che non alle derivate lacustri del Lario e del Cusio”. Lo stesso R.Monti (1924) afferma che: “è certo che le alose del Verbano (Maggiore) e del Benaco (Garda), anche se diventate sedentarie, hanno potuto incrociarsi con le alose anadrome provenienti dal mare ancora in epoca recente. Da ciò talune differenze tra le alose di più antico e di più recente adattamento”.
La seconda ipotesi attribuisce invece il minore accrescimento dell’Agone lariano alla selezione operata dalle reti, storicamente di maglia più piccola sul Lario rispetto a quelle in uso negli altri laghi. Le reti avrebbero quindi operato una selezione precoce sugli individui a rapido accrescimento e favorito la riproduzione dei soggetti ad accrescimento più limitato, portando nel corso dei decenni ad una variazione genetica della popolazione.
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