"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare,
e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire..."
(Tiromancino)

lunedì 9 giugno 2008

L’AMBIENTE LACUSTRE: LA TEMPERATURA

Una splendida giornata di sole a inizio primavera sul lago di GarlateAll’interno delle caratteristiche fisiche spicca, per importanza nella vita di un lago, la temperatura. Esiste anche un sistema di classificazione dei laghi che si basa sulle caratteristiche termiche. Essa individua, alle nostre latitudini, i laghi “temperati” e quelli “subtropicali”. Nei primi la temperatura della massa d’acqua è, almeno in qualche strato, inferiore a 4°C in inverno e superiore a 4°C in estate; nei secondi la temperatura dell’acqua è sempre superiore a 4°C. Perché la classificazione utilizza proprio i 4°C come temperatura di riferimento per differenziare le diverse tipologie di laghi? Il motivo è abbastanza semplice: l’acqua raggiunge la massima densità a 4°C e tende a diventare più leggera man mano che, raffreddandosi o riscaldandosi, si allontana da questo valore di temperatura. In un lago, quindi, le masse d’acqua che tendono a portarsi sul fondo sono quelle più vicine alla temperatura di 4°C. Per comprendere pienamente l’importanza di questa peculiarità dell’elemento acqua ripercorriamo la classica evoluzione termica annuale di uno qualsiasi dei laghi lariani. Verso la fine dell’inverno o l’inizio della primavera il nostro lago presenta una temperatura uniforme, supponiamo di 6°C, su tutta la colonna d’acqua. Quando però il sole della primavera inizia a scaldare, ci accorgiamo che nel lago l’aumento della temperatura non si distribuisce equamente alle varie profondità. Gli strati superficiali, infatti, sottoposti all’azione diretta dei raggi solari, si scaldano molto velocemente e, scaldandosi, diventano più leggeri. Tendono così a “galleggiare” sopra la massa d’acqua sottostante, nei confronti della quale agiscono come una isolante termico, impedendo un sensibile aumento della temperatura. Il sole continua a scaldare sempre la stessa porzione di lago e, con l’avanzare della bella stagione, si accentua sempre di più la differenza di temperatura tra le acque superficiali, che diventano sempre più calde e leggere, e quelle profonde, che mostrano variazioni assai più ridotte rispetto ai valori invernali. E’ come se questo processo portasse alla formazione di due laghi distinti, uno sopra l’altro, con valori di densità e temperatura talmente diversi che le rispettive acque non possono in alcun modo mescolarsi tra loro. Lo strato superiore, caldo e di spessore variabile, è detto “epilimnio”, mentre lo strato profondo e freddo prende il nome di “ipolimnio”. Interposto tra essi c’è uno strato di piccolo spessore dove si manifesta una brusca variazione di temperatura, detta “metalimnio” o “termoclinio”. Il crearsi di queste condizioni termiche fa sì che tutti gli organismi che richiedono temperature piuttosto basse siano costretti a sfuggire le calde acque superificiali e a trovare rifugio in profondità. Nei nostri laghi maggiori alcuni pesci, come le trote e i coregoni, mostrano questo tipo di comportamento e durante i mesi estivi possono essere rivenuti in superficie solo in prossimità dello sbocco degli affluenti più significativi, dove si creano aree ben delimitate di acque fredde e ossigenate.
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Un'insolita nebbia autunnale sul lago di GarlateIn autunno, gli strati superficiali cominciano a perdere più calore durante la notte di quanto non riescano a immagazzinare durante il giorno. Gradatamente i valori di temperatura dell’epilimnio e dello strato profondo si avvicinano e il rimescolamento ad opera del vento diviene più facile, finché tutta la colonna d’acqua raggiunge la temperatura di 6°C propria degli strati profondi. A partire da questo momento il raffreddamento si distribuisce equamente alle varie profondità: infatti man mano che l’acqua superficiale libera calore e diminuisce un po’ la propria temperatura, essa aumenta anche in densità e scende verso il fondo, causando la risalita dell’acqua sottostante, più calda, che a sua volta si espone al raffreddamento superficiale. Se l’azione di raffreddamento superficiale è sufficiente per portare tutta la massa d’acqua del lago alla temperatura di 4°C, si può presentare allora una nuova situazione di squilibrio termico tra i diversi strati del lago. Quando infatti le acque superficiali si raffreddano al di sotto dei 4°C, queste diventano più leggere e tendono ancora una volta a galleggiare e a funzionare da isolante termico nei confronti degli strati sottostanti, leggermente più caldi e più pesanti. Anche in caso di formazione di ghiaccio in superficie le acque profonde sono così protette dal pericolo di congelamento e possono garantire la sopravvivenza di numerose forma di vita animale e vegetale. I grandi laghi subalpini, compresi dunque il Lario e il Ceresio, in virtù della grande massa d’acqua contenuta nell’ipolimnio, che i nostri inverni, in questa fase climatica, non sono in grado di raffreddare interamente fino a 4°C, appartengono alla categoria dei laghi “subtropicali. I laghi minori dell’area lariana (quelli Briantei), invece, avendo una massa d’acqua sensibilmente inferiore, durante l’inverno raggiungono sempre la temperatura di 4°C e non infrequentemente presentano la formazione di ghiaccio in superficie. Sono quindi classificati come laghi “temperati”.
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Lago di Annone ghiacciato Foto 1 e 2 di Eppiluk - Foto 3 di Riccardo Agretti

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